Ma quando il processo è davvero breve?

19 Apr 2011

Che significa “processo breve” nel linguaggio del testo approvato al Senato? E la realtà è davvero il contrario della definizione, cioè, processo lungo? Eppure per rendere davvero meno lungo il processo non ci sono proposte. Infine, per chi vale il processo breve? Breve e contro la Costituzione

Nel linguaggio della maggioranza e nel testo approvato al Senato il sintagma designa una conclusione draconiana dei processi penali: trascorsi tempi più o meno lunghi, a seconda dei reati, nelle diverse fasi (sorprendentemente non considerate le indagini preliminari, talvolta interminabili), senza provvedimenti definiti, il processo è estinto, istituto fino ad oggi sconosciuto nel sistema.
La realtà è, dunque, il contrario della definizione; il processo è lungo; le norme lo chiudono con un “ non liquet”; innocente e colpevole sono accomunati; deluse le aspettative delle vittime.

Dal legislatore si aspetterebbero interventi per rendere meno lungo il processo; nessuno; anzi, alcune proposte (ad esempio, quella di ammettere tutti i testimoni della difesa) vanno nella direzione opposta.
La norma transitoria innesca ulteriori questioni; alcuni processi (per intenderci, i “vecchi” del Premier) vengono chiusi subito; per altri il “processo breve” non vale mai, nella terza categoria i “nuovi” processi, quelli in cui l’esercizio dell’azione penale è successivo all’entrata in vigore del “processo breve”; allo stato attuale, l’ultima vicenda milanese rientra nella seconda; da qui, forse, ripensamenti sulla norma transitoria. All’improvviso, l’estinzione del processo, nel testo all’esame della Commissione Giustizia della Camera, svanisce; ed è una fortuna; invece che curare il paziente, nella gran parte dei casi lo si uccideva; inutile aggiungere come potessero nascere diseguaglianze, dettate dal caso, e quanto ne risultasse svilito il difensore, ridotto ad “allungatore” del processo; nell’ultima versione, segnalati al Ministro e al Procuratore generale presso la Cassazione tempi non rispettati. Tutto qui.
L’aggettivo piace, comunque, alla maggioranza; stavolta diventa “breve” la prescrizione; con palese violazione costituzionale, vale solo per il primo grado, non è difficile stabilire perché; nella fertile mente del relatore esistono incensurati più incensurati di altri incensurati.
Torniamo al “processo breve”; nella accezione corretta è quello in cui l’innocente è rapidamente assolto ed il colpevole altrettanto rapidamente condannato, nel rispetto delle garanzie costituzionali e processuali e del contraddittorio delle parti.
Ecco allora alcuni principi.
La riforma non deve essere generale – un nuovo codice, come qualcuno vorrebbe – ma toccare i punti dolenti; non servono commissioni pletoriche, sempre insediate, e mai con risultati; in Italia, non mancano processual penalisti di grande talento; il legislatore si affidi a costoro; al più, avranno bisogno di qualche cancelliere; è necessario abrogare le norme inutili introdotte negli ultimi anni, piuttosto che creare nuovi istituti;
la regola principale deve essere quella di evitare dispendio di energie e di tempi per il nulla (Chiavario); la tutela del diritto di difesa deve essere rigorosa, eliminando, quanto più possibile, “libere” interpretazioni della Corte di Cassazione.
Veniamo, infine, alle proposte:
a) eliminazione delle proroghe di indagini; atti che viaggiano avanti e indietro fra PM e GIP, del tutto inutilmente; la difesa non ne ricava vantaggio. È il caso più clamoroso di dispendio di energie e tempi per il nulla;
b) rigorosa disciplina dell’informazione di garanzia e dei suoi equipollenti; l’indagato deve essere immediatamente informato della pendenza di un procedimento; nell’atto, inoltre, deve essere contenuta la chiara informazione dell’onere di dichiarare/eleggere domicilio, della scelta di un difensore ed, inoltre, di informarsi dell’iter procedimentale/dibattimentale;
c) conclusione delle indagini, per il lavoro normale, entro l’anno; dopo l’anno, attribuzione automatica alla Procura Generale, con l’obbligo di definizione entro tre mesi; rimozione dei magistrati che rispettino tali termini in percentuale inferiore al 95%;
