C’è un termine ottocentesco in lingua tedesca che è tornato popolare nell’ultimo decennio: è Zeitgeist, lo “spirito del tempo”, che è poi la dominante tendenza culturale (ma oggi anche tecnologica o economico-finanziaria) di un periodo storico.
Si chiama così, Zeitgeist, l’ambitissimo summit che Google convoca ogni anno a Londra con i leader politici e i trendsetter digitali di tutto il mondo.
Individuare lo Zeitgeist corretto significa non sbagliare le mosse, interpretare al meglio i bisogni di cittadini e clienti, evitare sprechi e inutili iniziative. Per questo motivo sociologi, sondaggisti, politologi ed analisti fanno dello Zeitgeist l’oggetto principale del proprio lavoro.
Un mio caro amico americano, un diplomatico che conosce bene il nostro paese, m’ha detto giorni fa: “I miei colleghi del Dipartimento di Stato non capiscono l’Italia. Com’è possibile, si chiedono, che possiate andare avanti senza un governo che governi?”.
Lo dico vergognandomene: non mi ha colpito che li stupisse il fatto che da tempo il nostro governo si occupa solo di faccende estranee alla gestione della cosa pubblica. M’è sembrato – piuttosto – incredibile che gli americani (i tedeschi, i francesi, gli svizzeri: poco importa) non abbiano ancora capito che gli italiani hanno dovuto recuperare nella soffitta degli Zeitgeist d’epoca la consapevolezza che da un governo nulla ci si deve aspettare e che dunque ci si deve arrangiare.
Rispolverato, eccolo qua lo Zeitgeist che più italiano non si può: siamo tornati all’arte d’arrangiarsi, come subito dopo l’Unità d’Italia, negli anni della Grande Guerra, sotto il fascismo, nell’anarchica foga ricostruttrice della prima Repubblica.
Così non va bene, però. Supplire con la sola italica inventiva alle profonde carenze di sistema è illusorio quando la Banca d’Italia comunica che la crescita del Pil s’è fermata all’ 1,1% nel 2010, con una previsione dello 0,9 per il 2011 e dell’1,1 per il 2012: quegli stessi, poco svegli ma governati, americani, tedeschi, francesi e svizzeri hanno fatto e faranno molto meglio. E infatti un vero esperto di Zeitgeist, il Monitor sui Climi Sociali e di Consumo di Eurisko, ci dice che appena l’1% degli italiani pensa che la crisi sta finendo.
Affidiamoci allora a segnali che ci indicano – dicono gli inglesi: wishful thinking, pensare come se la speranza fosse la realtà – che lo Zeitgeist del futuro sarà altro rispetto all’arrangiarsi.
A caso: i ragazzi che protestano contro una brutta riforma dell’università, La Russa che risponde al Tg3 senza insultare nessuno, la canzone di Vecchioni stravotata a Sanremo, i malumori della base della Lega che si rende conto che questo federalismo ha il sapore di bufala, l’impegno dei nostri militari in missione all’estero.
Sandra Bonsanti, l’organizzatrice della manifestazione del PalaVobis di inizio febbraio, propone di andare oltre lo wishful thinking, “riempendo le strade della democrazia di parole e pensieri che comunque arricchiscano il cittadino che le abita”.
Come? Andando nelle città e nei paesi a cercare contatti diretti con i cittadini, praticando “l’informazione che nessuna (o quasi) rete televisiva, nessun dibattito urlato, nessuno scontro di uno contro l’altro offre a coloro che sono interessati a riceverla”. Si può, insomma, cercare “di incontrare e parlare senza animosità con coloro che fino ad oggi non la pensavano come noi o non pensavano affatto”.
Forse lo Zeitgeist, lo spirito del tempo di cui abbiamo bisogno è, semplicemente, provare a dialogare. Ma non pare – anzi! – che il dialogo costruttivo sia quanto vogliono quelli che dicono di governarci senza governarci affatto.
Ieri sera ho visto il film”Operazione Valchiria”in cui un gruppo di alti ufficiali cercano di eliminare Hitler.Ebbene mi è rimasta impressa una frase di uno di questi ufficiali:”Dimostriamo al mondo intero che non siamo tutti come lui”riferito naturalmente al Fuhrer.Ecco ciò che noi dobbiamo fare,mi sono detto.Dimostrare a tutti che con l’educazione,il coraggio morale, il dialogo,la forza dell’etica e della cultura possiamo ridare il sorriso al nostro Paese.
