Zagrebelsky: così la società civile aiuta la democrazia

17 Feb 2011

La crisi della democrazia, dice l’ex presidente della Corte costituzionale, discende dalla crisi della politica; questa è vitale quando sa indicare ai cittadini scelte chiaramente differenziate, mentre viene messa in sonno se sulle opzioni di fondo non vengono proposte vere alternative.

Nel Salone del Maggior Consiglio, gremito, Gustavo Zagrebelsky ha parlato martedì 15 di “Democrazia e populismi”. L’intervento si è svolto all’interno di un ciclo di Letture sulla democrazia nell’età della globalizzazione che l’attivissimo presidente della genovese Fondazione di Palazzo Ducale, Luca Borzani, ha organizzato insieme al circolo di Libertà e Giustizia e con l’appoggio dell’Associazione Il Mulino.
Zagrebelsky ha osservato anzitutto che la democrazia è difficile; significa che ognuno si sente parte di una società, contribuisce a governare la comunità in cui vive e perciò se ne sente parte, il che implica che rinuncia a vantaggio di questa a qualche scelta che egoisticamente potrebbe essergli vantaggiosa.
Dall’immediato dopoguerra vengono fatte rilevazioni sulla presenza di strutture democratiche (definite su precisi indicatori) nei paesi del mondo; la lista di quelli che hanno, in qualche forma, strutture rispondenti ai requisiti minimi si è andata costantemente allungando, ma la qualità delle istituzioni democratiche è andata diminuendo, anche nei paesi che sono da sempre presenti nella lista. E’ per questo che si parla spesso di crisi della democrazia.
La crisi della democrazia, rileva Zagrebelsky, discende dalla crisi della politica; questa è vitale quando sa indicare ai cittadini scelte chiaramente differenziate, mentre viene messa in sonno se sulle opzioni di fondo non vengono proposte vere alternative. Il “pensiero unico”, con il mercato come riferimento indiscutibile, ha determinato questa situazione.
La democrazia, anche terminologicamente, è l’opposto della autocrazia. Questa ricompare invece, in forma di populismo, quando all’interno di un sistema formalmente democratico, con libere elezioni, il potere si concentra nelle mani di un leader, la cui immagine emerge proprio perché si attenua la politica; in termini istituzionali, ciò corrisponde alla riduzione, se non alla scomparsa, del sistema di pesi e contrappesi che è stato costruito nei secoli. Come esempi della deriva in atto Zagrebelsky si è riferito non solo al caso italiano, ma anche alle situazioni finora presenti in quei paesi arabi che in questo momento stanno tentando di uscirne.
Facendo anche riferimento alla propria esperienza di Presidente “onorario” di Libertà e Giustizia, Zagrebelsky ha concluso individuando proprio nei movimenti dal basso, nelle associazioni espressioni della società civile che si organizza, uno strumento dal quale si può partire per invertire la tendenza.
Martedì 22 il ciclo genovese continua; Roberto Escobar e Carlo Rognoni parleranno di democrazia e comunicazione, e il tema dei rischi per la democrazia derivanti dalla concentrazione del potere ritornerà all’attenzione.

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