Zagrebelsky: Berlusconi scapperà come Craxi

20 Gen 2011

Silvia Truzzi

“Da una parte c’è un’idea di democrazia secondo cui chi è eletto è sotto la legge. Gli altri pensano che chi viene eletto sia sopra la legge”, è la sintesi della lunga intervista rilasciata da Gustavo Zagrebelsky al Fatto Quotidiano

Qualcuno in Piemonte – oltre a presunte fidanzate di cavalieri inesistenti – guarda con attenzione alle evoluzioni dell’inchiesta milanese sul presidente del Consiglio: Gustavo Zagrebelsky, presidente dell’associazione Libertà e giustizia, che ha pubblicamente chiesto le immediate dimissioni del premier. Professore, nell’appello scrivete: “In nessun altro Paese democratico un primo ministro, indagato per così gravi capi di accusa, rimarrebbe in carica”. La situazione è esplosiva: si confrontano nel Paese due contendenti ed entrambi fanno leva sulla parola democrazia. Da una parte chi pensa che il presidente del Consiglio debba dimettersi, dall’altra chi pensa sia in atto una congiura antidemocratica ai danni del premier. L’Italia è spaccata.

Come può accadere?

Qualcuno fa un uso privato della parola democrazia.

Cioè?

Da una parte c’è un’idea di democrazia secondo cui chi è eletto è sotto la legge. Gli altri pensano che chi viene eletto sia sopra la legge.

Il consenso elettorale sarebbe uno scudo giudiziario automatico?

Volendo semplificare, è la vecchia antitesi di Aristotele tra governo delle leggi e governo degli uomini. Nel secondo caso, chi detiene il potere produce le leggi che gli fanno comodo. La differenza tra queste due concezioni di democrazia che oggi albergano, fronteggiandosi, in Italia è che una corrisponde alla democrazia liberale – ed è una conquista delle due Rivoluzioni, francese e americana –; l’altra può avere una pericolosa deriva autocratica. Berlusconi non a caso ha evocato, in un discorso a proposito di un suo processo, il giudizio dei ‘pari’: lui può essere giudicato solo dagli eletti in Parlamento e non dai magistrati.

C’è un modo per conciliare le parti?

Mi pare che il presidente della Repubblica stia cercando di far dialogare queste posizioni estreme.

Nell’appello di Libertà e giustizia si chiede un intervento tempestivo da parte del Quirinale.

È il ruolo del Colle, secondo la nostra Costituzione. Napolitano può far sentire la sua voce per denunciare questo scollamento. Che è preoccupante.

Siamo arrivati all’ultimo atto?

O vince uno o vince l’altro.

Vede rischi?

Questa situazione è destinata ad andare avanti fino allo scontro finale, che non esclude prove di forza. Ma certo queste non saranno a opera dei giudici.

Che significa “prove di forza”?

Manifestazioni, boicottaggi. D’altra parte il presidente del Consiglio dice di non riconoscere i giudici.

Il ministro Mara Carfagna in tv ha detto: “La Procura di Milano è un nemico politico da 16 anni”. Discorso eversivo?

Certo. Ed è pericoloso perché queste cose all’inizio si dicono timidamente. Poi, a furia di ripeterle, diventano verità assolute. Goebbels diceva: una menzogna ripetuta mille volte diventa verità. È la propaganda. Un deputato del Pdl ha detto che l’iniziativa della Procura di Milano è un golpe.

Passano per certezze di rango costituzionale bufale incredibili. Tipo la competenza del Tribunale dei ministri.

Sì, qualcuno si è inventato questa tesi e l’ha messa in giro da qualche giorno. Bisognerebbe dimostrare che intervenire nella procedura di affidamento di un minore fermato rientra nelle funzione del presidente del Consiglio dei ministri. Non basta che il reato sia commesso mentre l’indagato è in carica come Primo ministro. La Costituzione sennò sarebbe stata formulata così: “Per tutti i reati commessi durante il mandato dei ministri e del presidente del Consiglio…”. Invece si parla di “esercizio delle proprie funzioni”. Vuol dire che, durante il mandato, i membri del governo possono commettere due tipi di reato: comuni e afferenti alle competenze. Ma l’esercizio delle funzioni del presidente del Consiglio consiste in atti politici. Non in atti finalizzati a coprire le proprie magagne personali.

Torniamo a Napolitano. Ha detto: si faccia chiarezza in fretta.

Il senso del suo discorso credo sia: si smetta di alimentare lo scontro istituzionale. Deve essere la Cassazione a dire se l’iniziativa dei pm è sbagliata. Mi pare che Napolitano sia preoccupato, perché il fine di questo scontro sembra la prevalenza di una parte sull’altra. Non può essere così.

Se il presidente della Repubblica è così preoccupato del tentativo di elusione della legge, avrebbe potuto esercitare il potere di rinvio delle varie leggi ad personam.

Sono due cose diverse. Questa vicenda va oltre, perché al fondo ha semplicemente il tentativo di una persona di sottrarsi ai giudici. Del resto è la ragione di fondo della ‘discesa in campo’ di Berlusconi. La sorte di questo signore, nel momento in cui non fosse più presidente del Consiglio, sarebbe segnata non politicamente, ma giudiziariamente.

È l’anomalia italiana.

La democrazia è un sistema in cui, quando un Primo ministro cessa di essere tale, torna a casa sua. Tutti gli altri regimi implicano che la fine di una carriera politica sia traumatica.

Come se ne esce?

Si aspetta che si creino degli anticorpi all’interno della maggioranza. E si continua a insistere: non esistono due democrazie, ma una sola. Che ha due gambe: il diritto e il consenso degli elettori.

Ci sarà un redde rationem?

Non vedo una via di uscita tranquilla. Immagino qualcosa di simile alla vicenda Craxi. Il regime personalistico non prevede alternative. Leo Strauss e Alexandre Kojève nel loro Sulla Tirannide riportano un dialogo di Senofonte tra Gerione, tiranno di Siracusa, e il poeta Simonide. Gerione dice: non ho nemmeno la possibilità di ritirarmi a vita privata, perché sarei inseguito da tutti coloro verso i quali ho commesso soprusi. Posso solo scegliere di sparire.

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