D’Alema: una tattica che smuove qualcosa?

31 Gen 2011

Ha senso mettere insieme un’alleanza forzosa e innaturale? L’unica sarebbe darle dignità. C’è bisogno di una legislatura costituente che rifondi la democrazia su regole certe e condivise. Ma quale democrazia? E quali regole?

Il nome di Massimo D’Alema, si sa, suscita sentimenti contrastanti nel popolo di centro sinistra: alcuni lo amano, molti lo detestano. E così la sua ultima proposta ha subito provocato un vespaio di polemiche: c’è chi la giudica l’ennesima alchimia politicista foriera di disastri e chi la ritiene una trovata ingegnosa. Ma se proviamo ad analizzarla a mente fredda, vediamo che potrebbe trattarsi di un espediente tattico di qualche utilità.

Dunque: tutti sanno che, se si andasse alle elezioni ora con l’attuale legge elettorale, con grande probabilità avremmo un Berlusconi vincente alla Camera e perdente al Senato, con conseguente stallo parlamentare e la necessità di formare un governo di grando coalizione di cui, però, il Cavaliere dovrebbe essere partner essenziale. L’unico modo per evitare questo risultato sarebbe di coalizzare tutte le opposizioni antiBerlusconi, che sulla carta avrebbero la maggioranza in entrambi i rami del Parlamento. Sulla carta, però. Perché una simile alleanza, così forzosa e innaturale, rischierebbe di disgustare molti elettori sia del Pd che del Terzo Polo. Immaginate le corazzate mediatiche berlusconiane intente a cannoneggiare “l’ammucchiata”, “l’armata Brancaleone”, e Fini e Casini che “sono andati a sinistra”. Potrebbe finire con un Cavaliere vincente sia alla Camera che al Senato.

Non se ne esce. A meno di non riuscire a dare dignità a questa eterogenea coalizione.

Questo potrebbe dunque essere il significato della mossa dalemiana. Se siamo in piena emergenza democratica, se dobbiamo ricostruire le regole della civile convivenza distrutte dalla barbarie del berlusconismo, allora ha un senso mettere insieme forze distanti, e che tuttavia si riconoscono tutte in quegli obiettivi minimi ma essenziali. La reazione di Casini conferma questa interpretazione: se arrivassimo all’emergenza la proposta di D’Alema meriterebbe un’attenta riflessione, ha detto l’ex presidente della Camera. E gli stessi finiani, pur molto attenti, e per ovvie ragioni, a marcare la loro differenza con la sinistra, arrivano a conclusioni molto simili.

Tutto questo significa che ci si sta preparando al precipitare della situazione, e che la coscienza di dover dare dignità politica e programmatica ad un’ipotetica alleanza di tutti contro il Cavaliere è ben presente nei protagonisti maggiori della vicenda.

Così però ci si inoltra in un campo minato. Perché la dignità politica e programmatica è tutta nel proporre agli elettori una legislatura costituente che rifondi la democrazia su regole certe e condivise. Ce n’è bisogno, certo: tutti vedono l’abisso in cui siamo precipitati. Ma quale democrazia? E quali regole? Qui il presidenzialista Fini e il proporzionalista Casini la pensano in modo assai diverso, e anche il Pd è diviso. D’Alema immagina un referendum che chieda agli elettori se preferiscono la repubblica parlamentare o quella presidenziale. Ma poi chi dovrebbe dar seguito al verdetto referendario? Un Parlamento di nominati, come sarebbe anche il prossimo se non si cambia prima il Porcellum? Anche con Berlusconi fuori gioco, l’interrogativo resterebbe inquietante. Meglio, allora, proporre l’elezione di un’assemblea costituente, magari scarna, dove i vari sistemi possano essere valutati con serietà e competenza.

Tutto questo, però, è al momento solo un gioco intellettuale. Perché se Berlusconi si dimettesse, allora potrebbe entrare in campo un altro governo, presieduto magari da Tremonti, al quale si potrebbe chiedere la riforma della legge elettorale, che riporterebbe la politica su binari più normali. Ma se Berlusconi si incaponisse a restare, come è molto probabile che faccia, allora il problema di rendere digeribile per gli elettori una grande alleanza antiberlusconiana si riproporrebbe. E vedere che Pd e Terzo Polo cominciano a lavorarci è un buon segno di consapevolezza. Sarebbe bene che Di Pietro e Vendola facessero altrettanto.

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