Per chi batte il cuore della Repubblica

21 Apr 2011

Quel che è chiaro è che la maggioranza di governo non vuole cambiare qualcosa della nostra Costituzione, vuole sostituirla con un’altra. Ma può farlo senza violare il patto di convivenza civile? E a nome di chi? Che fine hanno fatto le regole condivise?

Marco Giraudo

Hanno un che di abissale i tonfi sordi del cuore; e son convinto che non comprenderemo mai appieno quell’intensificarsi del battito che si produce all’apparire del pericolo.
Questo misterioso battito, tuttavia, appare non volersi placare nel petto della Repubblica. Un cuore ancora romantico il quale, abituato alle tempeste di una politica che, in fondo, da sempre l’ha avversato, teme il proprio definitivo arresto ad opera di un colpo mortale.

L’attuale maggioranza di governo,  impersonata da Silvio Berlusconi, non ha alcuna intenzione di modificare la Costituzione italiana; Silvio Berlusconi e il suo partito vogliono decisamente istituire una costituzione nuova.
La volontà in tal senso è chiara; la direzione della iniziativa politica univoca.
La modifica della Costituzione è il suo fisiologico aggiornamento, al fine di declinare nel modo più adatto i principi e valori che la costituiscono in coerenza con il passare del tempo. Le istituzioni descritte nella sua seconda parte non sono altro che un insieme di strumenti al servizio dei principi e valori espressi nella prima. Per conto mio, potrebbe essere modificata completamente l’ architettura istituzionale purché sia dimostrato che la nuova meglio saprebbe assolvere alla funzione ancillare e servente che le è propria.
La sostituzione di una Costituzione con un’altra, invece, è la riforma dei principi e valori che la costituiscono e può avvenire in modi assai diversi. Potrebbe realizzarsi, per esempio, lasciando immutate le istituzioni o attraverso la riforma completa di esse, non importa la modalità, quel che conta è che i principi e i valori al servizio dei quali tali istituzioni si troverebbero ad operare sarebbero altri e profondamente diversi.
Non credo che la Costituzione della Repubblica debba essere eterna, per quanto essa stessa affermi la propria immortalità, tuttavia ritengo che se la si vuol cambiare per farne una nuova si debbano utilizzare i mezzi idonei.
È nel momento della scelta dei mezzi che si rivela la natura della Costituzione, una natura peculiare rispetto alle altre leggi, che impone circospezione e prudenza a coloro che vogliano mettervi mano.
Prudenza,  perchè potrebbe accadere che interventi incauti da parte della maggioranza di governo portino alla dissoluzione del patto sociale rappresentato dalla Costituzione della Repubblica; in modo che azioni politiche le quali a tutta prima era apparse solamente imprudenti si trasformino in atti rivoluzionari.
In un mondo in cui nessuno è in grado di farsi interprete di verità universali o divine è necessario, sempre, risolvere i problemi attraverso la persuasione e l’accordo. Nel nostro mondo di semplici esseri umani nessun uomo può nemmeno immaginare di imporre la propria volontà su quella di un altro senza che questi non vi abbia in qualche modo acconsentito.

Tuttavia noi uomini, seppure così diversi, viviamo in società e lo facciamo per un’infinità di motivi; viviamo insieme e dobbiamo farlo secondo delle regole, perché si è deciso di rinunciare alla forza come strumento di soluzione dei conflitti.

Ed ecco il tema: qual è la ragione, se esiste, per la quale un uomo è tenuto ad obbedire alla volontà di un altro uomo?

La ragione sta in ciò: si è fatto un accordo, un contratto o una Costituzione. Persone libere hanno scelto, in modo cosciente o inconsapevole, di rinunciare alla loro piena libertà e di sottostare alla volontà di altri. Le ragioni di questa rinuncia possono essere le più diverse, tra esse la più comoda era quella consistente nella volontà di un dio, ma purtroppo un mondo così semplice e perfetto sembra, per ora, tramontato. In quelle società che intendono darsi la forma di democrazie liberali, invece, la rinuncia avviene in cambio di una garanzia. Una garanzia di metodo e cioè che le decisioni saranno adottate secondo il principio di maggioranza; e una garanzia di merito ovvero che qualunque sia la maggioranza coagulata intorno ad una determinata deliberazione essa non potrà eccedere il perimetro rappresentato da una serie numerata di libertà inviolabili. Inviolabili, certo, a meno che non si voglia andare oltre l’accordo originario.

Nella nostra Repubblica e nella sua Costituzione l’accordo è chiaro e le garanzie precise. I rappresentanti eletti in parlamento ed il governo depositario della fiducia di quest’ultimo possono decidere anche per coloro che fanno parte della minoranza. La cosa è semplice e legittima: i cittadini che sono parte della minoranza hanno accettato per via del patto rappresentato dalla Costituzione di sottoporsi alla volontà della maggioranza. È questa la ragione per la quale io, che, oggi e da sempre, faccio parte di una minoranza sono ben disposto ad adeguarmi alla decisione dei più proprio perché io stesso vi ho acconsentito. Il governo attuale è il mio governo ed io lo riconosco come mia guida.

Il problema emerge quando di un contratto si violano le clausole essenziali dando luogo alla sua risoluzione. È quello che sta avvenendo.
Nemo alteri stipulari potest, nessuno può concludere un accordo per un altro. Nessuno, nemmeno la maggioranza parlamentare può modificare gli elementi fondamentali di quello stesso accordo che le consente di decidere per tutti in tante materie, tranne che in quella che stabilisce i confini del suo potere.
Quei principi e quei valori sono clausole irrinunciabili, senza le quali la fonte del potere del parlamento e del governo nei rispetti della minoranza viene meno. Il potere dell’uomo sull’uomo si dissolve con lo sciogliersi dell’accordo che lo aveva costituito.

L’art. 138 è solo uno strumento di aggiornamento. Fare una Costituzione nuova è un’altra cosa.

La Costituzione può essere aggiornata, ma non demolita.  Anzi, adesso c’è il dubbio legittimo che debba essere sostituita, perché, forse, non corrisponde più alla volontà degli italiani. Il dubbio però richiede di ricevere una risposta seria e incontrovertibile.

Si vuole un nuova Costituzione? Bene, non si può farla che con l’unico strumento proprio: l’elezione di un’assemblea costituente. L’unico organo in grado di esprimere la volontà profonda dell’Italia. Possiamo anche riesumare la monarchia, ma lo si faccia con gli strumenti adeguati. Un’assemblea Costituente eletta a suffragio universale con legge elettorale proporzionale senza sbarramento. La grande riunione dei contraenti, la grande assise del potere sovrano.
Solo così si possono sostituire i valori ed i principi; solo così il perimetro del potere può essere modificato. Tutto il resto è arbitrio e sopruso. Tutto il resto è rivoluzione.
Mi trovo dunque a scrivere da cittadino osservante delle leggi anche quando esse non siano consonanti con il mio pensiero e spirito, ma potrei dovermi dichiarare sciolto da ogni vincolo esterno alla mia coscienza se il potere da legittimo si trasformasse in sopruso.
Però, fortunatamente tale eventualità è lontana, perchè il cuore della Repubblica pulsa ancora anche se il battito è più rapido. Un sintomo di allarme e di pericolo, certo, ma indicativo di uno spirito vitale inesaurito.
La Repubblica ancora c’è e la Costituzione è ancora la legge suprema dello stato.

* Marco Giraudo, studente di Giurisprudenza, è coordinatore di LeG Cuneo

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