Le conversazioni che non dovevano essere trascritte

05 Apr 2011

La legge prevede che i colloqui dei parlamentari non siano utilizzabili senza autorizzazione della Camera

«Conversazione con parlamentare, non utilizzabile». Gli atti del processo Berlusconi-Ruby sono pieni di queste diciture che sulle intercettazioni, obbligatoriamente da depositare in audio alla difesa, segnalano un interlocutore parlamentare intercettato indirettamente sull’utenza di una persona sotto controllo, e ne nascondono sia la trascrizione sia il riassunto. Ma gestire gli omissis è insidioso quando le pagine sono migliaia. E così, a spulciare gli atti depositati a Berlusconi dai pm ormai alcune settimane fa, si scopre quello che lì non avrebbe dovuto restare. Silvio Berlusconi è un parlamentare, e come tale non può essere direttamente intercettato senza che prima sia stata chiesta dal gip e ottenuta l’autorizzazione alla Camera di appartenenza.

Tuttavia nelle indagini può capitare che, mentre altre persone sono sotto intercettazione, venga registrata una conversazione tra l’utenza della persona sotto controllo e quella invece di un parlamentare suo interlocutore casuale. Quando accade, le prerogative dei parlamentari, riformulate nel 2003 dalla legge Boato poi però bocciata in parte nel 2007 dalla Corte Costituzionale, prevedono che contro il parlamentare l’intercettazione non possa essere utilizzata se non dopo che i magistrati abbiano chiesto al Parlamento il via libera a poterla usare; mentre non ci sono limitazioni all’utilizzo delle intercettazioni non solo contro la persona sotto controllo, ma anche contro terzi.

Nel caso Ruby, la scelta più volte dichiarata dalla Procura era stata quella di non fare alcun uso delle telefonate nelle quali la voce del premier era rimasta registrata sulle utenze sotto controllo di Minetti o di Fede o delle ragazze di Arcore intercettate per brevi periodi a rotazione; e stesso trattamento era stato deciso per la sessantina di contatti tra Berlusconi e Ruby attestati dai tabulati di Ruby. Per non farsi accusare di aver appositamente intercettato Fede (notoriamente amico del Cavaliere) allo scopo di captare di sponda Berlusconi, il procuratore Bruti Liberati aveva persino ordinato di staccare le intercettazioni del giornalista appena era emerso che aveva davvero un’abitualità telefonica con il premier.

Allo stesso modo i verbali di Ruby, pieni di particolari hard e nomi famosi spesso evocati senza riscontro, erano perciò stati depositati alla difesa addirittura ancora con omissis, dei quali i legali del premier si erano lamentati al punto da chiedere poi (come giusto) che i pm li rimuovessero. Ma alla fine qualcosa, nel mare di carte, tra gli omissis è scappato lo stesso: il testo sbobinato di tre telefonate indirette del premier con Nicole Minetti, Raissa Skorkina e Marysthelle Polanco. Più un’intercettazione tra la segreteria di Palazzo Grazioli e Barbara Faggioli sulle indagini difensive di Ghedini. E il vivavoce di un bunga-bunga ad Arcore.

I pm non le hanno mai usate nei loro vari atti, neppure a sostegno della richiesta al Parlamento (respinta) di perquisire il 14 gennaio scorso l’ufficio a Milano 2 dell’amministratore del portafoglio personale del premier, il ragioniere Giuseppe Spinelli. Ma non essendoci stata una richiesta di autorizzazione al Parlamento, le intercettazioni neppure sarebbero dovute essere trascritte, dovendo invece essere avviate alla futura apposita udienza di distruzione delle telefonate non utilizzabili, come appunto quelle indirette dei parlamentari oppure quelle dove figurino avvocati nell’esercizio dei loro mandati difensivi.

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