Nei romanzi di Bassani una finestra aperta sull’Europa moderna

11 Mar 2011

Vale la pena oggi di leggere ancora una volta a gli scritti civili di Giorgio Bassani sotto una nuova luce. Non viviamo più nel periodo del fascismo, né in Germania né in Italia.
Gli avvertimenti antifascisti di Bassani perdono quindi oggi il loro significato forte sebbene la sua confessione principale dopo il fascismo resta come leitmotiv per ogni impegno civile: «Dimenticare Buchenwald, Auschwitz, Mauthausen? Non posso accettarlo. Scrivo perché si ricordi».
Il contesto attuale è, infatti, completamente diverso da quello del periodo dal dopoguerra agli anni Settanta del secolo scorso. Esistono tuttavia molti nuovi pericoli al giorno d’oggi, dai quali Giorgio Bassani ci ha messo in guardia già a suo tempo: per esempio la depoliticizzazione della democrazia, le forme di una nuova oligarchizzazione all’interno della democrazia, il nullismo etico-politico che pervade la vita pubblica non solo in Italia. Il crescere di un regionalismo provinciale, la commercializzazione estrema dello sviluppo urbano e del territorio. Nella lotta contro questo degrado doloroso di politica e democrazia, in breve della società civile, può essere utile imparare dalle esperienze di chi ci ha preceduto e confrontarle con le nuove realtà di oggi.
E’ tuttavia possibile parlare dell’eredità spirituale, politica e civile della tradizione Bassaniana nel contesto attuale, solo se non ci si lascia andare a qualsiasi nostalgia. «Anche la migliore delle tradizioni si serve solo rinnovandola» (Vittorio Foa). A questo proposito faccio quattro fermate nel pensiero civile di Bassani da dove si può continuare il nostro viaggio civile d’oggi:
1. Italia Nostra sta a cuore all’Europa intera. Il 65% del patrimonio artistico europeo è custodito in Italia. Per questo è importante per Italia Nostra, laddove possibile, superare i confini nazionali. Per Bassani, in particolar modo negli ultimi anni del suo fervido impegno politico ed intellettuale, questo orientamento europeo era estremamente importante.
In una conversazione con Paolo Bonetti, pubblicata nel 1984 sulla Voce Repubblicana, Bassani ha parlato a lungo della sua Europa. Quella conversazione, dal titolo ‘L’Europa della cultura e della ragione’, è stata a malapena presa in considerazione dall’opinione pubblica italiana di allora. Si tratta di una sorta di testamento civile ricco di spunti di riflessione, formulati a volte con un’idealizzazione del pensiero europeo che oggi può apparire inconsueta, ma che contiene alcuni pensieri che sembrano essere profetici: «L’Europa è concepibile solo come un’Europa dei cittadini, nel significato storico e culturale della parola cittadini… Dobbiamo unire la cultura tecnica europea con quella umanistica e civile». E poi: «Dobbiamo vedere l’America come un esempio da correggere; è più avanti di noi sulla strada dell’industrializzazione totale, anche perché è un paese semplice, meno ricco delle infinite complessità europee. Ma è il frutto nostro, l’erede della nostra cultura e della nostra tradizione… Tutti, americani ed europei, siamo nati qua, da questa parte dell’Atlantico, ma noi siamo più vicini alle radici, che sono anche loro. Difendere queste radici dalla barbarie di un mondo che considera l’uomo come un semplice oggetto da consumare, è il nostro compito comune». Anche se Bassani si è distanziato molto dalla cultura del ’68, c’è sempre stata una certa vicinanza con alcuni dei pensatori di questo movimento di protesta, per esempio i tedeschi Max Horkheimer e Herbert Marcuse, la cui opera principale si intitola ‘L’uomo ad una dimensione’. Un capolavoro contro il concetto di un uomo come una cosa solo da consumare.
2. Bassani rappresenta, come ha detto una volta il suo amico Pier Paolo Pasolini, un regionalismo estremamente moderno, ovvero un regionalismo civile e non popolare. I suoi romanzi, ma anche le sue posizioni civili, sono fortemente radicate a livello regionale (nel Ferrarese), ma non sono mai solo regionalistiche, o localistiche.
