Il prezzo della vittoria

14 Apr 2011

Ma davvero qualcuno si aspettava un risultato diverso dalla battaglia di Montecitorio? Francamente, quello che stupisce, il giorno dopo, è lo stupore: la maggioranza ha vinto (altrimenti non sarebbe maggioranza) e l’opposizione ha perso, proprio perché è minoranza.

Ma davvero qualcuno si aspettava un risultato diverso dalla battaglia di Montecitorio? Francamente, quello che stupisce, il giorno dopo, è lo stupore: la maggioranza ha vinto (altrimenti non sarebbe maggioranza) e l’opposizione ha perso, proprio perché è minoranza. Nel voto segreto l’armata berlusconiana ha raccattato una manciata di voti in più? Sgradevole, ma è nota l’esistenza di una zona grigia al confine tra i due schieramenti, una zona popolata di anime in vendita se il prezzo sarà congruo. Semmai ne va registrata l’esiguità, e non è una buona notizia per il premier. Infine: ha fatto male l’opposizione a enfatizzare con l’ostruzionismo una battaglia persa in partenza? No, ha fatto benissimo, perché altrimenti l’orrenda legge sulla prescrizione breve sarebbe stata approvata e dimenticata in un batter d’occhio, mentre così i cittadini hanno potuto vedere con chiarezza lo spettacolo desolante di una maggioranza pronta a tutto per salvare il suo signore e padrone. Hanno vinto, sì, ma hanno pagato un costo molto alto. E lo sanno bene.
Infatti, come fa sempre dopo un pericolo scampato a caro prezzo, Berlusconi è tornato a parlare di un suo prossimo abbandono. Davanti alla stampa estera ha annunciato nell’ordine: che non si ricandiderà come premier alle prossime elezioni, che il suo successore potrebbe essere Angelino Alfano, che non ha mire sul Quirinale dove vedrebbe bene Gianni Letta. E’ un copione noto, che serve da una parte a spaventare i potentati del centro destra, già in lotta per conquistare la pole position nella corsa alla successione, e dall’altra parte, con l’investitura di Alfano, ad azzoppare l’unico concorrente realmente pericoloso, e cioè Giulio Tremonti.
Insomma, non è cambiato niente. Il governo cammina sempre sull’orlo del burrone. Senza ministri in aula a schiacciare il bottone non riuscirà a far passare nulla. Naturalmente, bisogna che l’opposizione continui a fare il suo mestiere. Sia con una presenza massiccia alla Camera, sia con proposte puntuali e concrete sui vari temi in agenda. Bisogna dare atto a Bersani di aver risposto tempestivamente, mercoledì, al documento economico appena varato dal governo: a stretto giro di posta, il segretario del Pd ha esposto in una conferenza stampa il suo piano alternativo per l’economia. Purtroppo, come avviene da molto tempo, pochi hanno avuto la possibilità di accorgersene, perché il clamore di quanto stava contemporaneamente avvenendo in aula ha coperto tutto. Questo è un problema: si invocano proposte e programmi, ma quando arrivano nessuno ne parla. Non è colpa del Pd, è colpa dei meccanismi dell’informazione. Bisogna cambiarli, ma nessuno sa come farlo, e forse questo è un terreno dove le organizzazioni della società civile potrebbero offrire un contributo di elaborazione e di proposta.
Ad altri toccherà il compito di vagliare i requisiti di costituzionalità dell’ennesima leggina ad personam approvata a Montecitorio. I dubbi sono tanti, vedremo quando sarà il momento se sono anche fondati. Nel frattempo, bisogna lavorare per dare voce all’Italia che non ci sta a vedersi rappresentata sulla scena internazionale come un paese-burletta. E’ un compito che spetta a tutti, eletti ed elettori. Ed è urgente, perché il mondo sta cambiando e noi rischiamo di finire tra le scorie del passato.

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