Il nucleare nel paese delle cricche

06 Giu 2011

Ora, non solo chi è contro il nucleare ha molte buone ragioni. Anche chi è a favore ne ha. Ma tutti dovranno convenire sul fatto che un sistema malato e inquinato come quello italiano non è in grado di affrontare una faccenda complicata come quella di costruire centrali nucleari con un grado affidabile di sicurezza

Sentita in tv: il nucleare non è più pericoloso di altre fonti di energia. Perfino l’idroelettrico ha mietuto vittime, basta pensare al Vajont, che ha fatto molti più morti di Chernobyl.

A sostenere questa tesi spericolata, nell’ultima puntata di Anno zero, è stato il portavoce dei giovani del Pdl, e si capisce che, data la verde età, non abbia ricordi di quella tragedia. Ciò che meraviglia è che nessuno dei più attempati presenti si sia preso il disturbo di spiegargli la verità. Che è la seguente.

Non fu l’idroelettrico a causare la catastrofe del Vajont, ma il fatto che la diga fosse stata costruita sulle pendici di un monte franoso, le cui condizioni erano note, a patto che si fosse voluto vederle. Invece nessuno dei responsabili volle vederle, perché il business era troppo grosso per buttarlo via dando retta agli esagitati uccelli del malaugurio.

Questa era l’Italia allora. E oggi? Oggi è anche peggio. Oggi si sono costruite case dello studente di marzapane in una città ad alto rischio sismico come L’Aquila. Si sono sopraelevate scuole senza curarsi se la struttura potesse reggere il sovraccarico. E vogliamo affidare al sistema che ha prodotto questi disastri la costruzione di centrali nucleari? Ma per carità!

In questi ultimi anni si sono allentati i controlli sulla realizzazione delle opere pubbliche e sulla affidabilità delle imprese appaltatrici per privilegiare la velocità di costruzione. Snellimento e sburocratizzazione: queste sono state le parole d’ordine. Che non sono sbagliate in sé, ma che di fatto hanno favorito soprattutto la proliferazione di cricche affaristiche impegnate a massimizzare i propri profitti senza che dall’altra parte, e cioè dal versante pubblico, ci fosse un’adeguata vigilanza sul fatto di spendere bene i soldi dei contribuenti. Al contrario, gli affaristi si sono spesso associati ai politici, in una commistione che vedeva i cittadini nelle vesti di polli da spennare.

Ora, non solo chi è contro il nucleare ha molte buone ragioni. Anche chi è a favore ne ha. Ma tutti dovranno convenire sul fatto che un sistema malato e inquinato come quello italiano non è in grado di affrontare una faccenda complicata come quella di costruire centrali nucleari con un grado affidabile di sicurezza.

Il giovane pidiellino ospite di Santoro può saper poco del Vajont, una storia vecchia e conclusa. Ma può star sicuro che se sul monte Toc, quello che franò, fosse stata piazzata una centrale nucleare, oggi ne saprebbe tutto. Perché un pezzo d’Italia sarebbe stato desertificato, e la cosa riguarderebbe lui, i suoi figli e i suoi nipoti fino all’ennesima generazione.

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