Il diverso che viene trasformato in nemico

11 Mag 2011

Anticipazione del brano tratto dall´ultimo libro dello studioso che raccoglie una serie di saggi scritti in occasioni diverse. Dall’antichità fino a oggi le descrizioni insistono sulle differenze dei costumi ma soprattutto su quelle fisiche. Gli stereotipi sono tanti dal cattivo odore alla incapacità, come sostiene l’antisemita Wagner, di saper cantare

Avere un nemico è importante non solo per definire la nostra identità ma anche per procurarci un ostacolo rispetto al quale misurare il nostro sistema di valori e mostrare, nell´affrontarlo, il valore nostro. Pertanto quando il nemico non ci sia, occorre costruirlo (…). Sin dall´inizio vengono costruiti come nemici non tanto i diversi che ci minacciano direttamente (come sarebbe il caso dei barbari), bensì coloro che qualcuno ha interesse a rappresentare come minacciosi anche se non ci minacciano direttamente, così che non tanto la loro minacciosità ne faccia risaltare la diversità, ma la loro diversità diventi segno di minacciosità. Si veda quanto Tacito dice degli ebrei: profano è per loro tutto quello che è sacro per noi e quanto è per noi impuro per loro è lecito» (e viene in mente il ripudio anglosassone per i mangiatori di rane francesi o quello tedesco per gli italiani che abusano d´aglio). Gli ebrei sono “strani” perché si astengono dalla carne di maiale, non mettono lievito nel pane, oziano il settimo giorno, si sposano solo tra loro, si circoncidono (si badi) non perché sia una norma igienica o religiosa, ma «per marcare la loro diversità», seppelliscono i morti e non venerano i nostri Cesari (…).

Straniero tra tutti, e per il colore diverso, è il negro. Alla voce “Negro” della Encyclopaedia Britannica, prima edizione americana, 1798 si leggeva: «(…) I vizi più noti sembrano essere il destino di questa razza infelice: si dice che ozio, tradimento, vendetta, crudeltà, impudenza, furto, menzogna, turpiloquio, dissolutezza, meschinità e intemperanza abbiano estinto i principi della legge naturale e abbiano messo a tacere i rimproveri della coscienza. Sono estranei a qualunque sentimento di compassione e costituiscono un terribile esempio della corruzione dell´uomo quando lasciato a se stesso.”
Il negro è brutto (…). Prisco di Panion nel V secolo d.C: descrive Attila come basso di statura, con un largo torace a una testa grande, gli occhi piccoli, la barba sottile e brizzolata; il naso piatto e (tratto fondamentale) la carnagione scura. Ma è curioso come il volto di Attila sia simile alla fisionomia del diavolo quale lo vede più di cinque secoli dopo Rodolfo il Glabro, di modesta statura, collo esile, volto smunto, occhi nerissimi, fronte increspata da rughe, naso schiacciato, bocca sporgente, labbra gonfie, mento stretto e affilato, barba caprina, orecchie irsute e a punta, capelli ritti e scarmigliati, dentatura canina, cranio allungato, petto sporgente, dorso a gobba (Cronache, V,2).
Nell´incontro con una civiltà ancora ignota, sono privi di integritas i bizantini visti da Liutprando da Cremona, inviato nel 968 dall´imperatore Ottone I a Bisanzio (Relazione della ambasciata a Costantinopoli): «Fui davanti a Niceforo, un essere mostruoso, un pigmeo dalla testa enorme, che pare una talpa per la piccolezza degli occhi, è imbruttito da una barba corta, larga, spessa e brizzolata, ha il collo lungo un dito… un etiope per il colore, “con cui non vorresti imbatterti nel cuor della notte”, di ventre obeso, secco di natiche, dalle cosce troppo lunghe per la sua piccola statura, dalle gambe corte, i piedi piatti, e un vestito da contadino troppo invecchiato, fetido e scolorito a forza di indossarlo».
Fetido. Il nemico sempre puzza, e tale Berillon all´inizio della guerra mondiale (1915) scriveva un La polychrésie de la race allemande dove dimostrava che il tedesco medio produce più materia fecale del francese, e di odore più sgradevole. Se il bizantino puzzava, puzzava il saraceno nell´Evagatorium in Terrae Sanctae, Arabiae et Egypti peregrinationem di Felix Fabri, (XV secolo): «I Saraceni emettono un certo orribile lezzo, per cui si danno a continue abluzioni di diverse sorti; e siccome noi non puzziamo, ad essi non importa che ci bagniamo insieme a essi. (…). Ma non sono altrettanto indulgenti con gli Ebrei, che puzzano ancora di più…. Così i puzzolenti saraceni sono lieti di trovarsi in compagnia di chi come noi non puzza».
Puzzavano gli austriaci di Giusti (ricordate «Vostra eccellenza che mi sta in cagnesco – Per que´ pochi scherzucci di dozzina?») (…). Non può che puzzare lo zingaro, visto che si nutre di carogne, come insegna Lombroso (L´uomo delinquente, 1, II) e puzza in Dalla Russia con amore la nemica di James Bond, Rosa Klebb, non solo russa e sovietica, ma lesbica per giunta: «Era l´odore della metropolitana di Mosca in una sera calda, profumo dozzinale che dissimulava gli effluvi animaleschi. In Russia, la gente si inzuppa letteralmente di profumo, sia che abbia fatto, sia che non abbia fatto il bagno, ma soprattutto quando non l´ha fatto». (…)
Mostruoso e puzzolente sarà, dalle origini del cristianesimo, l´ebreo, visto che il suo modello è l´Anticristo, l´arcinemico, il nemico non solo nostro ma di Dio: «L´Anticristo nascerà dal popolo dei giudei (…) Avrà due occhi di fuoco, orecchie come quelle di un asino, naso e bocca come un leone, perché invierà agli uomini gli atti di follia del più delittuoso tra i fuochi e le voci più vergognose della contraddizione, facendo loro rinnegare Dio, spandendo nei loro sensi il fetore più orribile, lacerando le istituzioni della chiesa con la più feroce delle cupidigie; sogghignando con un rictus enorme e mostrando orribili denti di ferro” (Hildegarde di Bingen, Liber Scivias III, 1, 14).
Se l´Anticristo viene dal popolo dei giudei, il suo modello non potrà che riverberarsi sull´immagine dell´ebreo, sia che si tratti di antisemitismo popolare, di antisemitismo teologico o di antisemitismo borghese otto-novecentesco. (…) Più tardi, Wagner complicherà il ritratto con aspetti fonetici e mimici: (…). “È naturale che la congenita aridità dell´indole ebraica che ci è tanto antipatica trovi la sua massima espressione nel canto, che è la più vivace, la più autentica manifestazione del sentimento individuale. All´ebreo si potrebbe riconoscere attitudine artistica per qualsiasi altra arte piuttosto che per quella del canto, che sembra essergli negata dalla natura stessa.” (L´ebraismo nella musica).
Hitler procede con maggior grazia, quasi ai limiti dell´invidia: “Nei giovani l´abbigliamento deve essere posto al servizio dell´educazione. (…) Se oggi la perfezione corporea non fosse respinta in seconda linea dalla nostra moda trascurata, non sarebbe possibile che centinaia di migliaia di ragazze fossero sedotte da ripugnanti bastardi ebrei dalle gambe storte” (La mia battaglia 2,2.).

Anticipiamo un brano del primo saggio che apre il libro-raccolta di Umberto Eco Costruire il nemico, in uscita da Bompiani

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