Dialogare da subito con tutte le persone capaci e responsabili per costruire dal basso opportunità di miglioramento in tutti i settori e per tutti: questa è la sola via d’uscita e il tempo stringe
Ok, bellissimo, ma ricordo una frase, che cito a memoria, che Tolstoj attribuisce al generale Kutuzof al momento dell’invasione francese – è inutile agitare il fioretto davanti a chi agita il randello – ( il senso è quello).
Ora noi siamo in guerra o siamo sotto attacco per la precisione, da parte di mandrilli armati di ossa e bastoni.
Quindi dialogo con chi? Con Francisco Franco? Con tutti i Francisco Franco d’Italia. E bona sera. E poi perché. Mi dispiace fare il grillo parlante ma quella gente non è un prodotto della deriva televisiva, dell’inculcamento berlsuconico. È dal ’45 che esistono i bellusconi. I signori del tento sono tutti uguali. L’Italia non ha mai fatto, come la GERMANIA, un mea culpa per nulla. Non si è mai arresa alle proprie responsabilità. Non ha subito epurazioni. Anzi le ha fermate. Non ha formato un esercito o una polizia repubblicane: le ha riformate da quelle fasciste. Chi sono i nostri ufficiali e perchè chiacchierano tanto con Ignazio? Che cosa chiede loro, che cosa promette, a parte 135 inutili caccia. La classe dominante è immutata dal 1918, legge il Corriere della Sera e inizia qualunque dialogo con “tuuttto beeene, signooora?” Qualcuno ha sentito parlare la Marcegaglia? Marchionne? I moderati? Erano lì nel 22 a pagare BM per vedere che cosa succedeva e hanno pagato dal ’94 SB per guardare che cosa sarebbe successo. “O gesumaria ma quel lì l’è matt recita la Marcegaglai nelle sue preghierine della sera, che per lei incomincia presto si sa. Riguardare “Una vita difficile” con Sordi per vedere tutti i bellusconi di tutti i secoli. Ma quale dialogo, no no io non voglio dialogare con costoro. Io sto dalla parte di quelli che sono morti per la Repubblica. Non voglio una Confindustria migliore nè un PDL meno schifoso. Non li voglio e basta e credo di averne diritto. Se non me lo predno non chiedo il permesso. Mio padre si ruppe la schiena per non morire tra le mani dai nonni e bisnonni in orbace di quelli lì. Se non si è in grado di fare la guerra anche pacifica e di massa si ottiene poco. Niente dialogo nè ora nè mai. Viva la Repubblica, per vincere subito.
Purtroppo ci vedo male e scrivo dal letto perché sono malato. Mi scuso per i molti errori di battitura del messaggio appena postato. Pad
Concordo pienamente con quanto lei sostiene nel suo articolo e ovviamente con l’idea di Sandra Bonsanti. Credo che sia un processo indispensabile. Vi è un’insofferenza sempre più diffusa per dibattiti, che si risolvono solo in insulti, perchè non si è più capaci, o non si vuole, argomentare adeguatamente e rispettosamente la propria posizione. Solo un’operazione di tipo informativo-culturale, avvicinandosi alla gente, potrà produrre l’idea che un’altra realtà è possibile. Ne sono talmente convinta, che con lo stesso vostro obiettivo ho deciso di impegnarmi, insieme a un gruppo di altri professionisti, alla costruzione di uno spazio informativo e di confronto su Internet che si occupi di temi che contribuiscano alla costruzione di una vita di qualià, aperti alla cooperazione con persone con competenze professionali diverse. Siamo, perciò, molto interessati alla vostra proposta, anche perchè crediamo fermamente che si debba tentare di puntare a forme di cooperazione e convergenza per essere realmente efficaci. In un Paese che si vuole dividere, ora più che mai dobbiamo essere insieme. Saremmo lieti, pertanto, di ricevere vostre informazioni e di poter contribuire in qualche forma, se possibile, alle vostre iniziative.
La Costituzione (e la scuola pubblica) si difende con la Costituzione. Con la Democrazia Diretta insita nell’art.71 e 1, la Società Civile “DETTA LA LEGGE”, contro la casta, per le riforme.
COSA SUCCEDE AD UN UOMO QUANDO VEDE SOLO I PROBLEMI
E DIMENTICA LE PASSIONI?
NON DELEGARE AD ALTRI LE SOLUZIONI !
PER PROGETTARE IL FUTURO CI VUOLE CUORE E FOLLIA !