Sin dall’inizio Bassani si considera anche un cittadino di cultura europea, se non addirittura un cittadino del mondo. Bassani, forse inconsapevolmente, ha anticipato l’epoca odierna della globalizzazione. Naturalmente non ne poteva prevedere le conseguenze sociali e culturali, soprattutto i movimenti migratori di massa, ma sicuramente non si sarebbe mai schierato dalla parte del regionalismo aggressivo, provinciale e nostalgico, sostenuto oggi per esempio dalla Lega Nord, ma gli stessi fenomeni si trovano quasi in tutti i paesi europei. Giorgio Bassani ha potuto sostenere la sua opinione in maniera molto chiara, non cadendo tuttavia mai in eccessi populistici.
«Volevo essere realista, ma non provinciale» così Bassani in un’intervista.
Essere un non-provinciale era per Bassani quasi un credo civile. Lo ha ripetuto tante volte a suo modo chiaro e senza nessuna retorica. Di grande attualità oggi è anche la sua versione per un’Europa meno arrogante verso gli altri: «Bisogna che l’Europa si renda conto della sua realtà spirituale e culturale: siamo un mondo di diversi e di uguali, quindi di uomini liberi. Nessuno deve ritenersi superiore, diverso sì, ma non superiore…La ricchezza dell’Europa sta nella molteplicità dei suoi talenti e delle sue vocazioni».
Detto nel 1984 ed ancora di un’attualità acuta.
3. Bassani ha descritto anche il suo impegno politico.
Oggi si parla molto della crisi dei partiti e della democrazia rappresentativa. Allo stesso tempo però si riscontra, soprattutto tra alcuni esponenti delle generazioni più giovani, un maggiore interesse per l’impegno civile e la responsabilità globale al di fuori di partiti e associazioni tradizionali. Sia in Italia che in Germania si vive oggi una forte disaffezione nei confronti dei partiti, ma questo non equivale a una stanchezza nei confronti della politica. Non si può parlare di antipolitica, ma di ricerca di altre forme di partecipazione a processi decisionali, le cui conseguenze oggi non hanno più dimensioni solo locali, bensì quasi sempre anche regionali o addirittura globali.
Volendo esprimere lo stesso concetto in maniera più accorata: per non pochi giovani di oggi – ma non solo giovani – Italia Nostra come nome sembra un po’ fuori programma. Per loro sarebbe più corretto parlare del mondo nostro (pensiamo ad esempio al grande interesse suscitato da un festival come l’Internazionale a Ferrara).
La presenza italiana in tutti i grandi movimenti e gruppi transnazionali fa notevoli progressi.
«Si deve fare della politica, ma non farla» potrebbe essere forse il leitmotiv di questo nuovo interesse politico.
4. Per far comprendere veramente ciò che l’ha mosso, sia nelle sue opere letterarie che nel suo impegno civile, Giorgio Bassani, nella conversazione con Paolo Bonetti sull’Europa, invita chiaramente e senza alcuna retorica alla lettura delle sue Storie Ferraresi: «Lo spirito insieme ebraico e cristiano è ben presente nel mio Romanzo di Ferrara. In questo libro c’è il mio messaggio all’Europa, il senso profondo del mio impegno morale e civile».
Questa tradizione di impegno morale e civile si trova anche nella vita e nell’opera di Thomas Mann che come Bassani era amico della famiglia Croce.
Sulla Germania, la Germania nuova dopo la fine degli anni fascisti, Bassani ha fatto una confessione molto importante soprattutto per i tedeschi ma anche per l’Europa in genere: «Scrivo anche per la Germania e per tutti i tedeschi che vivono in un’Europa piena del dolore e della colpa».
Bassani è stato cofondatore di Italia Nostra e la sua priorità è sempre stata la tutela dei grandi valori civili della sua amata Italia.
Ha sempre mostrato però anche una forte sensibilità nei confronti dei cambiamenti che avvengono nel mondo.
Si è sempre considerato un cittadino ferrarese, un cittadino della vecchia Italia civile, antifascista, repubblicana e negli ultimi anni del suo fervido impegno civile sempre più anche cittadino della nuova e sempre più grande Europa.

* Giornalista e socio di LeG

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