Il caos nella corte del sultano

02 Feb 2011

Il Grande Bugiardo aggiorna il copione. Nella commedia degli inganni, ha ora il ruolo di protagonista il rilancio dell’economia, la libertà d’impresa. Ritorna sulla scena l’articolo 41 della Costituzione. Prima lo muoveva Tremonti, ora la muove Berlusconi, ma resta l’eterno alibi col quale si cerca di giustificare l’impotenza del governo.

Il Grande Bugiardo aggiorna il copione. Nella commedia degli inganni, ha ora il ruolo di protagonista il rilancio dell’economia, la libertà d’impresa. Ritorna sulla scena l’articolo 41 della Costituzione. Prima lo muoveva Tremonti, ora la muove Berlusconi, ma resta l’eterno alibi col quale si cerca di giustificare l’impotenza del governo. Già, senza cambiare la carta costituzionale, il governo del “sinistro” Prodi aveva avviato le prime liberalizzazioni, mentre il “liberale alle vongole” Berlusconi (come l’avrebbe chiamato Mario Pannunzio) si è preoccupato di osteggiarle e affossarle. Ma volete che il Cavaliere tenga conto di questi particolari? Lui ha bisogno di lanciare qualche fumogeno in campo. Per sollevare un altro grande polverone, così da dirottare l’attenzione dal caso Ruby alle questioni economiche e sociali. Però, la sola cosa che lo preoccupa è di dover rispondere ai giudici di ciò che ha fatto. E, quindi, nel gabinetto di guerra, chiamato a fissare l’agenda del Consiglio dei ministri di venerdì, di questo si è soprattutto parlato. Si è riproposto il processo breve, vale a dire una forma di amnistia per il premier. E si è ipotizzata una manifestazione di piazza contro la magistratura. Salvo poi dover fare una frettolosa marcia indietro. Evidentemente, ai più prudenti tra gli uomini del Cavaliere è sembrato che questo fosse davvero troppo. E che la locomotiva berlusconiana, per l’occasione guidata dalle signore Brambilla e Santanchè, sarebbe andata a sbattere nella sua folle corsa.

Grande confusione regna alla corte del Sultano. Berlusconi è accerchiato e isolato come mai gli era capitato nella sua lunga stagione politica. Ma lui parla, almeno ufficialmente, come se tutto filasse a meraviglia. Domani dovrà affrontare due passaggi cruciali: il voto sul federalismo e quello sul caso Ruby. Tuttavia, è convinto di farcela. Nella Bicameralina, i numeri sul federalismo sembrano bloccati: quindici a quindici. Se dovesse prevalere la tesi del ministro dell’Interno Maroni, sarebbe crisi di governo e scioglimento delle Camere. Però, Bossi è più cauto: trattandosi di un voto consultivo, cioè non vincolante, si può provare ad andare avanti. Sul Rubygate, il rapporto di forze è più confortante per il governo. Nell’aula di Montecitorio, ci sono i numeri per respingere la richiesta della Procura di Milano. Anzi, il Cavaliere conta di accrescerli. In questi ultimi giorni, la campagna acquisti si è chiusa per il calcio, ma è ripresa per il Parlamento a pieno ritmo. Al premier non mancano i mezzi per favorire le conversioni dell’ultimo momento. O vogliamo pensare che gli “aiutini” si debbano dare solo alle ragazze delle notti di Arcore? A proposito: sono spuntati anche i bonifici a favore di Noemi Letizia, la bionda fanciulla “cresciuta nei valori del Vangelo e del mito di Silvio Berlusconi”. Come direbbero a Roma: “Non ci posso credere….”

In queste condizioni, che il governo possa davvero operare per il rilancio dell’economia è una bugia che non inganna nessuno. Sventolando questa bandiera, Berlusconi non ha voluto solo distogliere l’attenzione dalle Papi girls. Si è preoccupato anche di riaffermare la sua leadership nel centrodestra. Da tempo, c’è chi pensa a Tremonti per una transizione morbida che chiuda col berlusconismo. E allora, il Cavaliere, rompe gli indugi, e si intesta la guida della politica economica, finora appaltata al superministro. “Non ci sono che io e solo io”, vuole dire. Si vada alle elezioni anticipate oppure no, non c’è altro candidato premier. Il suo declino appare inarrestabile, ma lo spinge verso l’azzardo continuo. Ha l’ansia febbrile di chi ogni giorno deve restare attaccato al potere. In qualsiasi altro paese, in Francia come in Spagna, in Germania come in Gran Bretagnia, dalla sua stessa maggioranza gli sarebbe stato chiesto di dimettersi. Da noi, gli alleati non ritengono questa iniziativa necessaria: non avvertono il sentimento di umiliazione per lo stile di vita del premier, il disfacimento e il degrado che corrodono il tessuto politico, etico, sociale. Né l’opposizione ha, in questa fase, la forza per rovesciare il governo. Il filo che sorregge Berlusconi a Palazzo Chigi è sempre più sottile. Ma ancora tiene. A meno che Bossi non decida di tagliarlo.

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