Sondaggi, premier pigliatutto (mentre il Pd si divide)

28 Dic 2010

Il punto sui dati diffusi da sondaggisti, istituti di ricerca e politologi. Il partito di Berlusconi è sempre in testa nelle preferenze degli elettori, anche se in calo rispetto alle politiche del 2008. Che fare? Divisi si perde è il coro degli osservatori, ma il principale partito d’opposizione fatica a tenere insieme i suoi pezzi.

Festeggiato il Natale, con il Parlamento ancora in vacanza, forse ci si può esercitare in una riflessione sulle più recenti analisi, sondaggi, indagini che magari sono state trascurate proprio per il periodo di pausa nella quale sono state rese note. Purtroppo anche la conferenza stampa della triade del Pd, Bersani, Bindi, Letta del 23 dicembre è caduta quasi nel disinteresse generale, salvo poche eccezioni tra i commentatori politici. Mentre lo spazio maggiore, esorbitante, anche alla vigilia di Natale e dopo, hanno avuto su tutti i media, come al solito, gli interventi vari (conferenza stampa, interviste, messaggi e allocuzioni) di Berlusconi.
Ciò che anzitutto impressiona (e delude) è che nei sondaggi più recenti ed attendibili, il partito del premier sia tuttora in testa nelle preferenze degli elettori, anche se in calo rispetto alle politiche del 2008, con un buon margine sull’opposizione. Dopo tutto ciò che è avvenuto nell’ultimo anno e mezzo cioè da maggio del 2009 (dalla lettera della moglie Veronica su “mio marito è malato”, agli scandali della “cricca” su appalti e favori, all’espulsione dal Pdl di Fini, ai “festini” nelle varie residenze del presidente del consiglio, al processo Mills per corruzione, al rifiuto di Berlusconi di presentarsi ai giudici con le leggi “ad personam”, alla condanna di Dell’Utri, al baciamano a Gheddafi, a Putin “dono di Dio”, etcetc). Insomma è successo di tutto. In un qualsiasi paese occidentale democratico un premier così discusso, accusato e imputato, avrebbe sentito il dovere di dimettersi o sarebbe stato comunque travolto dagli scandali e il suo partito sarebbe precipitato nelle preferenze.
Secondo il sondaggio Ipr sulle intenzioni di voto (non è ancora escluso che in primavera-estate 2011 si debba tornare alle urne: si vedrà meglio alla fine di gennaio), reso noto tre giorni prima di Natale, il Pdl è accreditato del 29-29,5 per cento, per cui la maggioranza, in coalizione con la Lega (12%) e la Destra di Storace (1,5%), sarebbe attestata su un risultato di 42,5-43 per cento.
L’opposizione di centrosinistra avrebbe il 39,5% se unita in un Nuovo Ulivo (Pd 25,5%, Vendola 6,5, Idv 5, più Verdi, radicali e Psi 2,5). Resterebbero fuori dalla coalizione il movimento Cinquestelle di Grillo (2%) e la Federazione della sinistra (1,5).Se invece il Pd si presentasse alleato al cosiddetto Terzo Polo (ma senza tutta la sinistra unita, da Vendola a Di Pietro ai socialisti, col 16%) avrebbe qualche decimale in meno, il 39%. In particolare, Casini, Fini, Rutelli ed Mpa potrebbero portare il 12,5-13,5 %. Insomma, rebus sic stantibus, divisi si perde. Almeno nelle votazioni per la Camera dei deputati. Al Senato, dove il premio di maggioranza è calcolato, come Costituzione prevede, su base regionale, non è certo che Berlusconi e coalizione riescano a prevalere in termini di seggi, perchè in numerose realtà locali la presenza del Terzo Polo farebbe scattare il vantaggio a favore del centrosinistra, danneggiando Pdl e Lega. Anzi, secondo una indagine di Libertiamo.it (9 dicembre) l’attuale coali- zione di governo otterrebbe tra i 147 seggi (11 sotto la soglia minima) o addirittura, nello scenario più sfavorevole, 136 senatori. Ma la quota di seggi per governare (158-159) non sarebbe raggiunta singolarmente neppure dagli altri due raggruppamenti che, separati, si dividerebbero le poltrone di palazzo Madama. Si avrebbe quindi, con ogni probabilità, una situazione inedita di ingovernabilità nella Camera alta. Inutile ora inoltrarsi nell’esaminare le possibili soluzioni (scioglimento del solo Senato, Grande coalizione, Terzo Polo conteso tra destra e sinistra, nuove elezioni).

L’astensione nelle urne sarà certamente alta, tra il 30-35 per cento. E peraltro si teme – francamente – che Berlusconi, che in campagna elettorale offre il meglio di sé, diciamo così, possa recuperare un paio di punti in percentuale tra i delusi (“Meno tasse per tutti”, “Via l’Ici” : ricordate?). Con l’attuale legge ‘porcellum’, antidemocratica e dissennata, con meno di un terzo dei voti, o comunque con un suffragio in più dell’altra coalizione, si ottiene ben il 55 per cento dei seggi in Parlamento. Due calcoli fanno capire meglio quanto sia folle la legge elettorale approvata dal centrodestra nel 2005: con il 70% di votanti (circa) il Pdl di Berlusconi – se ottiene il 30%- vuol dire che ha il 21% circa dei consensi di tutti gli elettori maggiorenni aventi diritto, e la Lega (col 12%) l’8-9%. Eppure avranno un numero di rappresentanti parlamentari quasi doppio rispetto al ‘peso’ reale del voto, a causa del premio di maggioranza. Mentre le opposizioni, due terzi dei suffragi in totale, ma penalizzate perchè separate, si divideranno il 45% restante. E questa sarebbe quella “volontà del popolo” che ci viene sempre sbattuta in faccia da Berlusconi e dai suoi! La scelta del popolo viene in realtà platealmente falsificata e distorta da una legge elettorale (che per ora non si riesce a cambiare!), senza esempi nel mondo democratico.
Ma si sa anche che quella parte di cittadini adulti (tanti, ma non la maggioranza!) che vota Berlusconi lo fa con convinzione, perché condivide la politica del premier, approva ed invidia il suo stile di vita ed i suoi comportamenti. Anche qui è però necessario soffermarsi su altri dati ed analisi. Secondo una ricerca del “Censis” di qualche mese fa, per il 69,3% degli elettori, i Tg sono il principale mezzo per orientare il voto (soprattutto tra i meno istruiti).

