I dadi truccati

18 Feb 2011

Fa i calcoli e sorride, Berlusconi. Ha visto i dati dell’ultima compravendita, ritiene che altri acquisti seguiranno, e dunque ostenta sicurezza. Non è ancora sopra la linea di galleggiamento, ma pensa di poterla raggiungere presto. I mezzi non gli mancano, trasformismo e servilismo gli offrono un grande mercato tanto a Montecitorio quanto a Palazzo Madama.

Fa i calcoli e sorride, Berlusconi. Ha visto i dati dell’ultima compravendita, ritiene che altri acquisti seguiranno, e dunque ostenta sicurezza. Non è ancora sopra la linea di galleggiamento, ma pensa di poterla raggiungere presto. I mezzi non gli mancano, trasformismo e servilismo gli offrono un grande mercato tanto a Montecitorio quanto a Palazzo Madama. In queste condizioni, può usare la tattica del camaleonte, animale che modifica il colore della pelle per mimetizzarsi, ma anche, come spiega il Devoto, nome usato per “persona facile a mutare opinioni, specie in politica”. Lui, il Cavaliere, si è sempre presentato come il “presidente del popolo”: dal popolo scelto e che solo il popolo può cacciare. Ma, al momento, questa visione plebiscitaria e peronista viene messa in ombra. Torna utile presentarsi come il più tenace parlamentarista, facendo il conto degli scanni scandalosamente conquistati. Conviene appellarsi alla “sovranità del Parlamento” per opporsi all’azione della magistratura. Qui cercherà il modo per sfuggire alla Procura di Milano. Tenterà di non entrare direttamente in rotta di collisione con i giudici, di non attaccare e offendere la Consulta. Al lavoro sporco ci pensano gli avvocati che ha fatto eleggere in Parlamento, ci pensa il ministro della Giustizia che anche lui si prodiga a fare da avvocato al premier. Il Camaleonte, in questa fase, preferisce la maschera della serenità. Ma la tattica non cambia. L’obiettivo è fermare il verdetto dei giudici. Ed è ovvio che tutte queste mosse si svilupperanno in una cornice di tensione crescente. Che il Cavaliere tornerà a caricare a testa bassa. Sul tavolo del Consiglio dei ministri è stato posto il pacchetto giustizia, con i disegni di legge che scardinerebbero il nostro ordine giudiziario.

È risaputo: la tattica berlusconiana si riassume nella determinazione a resistere. Il Cavaliere intende rimanere legato, con tutti i mezzi, alla poltrona. E la tenuta del suo governo è incoraggiata dallo smottamento progressivo di Futuro e Libertà. La compravendita di senatori e deputati sta terremotando il partito di Fini, già scosso dalle lotte intestine esplose al congresso di Milano. Il progetto di europeizzare e modernizzare la destra italiana è ormai in piena crisi. Si teme la slavina perché molti non intravedono un altro campo oltre il centrodestra berlusconiano. Ci sono in ciò gli errori di strategia e di gestione del presidente della Camera. Ma c’è anche il quadro, più fosco, di uno scandalo politico, che emerge dalla maniera indecente con cui gli uomini del Cavaliere stanno “allargando” la maggioranza di governo. Fini ha denunciato le “armi seduttive” di un premier che si avvale della forza assicuratagli dalla sua immensa ricchezza economica. Ma ben altra valenza politica avrebbero avuto queste accuse se il presidente della Camera si fosse a suo tempo dimesso dal suo incarico istituzionale. Non l’ha fatto, e ora la crisi del Fli condiziona anche altri settori dell’opposizione.

Siamo in una situazione sempre più insostenibile. È sotto gli occhi l’insufficienza, anche morale e civile, della maggioranza, ma l’opposizione segna il passo. Le proposte di Bersani non hanno avuto successo. Casini si è chiamato fuori dall’ipotesi di una grande Alleanza democratica, avanzata dal segretario del Pd. I centristi intendono correre da soli, convinti che il terzo polo sarà “determinate al Senato” e che, a questo punto, da posizioni di forza, potrà lanciare l’idea di una larga coalizione estesa a “tutte le forze responsabili”. In realtà, l’opposizione ha perso il momento buono: non ha concretamente operato quando Berlusconi era in apnea. Ci vorrebbe un progetto forte, la consapevolezza di un dovere alto, che supera gli interessi delle singole forze politiche, privilegiando l’esigenza superiore di ripristinare le regole di una normale democrazia e di restituire prestigio alle istituzioni. Poi, raggiunto questo scopo, i partiti riprenderebbero la loro autonomia e ciascuno riprenderebbe il proprio cammino. Solo questo cemento potrebbe dar corpo alla grande Alleanza. Nell’attesa, Berlusconi continua a giocare la sua partita. Con i dadi truccati.

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