L’amore per la democrazia e la lezione di Bianchi d’Espinosa

07 Apr 2011

La notizia che un senatore fiorentino ha messo la sua firma sotto quella proposta di legge volta a cancellare dalla Costituzione il divieto di ricostituzione del partito fascista avrebbe dell´incredibile se non vivessimo giorni in cui tutto è diventato possibile e la forza dei numeri in Parlamento trasforma le menzogne in verità.

La notizia che un senatore fiorentino ha messo la sua firma sotto quella proposta di legge volta a cancellare dalla Costituzione il divieto di ricostituzione del partito fascista avrebbe dell´incredibile se non vivessimo giorni in cui tutto è diventato possibile e la forza dei numeri in Parlamento trasforma le menzogne in verità. Dunque è possibile che Achille Totaro, nato a cresciuto a Firenze, si auguri che tolto il divieto prima o poi l´Italia e magari anche Firenze possano ridiventare fasciste: una nuova alba all´insegna del dittatore di turno, razzista e antisemita, nella tradizione migliore. Del resto il senatore fiorentino si è scelto come cofirmatario un certo Cristiano De Eccher, responsabile di Avanguardia nazionale per il Veneto negli anni delle stragi fasciste.
Dobbiamo forse scandalizzarci, spaventarci, o magari, far finta di nulla? A me piace ricordare un magistrato che nella sua vita aveva fatto del suo antifascismo una ragione di vita. Luigi Bianchi d´Espinosa aveva 32 anni ed era giudice presso il tribunale di Firenze quando il prefetto repubblichino inviò l´ordine di sostituire il ritratto di Vittorio Emanuele terzo con quello di Mussolini. Il sito dell´ANPI riporta un brano della lettera con la quale Bianchi d´Espinosa informò della sua decisione di non frequentare più il tribunale e precisò al prefetto: “…non interpreti…come una lettera di dimissioni. Le dimissioni infatti potrei darle soltanto al legittimo governo d´Italia; non a chi usurpa tale nome con le armi straniere ed in violenza patente delle norme del diritto internazionale di guerra. Il mio atteggiamento non costituisce che una resistenza ad arbitrarie violenze, nel solo modo in cui questa resistenza è possibile: rifiutando ogni collaborazione col nemico e con quegli italiani che al nemico si sono venduti”.
Dal tribunale di Firenze il magistrato passò ai nuclei della Resistenza e poi alla giunta militare del Partito d´Azione. Dopo la guerra arrivò al tribunale di Milano e fu lì che nella sua veste di procuratore generale, decise di procedere nei confornti di Giorgio Almirante , segretario del Movimento sociale e di un gruppo di dirigenti del partito accusandoli di aver ricostituito il partito fascista in violazione della XII norma transitoria della Costituzione. Bianchi d´Espinosa era un vero azionista, non un uomo di sinistra, non un comunista. Morì poco dopo aver chiesto al Parlamento l´autorizzazione a procedere contro Almirante e i suoi camerati. “Aveva il carattere inaudito di amare la democrazia e rispettare la Costituzione” scrisse semplicemente di lui Giorgio Bocca.
E questo amore e questo rispetto lo avevano guidato il giorno in cui scrisse al prefetto di Firenze che lui non si vendeva.

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