Fino alla fine di B.

26 Apr 2011

Il Cavaliere è preoccupato e i segni di indebolimento sono sotto il naso dei commentatori politici, ma non si deve abbassare la guardia, né immaginare che il tramonto di Berlusconi sia davvero vicino: il Pdl, continua ad essere il più votato nei sondaggi (tra il 28-30%).

È vietato illudersi: lo dimostrano anche i sondaggi più recenti sulle intenzioni di voto nazionali. Eppure gli analisti politici dicono e scrivono che Berlusconi è finito, che il suo governo galleggia, che la maggioranza si sfarina, che bisogna aprire una fase politica nuova. Attenzione: possiamo sperare che tutto ciò sia vero, e qualche segnale di indebolimento del cavaliere c’è, anche se non univoco e non dappertutto nel paese. Ma non dobbiamo abbassare la guardia, né immaginare che il tramonto di Berlusconi sia davvero vicino. Naturalmente vorremmo sbagliare e poter scrivere che il crollo di B è imminente, anche se Lui afferma che “non mollerà mai”. Tuttavia è vero che il Cavaliere ha paura, è preoccupato, è agitato e guarda ai due prossimi appuntamenti che saranno decisivi per la sorte politica sua e per il futuro del governo: le amministrative di metà maggio (importanti i risultati di Milano – forza Pisapia! – e Napoli) e il referendum del mese successivo. Così, per chiamare a raccolta tutti i sostenitori ed elettori, anche i delusi, Berlusconi alza sempre più i toni dei suoi interventi e spesso fa affermazioni inconsulte e temerarie, indegne di uno “statista” quale egli crede di essere. Per esempio, alcuni giorni fa ha lanciato da Milano un “avviso ai naviganti” in questi termini: “Abbiamo e avremo sempre la maggioranza nel paese” (Ansa, 12.24 del 17 aprile). Se non fosse noto il carattere egocentrico e borioso del premier ci sarebbe addirittura da preoccuparsi. Avremo “sempre” la maggioranza? Naturalmente è una boutade, anzi un auspicio da “guascone” (direbbe Lui): ma ve lo immaginate uno statista vero, diciamo Obama o la Merkel uscirsene con un intervento simile in pubblico? Tutto ciò premesso, vediamo i dati degli ultimi sondaggi elettorali nazionali. La popolarità di Berlusconi come capo del governo è certamente in netto calo (solo il 31% di fiducia secondo l’ “Ipr marketing”), mentre il Pdl resta il primo partito, anche se non è affatto vero che gode della maggioranza dei voti degli italiani. Solo l’alleanza con Bossi, e soprattutto la legge elettorale ‘porcellum’, consente alla coalizione di avere il 55% dei seggi alla Camera.
Secondo l’ultima rilevazione (venerdi 22 aprile) di “Emg” di Fabrizio Masia per il TgLa7 di Mentana, Pdl ottiene come intenzioni di voto degli italiani il 29 % (in crescita dello 0,4%), la Lega l’11,1%, la Destra di Storace l’1,9%. Totale 42%.
Il centrosinistra si colloca al 40,7% complessivamente: Pd 25,8%, Sel di Vendola 7,7%, Idv 4,8%, Verdi 0,6%, socialisti 1,1%, radicali 0,7%. Fuori dall’alleanza (e potrebbero invece essere voti decisivi!) Federazione della sinistra 1,5% e Cinque stelle di Grillo al 2%.
Il Polo della Nazione (o Terzo Polo) è al 12,2% : Udc di Casini 7%, Fli di Fini 3,4%, Mpa 0,6%, Api di Rutelli 1,2%. Ma sono una marea gli indecisi (16,4%), le schede bianche (3,2%) e gli astensionisti (24,5%). Ed è proprio da questa vasta area di incerti (addirittura il 48% secon- do Renato Mannheimer) che arriveranno i voti decisivi per vincere le elezioni, dato che il divario tra le due principali coalizioni è obiettivamente molto ristretto e mobile.
Infatti altre indagini sul voto registrano i risultati seguenti: per “Ipr” (metà aprile) il centrosinistra ottiene il 41,5% e supera di poco il centrodestra, col 41%. Il Terzo Polo al 13,5%. Il primo partito resta comunque il Pdl (28%) contro il 27% del Pd. Altri sondaggisti certificano dati lievemente diversi, ma sufficienti per ribaltare la situazione: Nicola Piepoli (il 18 aprile) vede infatti Pdl, Lega e Destra al 43%, mentre l’altra coalizione è al 40,5%. “Crespi ricerche” calcola 41,1 al centrodestra e addirittura 42,8% al centrosinistra (però: ai consueti gruppi politici alleati del Pd, si aggiungono, scelta poco probabile, Rc e Pdci con l’1,8%). Quindi, attualmente nessun raggruppamento ha la certezza di prevalere, nelle consultazioni per la Camera (e di ottenere con poco più del 40% di voti, il 55% della rappresentanza, caso unico nel mondo occidentale). Ma al Senato i risultati che i sondaggi prefigurano, fanno prevedere la sconfitta del centrodestra, perchè il premio di maggioranza (secondo la norma costituzionale) viene calcolato su base regionale e, con questo sistema, il Polo della Nazione di Casini-Fini-Rutelli può sottrarre al Pdl e alleati un numero determinante di voti in numerose realtà locali.

