Che succede se l’Aja condanna Gheddafi?

28 Mar 2011

Per quanto paradossale ed assurdo possa sembrare, se il colonnello libico, fosse ricercato su mandato della Corte internazionale e si rifugiasse o transitasse in Italia non potrebbe essere arrestato

Tre giorni fa, mentre noi tutti eravamo attenti e preoccupati per la guerra contro Tripoli delle forze Nato e degli altri ‘volenterosi’, una notizia, finita a piè di pagina nei quotidiani di venerdì e sabato, ci ha colpito: il procuratore speciale della Corte penale internazionale dell’Aja ha annunciato che l’incriminazione di Muammar Gheddafi e degli esponenti del suo regime per delitti contro l’umanità è pressochè “sicura al cento per cento” (testuale). La dichiarazione proveniva dal Cairo, dove il procuratore Louis Moreno Ocampo aveva incontrato il ministro degli Esteri egiziano.
Quindi, proprio da un paese nordafricano e confinante con la Libia, Ocampo ha ricordato che egli sta indagando su sei-sette episodi di violenze compiute contro i civili a Tripoli, Bengasi e in altre città. L’inchiesta è in corso, e fra poche settimane Gheddafi sarà ufficialmente accusato e imputato di crimini contro l’umanità.
Dice Ocampo: “Stiamo raccogliendo prove, concentrandoci sui primi dodici giorni della rivolta libica, quando i civili erano disarmati alle manifestazioni. Possiamo confermare che sono stati presi di mira a colpi di arma da fuoco. Abbiamo le prove. Nostro compito adesso è scoprire chi ha sparato e chi ha ordinato di sparare. Abbiamo identificato alcuni individui con ruoli di comando o di responsabilità, che sono sospettati di aver commesso dei crimini: si tratta di Muammar Gheddafi e di alcuni dei suoi più vicini collaboratori, inclusi alcuni dei suoi figli”.
Le parole del procuratore aprono uno scenario da non sottovalutare, soprattutto nel momento in cui vari paesi immaginano di aprire una trattativa diplomatica con il leader libico per consentirgli una via d’uscita, l’esilio, che egli per ora rifiuta, asserragliato nel suo bunker, da dove minaccia e proclama che “non si arrenderà mai ai crociati”. Mentre dal vertice dei Capi di Stato Ue arriva il monito che “Gheddafi deve farsi da parte, immediatamente”. Le indagini di Ocampo sono state avviate dopo l’approvazione di una risoluzione  del consiglio di sicurezza dell’Onu (la 1970, precedente alla 1973 sulla creazione della ‘no fly zone’ sulla Libia) il 27 febbraio scorso: politicamente è stato un atto importante e significativo perchè tutti i cinque membri permanenti del Consiglio (Usa, Cina, Russia, Gran Bretagna e Francia) hanno votato a favore della misura.
Un dettaglio di origine italiana: la decisione -forte- approvata a New York, veniva pochi giorni dopo la sorprendente dichiarazione del nostro presidente del consiglio (“Non ho telefonato a Gheddafi; non mi permetto di disturbarlo”, 19 febbraio). E pochi giorni prima di altre improvvide parole (“Sono addolorato per Gheddafi e mi colpisce personalmente quello che accade in Libia”, 22 marzo). Mentre Berlusconi si mostrava dispiaciuto, la Corte penale dell’Aja apriva l’inchiesta che potrebbe portare, certo non in tempi brevi, alla cattura e al processo dell’ attuale leader libico. Comunque il procuratore Ocampo ha fatto sapere che riferirà sulle indagini in corso attualmente, il prossimo 4 maggio anzitutto al consiglio di sicurezza dell’Onu. Poi si rivolgerà ai giudici della Corte dell’Aja che dovranno esprimersi sul caso.
Intanto occorre ricordare che l’Italia si trova in una situazione equivoca: il tribunale internazionale è stato istituito nel 1998 con lo statuto firmato proprio a Roma (114 sono gli Stati che ne hanno riconosciuto la competenza sovranazionale). Tuttavia “il nostro Parlamento, nonostante le pressioni dell’opposizione, non ha ancora approvato le norme volte ad adeguare l’ordinamento interno allo statuto della Cpi”, denuncia Roberto Rao, capogruppo dell’Udc in commissione Giustizia alla Camera (e relatore del progetto di legge che si occupa proprio di adattare i nostri codici alle disposizioni della Corte dell’Aja). Insomma, per quanto paradossale ed assurdo possa sembrare, se il colonnello Gheddafi, fosse ricercato su mandato della Cpi e si rifugiasse o transitasse in Italia (evento da considerare comunque poco probabile) non potrebbe essere arrestato. Non possiamo immaginare se il presidente Berlusconi, nell’eventualità, si mostrerebbe “addolorato”. Chissà.

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