METTETITI IN GIOCO !!!
scusatemi, ma non capisco: Dialogare? con Capezzone? con Cicchitto? con Lupi? con Santanchè? con Ferrara?
secondo punto: e dialogare su che cosa? sui comunisti che infangano Berlusconi? sulla magistratura che rema contro?
terzo punto: con quali parole? forse con la parola “riforma”? forse con la parola “libertà”? forse con le parole amore/odio?
gentile sig. Giua, che fare quando le cose sono state svuotate di significato?
quando facevo le elementari, la maestra ci faceva fare le equivalenze: da metri in centimetri, da decilitri a litri e così via. Si rimaneva all’interno di un senso coerente e i decilitri potevano “dialogare” con i litri!
Adesso la chiave per comprendere le parole è quello di decodificarle esattamente con il loro contrario.
Altan lo ha capito da tempo, con questo semplice dialogo: “Poteva andare peggio?” “No”
Saluti.
Silvana
la penso come Silvana e che “al randello non si risponde col fioretto”.
Ieri sera non ho seguito Annozero, non ho seguito Ballarò etc… NOn ne posso più di chiacchere. Sono daccordo sul dialogo, come dice Rossella , si a tutte le parole ma DOPO, dopo che avremo mandato a casa la cricca.
E questo si fa in piazza perchè non ho nessuna fiducia nelle opposizioni.
Con i politici del centrodestra non ci può essere dialogo, perché concepiscono solo il monologo di Berlusconi. E molti elettori non sono da meno. La priorità, come detto da altri interventi, è mandare a casa questo governo. A questo scopo l’unico dialogo fruttuoso potrebbe essere con quell’aria grigia di elettorato e di opinione pubblica che spesso rimane alla finestra, ma che potrebbe schierarsi più nettamente se resa consapevole dei rischi che la nostra democrazia sta correndo.
Vorrei cortesemente contestare chi afferma che col dialogo non si va da nessuna parte.Prima di tutto non è che dobbiamo parlare coi Cicchitto,Capezzone,Santanchè,Lupi,Ferrara.Costoro non avrebbero nè l’intelligenza nè la correttezza di ascoltarci.Bisogna invece riuscire,anche se è scomodo,a dialogare con gli indifferenti,gli indecisi o come dice Antonio con coloro che solitamente rimangono alla finestra.Se non si riesce ad allargare il numero degli scontenti convincendoli a partecipare quantomeno alle manifestazioni di protesta,non si va da nessuna parte.Se il 13 febbraio eravamo un milione nelle piazze il 12 marzo dobbiamo essere almeno il doppio.
Roberto, ma credi che ci siano ancora degli “indecisi” o meglio delle persone in “buona fede”?
Non credi che anche quest’ultima (banalissima) vicenda della non presentazione in tribunale di Berlusconi (dopo anni che non si presenta a nessun invito di comparizione, dopo innumerevoli tentativi di far approvare leggi salva-silvio, dopo insulti in tutte le salse ai magistrati), giustificata con un “io volevo andare, ma il mio avvocato mi ha impedito di farlo” (!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!), credi che ci possa ancora essere qualcuno che abbia la buonafede dell’indecisione? La cose sono sotto gli occhi di tutti, e come dice PG Battista, “Ha fatto tutto lui”.
Che cosa significa “essere indecisi”?
La prima decisione da assumere non è tanto quella di schierarsi con un gruppo, quanto quella di dissociarsi da quel manipolo di farabutti.
Silvana
è evidente che il 12 marzo i numeri conteranno molto ma penso che debba ancora succedere qualcosa di forte per smuovere questa opposizione dai dibattiti televisivi.
Ci sono momenti in cui si deve parlare, dialogare e discutere educatamente poi viene il tempo dell’azione e se non lo fa chi è stato eletto da me a chi passa la mano?
“I ragazzi che protestano contro una brutta riforma dell’università “,quale riforma di grazia ?,”La Russa risponde al TG3 senza insultare nessuno”,La Russa soltanto ? e tutti gli altri maturati negli organismi estremi delle piazze del 68 o con le catene ed i pugni di ferro agli ingressi di licei e istituti tecnici,accasati oggi alcuni di essi nei media o negli emicicli della politica con sedie imbottite ?,”la canzone di Vecchioni stravotata a Sanremo,i malumori della base della Lega che si rende conto della bufala”… fiscale municipale travestita da federalismo,propinatagli dai prodotti della PORCATA elettorale di famiglia,allocati comodamente nel Parlamento ubicato nella “Roma ladrona”(ed i cappellacci dell’Italia unita pagano,pagano con generosità !).
Proviamo pure a dialogare,come in effetti avviene dietro le quinte,mentre sul proscenio le parti si “indignano” o dichiarano “inaccettabili” gli escrementi altrui.
Apoteòsi !.