Ecco spiegato anche il motivo per cui i partiti di maggioranza si stanno adoperando proprio in questi giorni per modificare la legge elettorale, con un ‘porcellum’ bis (probabilmente incostituzionale) che corregga il criterio del premio regionale. Resta un dato, che è davvero impressionante: il partito di Berlusconi, il Pdl, continua ad essere il più votato nei sondaggi (tra il 28-30%). Nonostante la separazione di Fini e la nascita di Fli; nonostante il pessimo esempio della ‘compravendita’ di parlamentari alla Camera; non turbano neppure i processi a carico di B, né il caso Ruby, né la spazzatura ancora nelle strade di Napoli, né le barzellette oscene, né gli attacchi alle istituzioni di garanzia, né le accuse di “brigatismo giudiziario”, né gli affari, già dimenticati, della ‘cricca’ al governo. Berlusconi, nonostante tutto, convince molti italiani a votare la sua creatura (è un grande ‘venditore’, secondo la memorabile definizione, maggio 1995, dello scrittore Peppino Fiori).
Il premier è in perenne campagna elettorale e dilaga quasi ogni giorno nei mezzi di comunicazione di massa e, soprattutto alla vigilia del voto (anche di quello amministrativo a maggio), viola ogni regola di par condicio impunemente (messaggi in voce e in video, discorsi ai simpatizzanti, allocuzioni alle convention di iscritti Pdl e alle riunioni dei partiti alleati, etc.) e riesce così a recuperare molti consensi tra gli incerti, i delusi, gli astensionisti. Per cui c’è da temere che al momento decisivo delle elezioni nazionali possa ottenere anche più del 30% indicato nei sondaggi. Vogliamo ricordare che secondo una ben nota ricerca del “Censis” (giugno 2009) durante la campagna elettorale ben il 69% degli elettori forma la sua scelta attraverso le notizie e i commenti trasmessi dai Tg (tra i pensionati, il 76% e le casalinghe, il 74%). I dati di ascolto dei principali telegiornali (a febbraio scorso) sono i seguenti: Tg1 delle 20, 6,5 milioni (delle 13.30, quasi 5 milioni); Tg5 serale, 5,4 milioni; il Tg3, non filoB, la metà di ascoltatori rispetto ai primi due Tg,alle 19: 2,7 milioni; il TgLa7 di Mentana: 2,3 milioni. Lo squilibrio è pauroso. Al Tg si aggiunge da metà marzo la striscia serale “Qui Radio Londra”, di Giuliano Ferrara (mai neppure un refolo di critica verso il cavaliere), che perde spettatori rispetto al Tg di Minzolini, ma ne conta pur sempre circa 5 milioni. Lo straripamento mediatico di Berlusconi è stato denunciato dal deputato Pd Roberto Zaccaria che coordina un gruppo di ascolto sul pluralismo informativo: a metà aprile, su Tg1, Tg2 e Tg5, tutta l’opposizione, insieme (Bersani, Di Pietro, Casini, etc), ha avuto meno tempo di parola e di antenna del solo Berlusconi (nel suo doppio ruolo, capo del governo e del Pdl). Per concludere e per voler essere proprio precisi: i talk show non filogovernativi (ammesso che siano davvero faziosi!) come “Ballarò” e “Anno zero”, raccolgono tra 4,5 e 5,3 milioni di spettatori, e però vanno in onda una sola volta a settimana e non ogni giorno come i Tg, o quattro, come “Porta a porta” di Bruno Vespa.
Quindi, è vietato illudersi. E ci chiediamo, con Paul Ginsborg nel suo lavoro più recente : ” L’ultimo interrogativo di questo libro è ‘chi salverà l’Italia’, ammesso che qualcuno voglia farlo, e con che mezzi?”.

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