d) notifica dell’avviso di conclusione delle indagini al solo difensore e per i soli procedimenti per i quali è prevista la citazione diretta al dibattimento; quando è prevista l’udienza preliminare, è inutile duplicare le occasioni difensive. Piuttosto, l’esperienza dei grandi tribunali (Roma, ad esempio) dimostra come la citazione diretta produca il disastro; procedimenti che sono al dibattimento anni dopo la conclusione delle indagini, notifiche o addirittura fascicoli persi; la macchina gira a vuoto; il risultato quasi certo è la prescrizione. Occorre dunque intervenire sull’istituto; senza giungere all’abolizione – anche se attualmente, il processo con udienza preliminare, oltre che una garanzia dalle imputazioni azzardate, è più rapido – bisogna drasticamente ridurre i termini a comparire, fissare i dibattimenti entro al massimo sei mesi dalla decisione di esercitare l’azione penale, ridare efficienza agli organi notificatori. A parte questo, Procuratori della Repubblica e Presidenti di Tribunali imbelli vanno sostituiti;
e) notifica all’indagato/imputato soltanto della citazione al dibattimento di primo grado e delle sentenze, se difesi d’ufficio e contumaci; per il giudizio di appello meccanismo di citazione identico a quello attualmente previsto per la Cassazione.
f) in primo grado previsione dell’udienza dibattimentale / filtro di un’unica udienza di trattazione (in più udienze, solo se indispensabile, comunque in giorni successivi) entro tre mesi dalla udienza filtro; rigore nei confronti dei testimoni che non si presentino; eccezionalità dei casi di rinvio del dibattimento;
g) tassatività della presenza del P.M. titolare per le udienze collegiali e per quelle di giudice monocratico seguite all’udienza preliminare; responsabilità del P.M. titolare per la scelta di eventuali sostituti per le altre udienze di monocratico; oggi, compaiono in aula procuratori onorari visibilmente ignari; i PM titolari si disinteressano di quel che avviene; retribuzione dei sostituti adeguata (mensile / annuale), quali prestazioni professionali di liberi professionisti; divieto per tali sostituti di svolgere la libera professione;
h) per la parte civile, poteri che non siano superiori (semmai inferiori) a quelli della difesa; ad esempio, in materia di impugnazione, dove due decisioni delle sezioni Unite della Cassazione hanno stravolto il sistema;
i) nella “Grande Riforma della Giustizia”, annunziata in questi giorni, torna l’abolizione dell’appello contro le sole sentenze di assoluzione, già dichiarata incostituzionale. In realtà, il problema è se eliminare in toto l’impugnazione, non esistendo un principio costituzionale del doppio grado di giudizio di merito. Non è detto sia un beneficio; la perdita di un controllo sul merito ingolferebbe di ricorsi la Corte di Cassazione e, forse, ne snaturerebbe l’essenza; diventerebbe la Corte Suprema un ibrido fra il merito e la legittimità; piuttosto, serve una migliore organizzazione; ad esempio a Roma, esistono tre sezioni (del merito) di Corte d’Appello, che decidono in secondo grado rispetto a centinaia di giudici di primo grado. È ovvio che i tempi sono biblici;
j) previsione che ogni Pubblico Ministero abbia almeno cinque funzionari di segreteria, nonché collaboratori e il potere di disporre della polizia giudiziaria;
k) previsione che ogni giudice (singolo) abbia nella sua cancelleria altrettanto personale.

Sono queste le proposte. Speriamo che altri ne aggiungano di migliori.
In fondo, la frase “invece che difendersi nel processo, gli imputati si difendono dal processo”, inventata qualche anno fa, significa solo che lo Stato non ha voluto (o non è stato in grado di) garantire ai cittadini un processo penale rapido ed efficiente.

* L’autore, socio LeG è avvocato a Roma

Supportaci

Difendiamo la Costituzione, i diritti e la democrazia, puoi unirti a noi, basta un piccolo contributo

Promuoviamo le ragioni del buon governo, la laicità dello Stato e l’efficacia e la correttezza dell’agire pubblico

Le scuole di Libertà e Giustizia

L’Unione europea come garante di democrazia, pace, giustizia

In vista della legislatura 2024-2029, l’associazione Libertà e Giustizia propone sette incontri - dal 29 febbraio al 23 aprile - sul ruolo del Parlamento europeo e le possibilità di intervento dei singoli cittadini e delle associazioni.

Approfondisci

Newsletter

Eventi, link e articoli per una cittadinanza attiva e consapevole direttamente nella tua casella di posta.