Il Blitz sulla prescrizione breve e l’occasione persa del Governo

31 Mar 2011

Se c’era bisogno di allungare qualche altro sospetto sulla riforma chiamata «prescrizione breve», la decisione di anticiparne la discussione alla Camera con un’inedita inversione dell’ordine dei lavori è arrivata a proposito.

Se c’era bisogno di allungare qualche altro sospetto sulla riforma chiamata «prescrizione breve», la decisione di anticiparne la discussione alla Camera con un’inedita inversione dell’ordine dei lavori è arrivata a proposito. Perché tanta fretta di varare la nuova legge, se non quella di chiudere prima possibile – e limitando al massimo la discussione – la partita del processo Mills, nel quale il presidente del Consiglio è accusato di corruzione e il corrotto è già stato dichiarato colpevole?

Sarà difficile spiegare altrimenti questa norma che potrà tornare utile, oltre che a Berlusconi, a un buon numero di imputati, ma è arduo catalogare fra le priorità di cui ha bisogno il malfermo sistema giudiziario italiano. Non fosse altro perché le indicazioni europee in materia (spesso evocate, e non sempre a ragione, per sostenere le modifiche normative, compresa questa) vanno in direzione opposta.

Presentando al Quirinale e al Paese il disegno di legge di riforma costituzionale sulla giustizia, il Guardasigilli Alfano aveva fatto capire che imboccando la strada di una modifica «epocale», il governo e la sua maggioranza avrebbero abbandonato le scorciatoie delle leggi «ad personam» – cioè modellate sulle esigenze processuali di una singola persona, il presidente del Consiglio – tanto praticate in questi anni. Il blitz di ieri ha fatto capire che non è così. E che ancora una volta s’è persa l’occasione per dimostrare di volersi muovere davvero in nome di un interesse collettivo, e non solo particolare.

A chi gli faceva notare la contraddizione, Alfano ha replicato spiegando che si tratta di questioni diverse e che «noi non chiediamo il dialogo con l’opposizione mercanteggiando su questa o quell’altra legge». Ma il problema non è mercanteggiare, bensì essere credibili. Se la premessa al confronto sulla riforma «epocale» (che peraltro contiene molti punti discutibili) è quella di un’ennesima norma salva-premier approvata di gran carriera forzando le regole del dibattito parlamentare, sarà più complicato prestare fede alla genuinità delle ragioni che hanno mosso il governo a compiere quel passo. E non pensare che anche dietro i progetti più ambiziosi ci possa essere qualche altro intento. C’era bisogno di mostrare un minimo di attendibilità su un tema che suscita polemiche da quasi un ventennio. Non è avvenuto. Per questo è un’occasione persa.

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