Montezemolo: il marchese rampante?

17 Dic 2010

Se il presidente della Ferrari si desse alla politica, prenderebbe voti sia in area Pdl che in area Pd. Il sogno di un leader antiberlusconiano però, alla fine, passa per una figura che poi assomiglia a Berlusconi, per collocazione sociale, per esempio o per appeal mediatico. Però ridimensionare il Pdl sarebbe già un gran passo avanti e anche il pasticcio Pd finirebbe in archivio… Che ne pensate?

Non soddisfatta del cavaliere dell’oggi, una considerevole porzione della pubblica opinione si aggrappa alla speranza nell’avanzante nuovo cavaliere e pure grande ufficiale più una sfilza di onorificenze i cui distintivi apposti sul tight di rappresentanza, farebbero crollare al suolo fior di erculei bodyguard.

Ora, esaurite le facezie, c’è da guardare con attenzione alle logiche cui potrebbe rispondere il politicare in itinere dell’uomo, sempre che il futuro non ci ponga di fronte a scenari diversi, imprevedibili da non escludere nella maionese impazzita della politica.

Tralascerei gli aspetti che riguardano la sua psicologia, le sue ambizioni più o meno comprensibili, non è questo che merita un’attenzione se vogliamo restare nel campo di un’analisi politica, sia pure con tutti i rischi di smentita che comporta.

Mi pare anzitutto che Montezemolo possa essere collocato in quell’area politica detta liberal all’americana e che non trova una corrispondenza nel nostro panorama.

Il primo e forse principale interrogativo riguarda l’intento, l’obiettivo vero che ha in mente: azzardo sia quello di organizzare una forza alternativa più al PD che al PDL, compagine questa che, ad una lettura in filigrana delle sue dichiarazioni, considera di fatto fallita come progetto politico e non solo o non tanto per l’uscita di Fini, quanto per la strutturale ed ineliminabile vocazione a “non far squadra” usando frase a lui cara. Non che al PD riservi un trattamento migliore ma, mentre nel caso del PDL penso che realisticamente ritenga di poterlo solo assottigliare, del PD parrebbe mirare ad inglobare quella parte che a suo giudizio ritiene migliore, pragmatica, più aperta al liberalismo e più aliena alle istanze radicali, alle pulsioni ideologiche. Questa parte è assai consistente, almeno è quel che penso, probabilmente se non maggioritaria tendente a divenirla.

Certo, e lo dice esplicitamente, conta anche di pescare, e non poco, nel PDL ma, coerentemente con l’obiettivo, inteso più come serbatoio elettorale che come fornitore di classe dirigente. Troppo scaltro per dichiararlo apertamente e sufficientemente capace di cogliere la pochezza dei quadri reggicoda di Berlusconi, personaggio da cui si sente distante per retaggio famigliare e formazione culturale. Il tutto condito da un tutt’altro che opaco snobismo anti-parvenu.

Credo anche che accrediti politicamente i suoi possibili alleati Fini, Casini per tacere del fantasma Rutelli di una pura funzione ancillare. Troppo consunti e screditati dai voltafaccia per assurgere al ruolo di contendenti la leadership del possibile neo-partito ma comodi come carriole porta fieno in cascina.

Un altro aspetto che s’intravvede nelle posizioni cautamente affioranti dalle sue dichiarazioni è un porsi a muro verso il preoccupante dilagare del leghismo. L’insistente richiamo all’italianità è qualcosa che non pare solo retorico ma che si configura come messaggio, neppure molto criptico, di un progetto concretamente orientato ad evitare una deriva di tipo balcanico che lo strapotere contrattuale leghista prospetta in un orizzonte neppure tanto remoto.

Molto abile Montezemolo nel centellinare le comparsate e soprattutto nell’evitare dibattiti e trash show dall’effetto nausea assicurato (Berlusconi, che ha sistematicamente evitato i contradditori, docet). Interviste sì, possibilmente con domande compiacenti e risposte precotte, quanto serve alla costruzione dell’immagine, l’effetto sogno è assicurato.

E così il sessantreenne marchese (auguriamoci non del grillo) rampante si appresta a mazzolare PDL e PD usando l’arma berlusconiana: il potere seduttivo riposante sull’autoconsunzione dei leaders o aspiranti tali d’oggi. Personalmente ne prevedo un successo considerevole anche in considerazione dell’appoggio che presumibilmente riceverà dai suoi famigli di confindustria, appoggio di cui si colgono le avvisaglie nel posizionamento a testa d’ariete di Marcegaglia. Oddio, saremo inevitabilmente in presenza di un qualche cerchiobottismo, due passi avanti ed uno indietro, dall’ambiente non ci si può attendere il lancia in resta, l’imprenditoria è “condannata” a non assumere atteggiamenti marcatamente conflittuali verso politica. Inoltre andrà messo in preventivo il pagamento di non poche cambiali che dovrà forzatamente firmare per ottenere questa benevolenza.

Come dovrebbe guardare un cittadino progressista, aspirante ad essere “libero e giusto”, a questo scenario ipotizzato?

Credo che, oltre al dovuto interesse per partecipazione a quel che accade nella vita pubblica, sia possibile anche una valutazione globalmente non negativa. Resta pur sempre l’interrogativo sul perché, per trovare un’alternativa, peraltro piuttosto annacquata, alle brutture del berlusconismo, sia necessario ripiegare su un suo consimile come collocazione sociale, pur portatore di un’immagine largamente riveduta per cultura, stile e, si spera, per senso dello stato.

Il fatto è che, nei tempi che viviamo, non possiamo, per mancanza di senso pratico, ignorare la necessità di una leadership con appeal mediatico e che, per avere consenso, la capacità di convinzione ha ceduto il passo a quella di seduzione. Si può e si deve lavorare per il ripristino del primato del contenuto del messaggio ma, se mai l’operazione sarà coronata da successo, questo non avverrà certo né domani né dopodomani e le urgenze sono già dell’oggi.

Per concludere: quale che sarà il posizionamento della nuova forza emergente e sia che il cittadino che guarda con preoccupazione all’attuale si riconosca o meno in essa, credo che si debba cogliere in questa prospettiva un aspetto migliorativo, vale a dire il ridimensionamento numerico del PDL nonché la definitiva archiviazione di quel progetto pasticciato e deludente che risponde al nome PD. Non è molto e non cancella altre perplessità, ma può essere un primo muoversi verso una minor confusione. Un passaggio, anche doloroso per molti, in una porta stretta, per ri-solidificare quel che si è liquefatto in politica e non da ieri: coerenza, buon senso e un minimo di stile. Per quel che riguarda la moralizzazione il giudizio è forzatamente sospeso e rimandato agli eventi futuri.

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