Grillini, parliamone

18 Mag 2011

“Non siamo un partito”, rivendicano per tirarsi fuori da ipotetiche trattative. Questo può affascinare un po’ di elettori una volta o due, ma alla lunga diventa un handicap.

Movimento 5 stelle Milano
Mattia Calise, del Movimento 5 stelle di Milano

Eh sì, per loro ci vuole un discorso a parte. Parliamo del movimento 5 stelle, dei “grillini” che sono usciti dalle urne con dimensioni simili a quelle del terzo polo e a Bologna hanno addirittura sfiorato il dieci per cento. Ora fanno festa, e si capisce, chi se lo aspettava senza aver voce sui giornali e con pochissimi spazi in tv? Però poi bisognerà pur decidere che cosa farne di tutti quei voti, perché presentarsi alle elezioni significa assumersi qualche responsabilità nei confronti di chi si è fidato di te.
E qui arriva il problema. Non si tratta di cercare apparentamenti ai ballottaggi, perché chi ha fondato il proprio successo sull’essere contro tutti, sul “i partiti sono tutti uguali, vecchi, morti” non può permettersi di botto una giravolta di questo tipo. Infatti il giovanissimo Mattia Calise, candidato sindaco a Milano, oggi ribadisce il concetto ma ammette che gli elettori 5 stelle potrebbero votare chi dimostri di essere sensibile ai loro temi programmatici. Questione peraltro già sollevata da Enrico Letta che, a scrutinio ancora in corso, aveva invitato il Pd a tener conto di argomenti sui quali si può trovare una sintonia non contrattata: i costi della politica, la trasparenza nelle decisioni e nelle procedure, la correttezza dei comportamenti.
Ma non basta. “Non siamo un partito”, rivendicano i grillini per tirarsi fuori da ipotetiche trattative. Questo può affascinare un po’ di elettori una volta o due, ma alla lunga diventa un handicap. Non si vota un movimento che poi rifiuta di spendere il capitale ottenuto, non si consegna volontariamente il proprio consenso all’inutilità. Dunque il movimento 5 stelle dovrà farsi in qualche modo “partito”, in forme diverse, con strutture decisionali peculiari, come vorrà, insomma. Ma qualcosa dovrà fare. Altrimenti sarà una delle tante meteore politiche che hanno attraversato il cielo d’Italia senza lasciare traccia. O, peggio, si incattivirà trasformandosi nel cattivo maestro di giovani già arrabbiati e senza futuro.
Non è un invito alla normalizzazione. È l’auspicio che questi giovani sappiano davvero inventare qualcosa di nuovo e di costruttivo. Ma alcune parole d’ordine vanno abbandonate. Perché non è vero che i partiti sono tutti uguali: non lo sono mai stati. E perfino nei partiti peggiori si trovano persone di buona volontà. Quello che è uguale da anni è l’aria politica viziata che tutti respiriamo, il contesto incanaglito in cui ci muoviamo, l’avvelenamento dei pozzi comuni, la prevalenza delle viscere sui cervelli. È questa la spirale che va spezzata. Individuare il modo efficace per farlo è un dilemma ancora aperto. Le elezioni amministrative sono state una bella spinta in questa direzione. Ma non si è ancora capito se i giovani del movimento 5 stelle vogliono entrare in gioco, oppure sedersi a contemplare il loro gruzzolo di voti fino alla prossima occasione.

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