Una riforma contro la Giustizia

09 Mar 2011

È la madre di tutte le leggi ad personam: conterrà norme destinate ad essere immediatamente usate nei processi in corso contro Berlusconi, la sua genesi risponde alla volontà e all’interesse di un uomo solo, deciso ad attaccare l’attuale assetto del sistema della giustizia per ritorsione a fronte della pendenza dei giudizi penali per reati comuni che tuttora lo vedono imputato. Una partita giocata tutta all’attacco

Riforma è una parola abusata e, nel caso delle innovazioni legislative che il governo intende introdurre in tema di giustizia, consapevolmente falsificata. La parola “riforma” convoglia un significato positivo, di tensione verso un assetto preferibile e migliore rispetto all’attuale. Ma, a giudicare dai titoli dei capitoli che dovrebbero comporre la “riforma” governativa – divisione e depotenziamento del CSM, separazione totale delle carriere, sottrazione della polizia giudiziaria al controllo dei PM, limitazione delle intercettazioni, abolizione dell’obbligatorietà dell’azione penale, cd. processo breve – non si tratta affatto di un progetto mirato ad affrontare utilmente i reali problemi della giustizia, bensì di un coacervo di disposizioni accomunate solo dall’intento di indebolire la giustizia penale e disarticolare quella civile. Intento che evidentemente non appartiene alla collettività dei cittadini italiani, bensì al singolo cittadino imputato che presiede, ancora oggi, il governo.
La madre di tutte le leggi ad personam dunque: non solo perché è del tutto verosimile, sulla base delle numerose esperienze passate, che essa conterrà norme destinate ad essere immediatamente usate nei processi in corso contro Berlusconi, ma altresì perché la sua genesi risponde alla volontà e all’interesse di un uomo solo, deciso ad attaccare l’attuale assetto del sistema della giustizia per  ritorsione a fronte della pendenza dei giudizi penali per reati comuni che tuttora lo vedono imputato.
Del resto, che credibilità può mai avere una “riforma” della giustizia affrettatamente abborracciata da un imputato e dai suoi avvocati, annunciata ancor prima di essere scritta? Il permanere in carica di Berlusconi, imputato di reati comuni in ben quattro processi, crea un insostenibile conflitto istituzionale, che solo con le dimissioni potrebbe essere risolto, separando la guida del governo e del potere legislativo, da un lato, e la condizione di imputato, dall’altro. Al contrario Berlusconi intende usare il suo potere e la maggioranza parlamentare come armi da agitare contro il sistema della giustizia, reo di aver osato perseguire il detentore pro-tempore del potere esecutivo.
E infatti: la divisione e il depotenziamento del CSM costituiscono forse una priorità per i cittadini italiani? O non preferirebbero, questi ultimi, un rafforzamento degli strumenti normativi e organizzativi necessari a combattere la criminalità organizzata e quindi aumentare la loro sicurezza? La limitazione delle intercettazioni o il grottesco sistema di intrusione nella giurisdizione civile di battaglioni di soggetti privati, in sostituzione dei giudici, sono indici della volontà di migliorare la tutela dei diritti e rendere più efficiente la giustizia? O non piuttosto della volontà di limitare gli strumenti di indagine e scompaginare il processo civile, in omaggio a ben precisi interessi di una singola parte?
La “riforma” di Berlusconi contro la giustizia è un esempio lampante dell’inconciliabile contrasto tra i suoi  interessi e  obiettivi  personali e gli interessi e obiettivi della collettività dei cittadini italiani; tra il suo obiettivo di sottrarsi ai suoi accusatori  e l’obiettivo del paese di disporre di un sistema della giustizia più efficiente, uniforme, coerente ed efficace nel combattere la criminalità, nel tutelare i diritti, nel proteggere i cittadini dagli abusi dei potenti.
Se è così, spetta ai cittadini smascherare la falsa “riforma” di Berlusconi e affermare il loro diritto ad una giustizia degna di un paese civile.

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