Tirare a campare

09 Giu 2011

Siamo al tramonto del demiurgo. E ogni tentativo per rianimarlo scade nel patetico. Non sono servite neppure le invenzioni coreografiche di Giuliano Ferrara, con la “Festa per il caro Silvio” in una cinema romano. Il logoramento ha i suoi tempi, ma il dopo Berlusconi sembra cominciato

Diceva Giulio Andreotti, il più longevo dei politici italiani: “Il viale del tramonto è lungo. Che Dio me lo conservi”. Tradotta in termini più sbrigativi, questa filosofia ha dato vita, successivamente, alla celebre massima: “Meglio tirare a campare piuttosto che tirare le cuoia”. C’è tutta una letteratura sulla Prima Repubblica che gira intorno a questi concetti. Berlusconi dovrebbe esserne il più lontano. Ma, al contrario, ne sta offrendo la versione aggiornata: una ripetizione in forme aggressive anzichè soft. Nelle pubbliche esternazioni, è sempre acceso e fuori misura. Un mattatore da baraccone. Ma in Parlamento è doroteo. La sua sontuosa maggioranza si è sfarinata. E’ rimasto alla guida di un “governicchio” che si attacca a tutto pur di sopravvivere. La differenza è che, nei  vecchi tempi, le debolezze, alla fine, sfociavano in un riassetto, o anche in una crisi di governo, che assicurava un minimo di respiro, pur senza spostare sostanzialmente gli equilibri politici. Oggi neppure questo è possibile. Non c’è una via d’uscita secondaria, benché limitata e modesta. Il centrodestra ha come esclusivo riferimento il carisma economico e mediatico di un  uomo solo. E, ora che il carisma di Berlusconi è crollato, nulla tiene. Il Cavaliere ha grande esperienza di lifting. Ma il lifting politico non gli riesce più. Il suo genio teatrale si è spento.

Siamo al tramonto del demiurgo. E ogni tentativo per rianimarlo scade nel patetico. Non sono servite neppure le invenzioni coreografiche di Giuliano Ferrara, con la “Festa per il caro Silvio” in una cinema romano. Hanno provato a prendersi sul serio gli attempati nostalgici del “primo Berlusconi”, quello della “discesa in campo” del 94,  lanciando una parola d’ordine: “Cambiare per tornare alle origini”. Peccato che Berlusconi sia sempre lo stesso, espressione di un sistema piramidale che non si può cambiare, con un partito personale che non ammette il  dibattito democratico, privo di referenti autorevoli. L’ arma preferita del Cavaliere? I soliti annunci ad effetto. Tutto è finzione. Anche l’indicazione per le primarie è un paravento. Dovranno servire per scegliere i candidati a sindaco, presidenti di Provincia e di Regioni. Mai  per il candidato premier della coalizione di centrodestra. Così è stato fissato, e così ripetono senza alcun pudore i suoi pasdaran: “Non può esistere un Pdl senza Berlusconi”.

Doveva essere la cerimonia per il rilancio. Si è trasformata in un involontario rito funebre. Anche perché, in quelle stesse ore, il governo andava sotto per due volte di seguito, e questa volta, assoluta novità, al Senato dove dispone di una grande maggioranza. Insomma, il castello di carte frana in Parlamento, nasce anche una “quarta gamba”, con gli esponenti di Forza Sud che se ne vanno dai gruppi del Pdl, portandosi dietro dieci deputati e quattro senatori. Siamo alla balcanizzazione del partito di maggioranza. Mentre il governo non riesce a trovare la “quadra” sulle cose che contano. La riforma fiscale appare una missione impossibile, con Tremonti  che, forte dell’appoggio dell’Europa, è attestato sulla linea del rigore dei conti. Si inasprisce lo scontro tra Berlusconi e il superministro dell’Economia. Ma anche fra Tremonti e Bossi si intravede qualche crepa. Il capo della Lega ha bisogno dell’arma tributaria per presentarsi il 19 giugno sul pratone di Pontida a rincuorare gli umori depressi della sua base. L’idea di spostare qualche ministero da Roma a Milano si è rivelata pasticciata e maldestra. Ha logorato ulteriormente i rapporti tra gli alleati del centrodestra. E, nello stesso tempo, non soddisfa i padani. E’ uno straccio che non si può far passare per bandiera.

Il logoramento ha i suoi tempi, ma il dopo Berlusconi sembra cominciato. I referendum di domenica e lunedì potrebbero dare lo strappo decisivo. Fanno bene Bersani e Di Pietro a “spoliticizzarli” perché i temi sui quali saremo chiamati a votare non rientrano nelle categorie tradizionali di destra e sinistra e possono raccogliere maggioranze trasversali. Tuttavia, sono sotto gli occhi di tutti i trucchi escogitati dal mago di Arcore per cancellare il referendum sul nucleare e così far mancare il quorum a quello sul legittimo impedimento. L’impresa è fallita. Gli interessi giudiziari del Cavaliere non possono prevaricare sui diritti dei cittadini. A questo punto, è lecito confidare nella sovranità popolare. Nell’impegno del cittadino elettore per respingere l’arroganza del potere.

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