I dati Auditel più recenti sull’ascolto dei Tg Rai, Mediaset e La7 (novembre 2010) segnalano che: nell’ “evening time” il Tg1 di Minzolini raggiunge quasi 6 milioni e mezzo di ascoltatori alle 20. Poi: il Tg5 (ascolto 5,5 circa), Studio aperto (quasi 2), Tg4 di Fede (1,5). Totale ascolti – per ogni sera- per i Tg filogovernativi o addirittura filoberlusconiani, se possiamo permetterci: 15,5 milioni. Il Tg2 fa ascolti per 2,6 milioni. I Tg non filomaggioranza, cioè il Tg3 (3 milioni) e La7 (poco più di 2 milioni) vantano quindi un ascolto di 5 milioni, un terzo degli altri più seguiti. Dati “Auditel”, si vuole ripetere.

Ultimo dato su cui riflettere: Vidierre.it (laboratorio di ricerca leader in Europa nel monitoraggio dei media) ha presentato una classifica “per tempo di parola” dei politici (quanto ha parlato e quanto se n’è parlato) nei Tg delle sette emittenti nazionali, fino al 15 dicembre. Risultato: al primo posto Berlusconi, poi, staccatissimo, Bersani, quindi Napolitano, Casini, Fini.
Ci soccorre, nel descrivere questa situazione impressionante, dominata da un cavaliere onnipresente nei media, il politologo Marco Revelli che scrive nel suo ultimo saggio (“Poveri, noi”, Einaudi) di un’Italia fragile ma rassicurata “dall’illusionismo allucinatorio del grande narratore che guida il governo”. Appunto.

E allora, dove andare, che scelte fare? Il maggior partito dell’opposizione, il Pd, tra contraddizioni e “baruffe” continue, recriminazioni ed accuse, sta cercando di trovare una via di uscita per non soccombere di nuovo davanti a Berlusconi e alla sua politica. Mai come nella conferenza stampa dell’antivigilia di Natale, Bersani era stato così chiaro nella proposta del Pd “a tutte le opposizioni”: egli ha rivolto una sorta di appello, in particolare a Casini, Vendola e Di Pietro (e anche ai finiani), per costruire “un’alleanza costituente, allo scopo di evitare un altro decennio berlusconiano”. Lo schema si basa sul principio di “sospendere” per un periodo determinato, le differenze fra partiti diversi, per concentrarsi su alcune riforme condivise (elettorali, istituzionali, economiche essenziali, del lavoro). Con candidato premier della coalizione un tecnico di prestigio come Monti (o Draghi, se fosse disponibile), e comunque un leader non politico. Naturalmente è evidente a chiunque che questa via è impervia, molto difficile da percorrere, ha davanti ostacoli forse insuperabili (ci sono già i dubbi contrapposti di Vendola-Di Pietro e Casini)…..Tuttavia, divisi si perde.

Tanto è vero che ormai sono già numerosi i politologi, osservatori ed intellettuali che cominciano a suggerire questa strada. Aldo Schiavone (Repubblica, 22 dicembre) scrive: “Dobbiamo lavorare per collegare, provvisoriamente ma credibilmente, l’abbozzo di centrodestra che sta nascendo e il centrosinistra attorno a pochissimi punti affidati ad un primo ministro di garanzia. Pensare ad altre soluzioni…. non allontanerebbe il paese dall’abisso. Una volta sgombrato il campo dalle macerie del semi-regime che ci sta avvelenando ognun per sé, verso un nuovo bipolarismo”. E Giuliano Amato (Corsera, stesso giorno): l’alleanza tra il nascente Terzo Polo e il Pd, “certo che può avere un futuro”. E Marco Travaglio (il 5 dicembre) propone una “operazione Cincinnato”: alle elezioni dare vita “ad una lista civica nazionale” guidata da una personalità super partes (Monti-Draghi), sostenuta da Pd, Idv, Sel, Fli, Udc, con un programma limitato da realizzare in un paio di anni e poi “restituire la parola agli elettori”, col premier-civico che torna al suo lavoro da tecnico, “come fu per Cincinnato”, che nel 458 a.C. si ritirò nei suoi campi, dopo aver esercitato il potere. Da ultimo Eugenio Scalfari (27 dicembre) spera “nella saggezza e nell’umiltà dei vari interlocutori e in un accordo di tutte le opposizioni”, anche se, purtroppo, sembra che sia “un’ipotesi di terzo grado, teoricamente la sola valida, praticamente impossibile da realizzare”.
Avverte Bersani: “Se non è questa una emergenza, non so cosa lo sia. È una situazione dura, grave e pericolosa”. Il Pd spiegherà perché occorre “andare oltre Berlusconi”. E ai possibili (?) futuri alleati chiederà “un atto di generosità, per aprire un nuovo decennio”. Altrimenti saremo governati ancora dall’ “illusionismo allucinatorio”.

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