Una fiducia tra minacce e lusinghe

Ce l’ha fatta. Ma per soli tre voti, che comunque non gli garantiscono alla Camera la maggioranza assoluta. Strappati in extremis. Grazie alle ultime contorsioni, agli squallidi passaggi di campo dell’ultimo momento, favoriti da minacce e promesse, ricatti e lusinghe. La strategia di cui Berlusconi è maestro. Che ha potuto dispiegare appieno, visto che la crisi è stata congelata per un mese, dovendosi fare approvare, prima della fiducia, la legge finanziaria. Lui, il Cavaliere, come si sa, non bada alle spese, quando deve realizzare i propri disegni. Ma tre voti di vantaggio non rappresentano una vittoria convincente. Gli assicurano solo un momentaneo certificato di sopravvivenza. Del resto, in questi due giorni di crescente tensione, con i palazzi del potere (Montecitorio, Palazzo Madama, Palazzo Chigi) blindati da una muraglia innalzata dalle forze dell’ordine, per fermare cortei e manifestazioni di protesta, non abbiamo visto il Berlusconi che in questi anni abbiamo imparato a conoscere. Non si è presentato sulla scena il solito premier sicuro e strafottente, convinto del suo carisma. Fino all’ultimo, è  stato in ambasce, tra sogni di gloria e timori di tramonto. Costretto a usare, almeno nei discorsi ufficiali, toni soporiferi, a supplicare per qualche voto in più. Tanto quanto basta per tirare a campare..

Tuttavia, non facciamoci ingannare da questa apparente flaccidità. Dietro, c’è la tempra del combattente, che non tollera la parola sconfitta, e che, per non perdere, è pronto a qualsiasi trucco, a qualsiasi violazione delle regole. In effetti, questo fatidico martedì 14 dicembre, lui, la sua battaglia l’ha vinta. Il grande perdente è Gianfranco Fini, l’avversario che ora rischia più di tutti perchè la sconfitta ha una violenza simbolica, che potrebbe disarticolare Futuro e libertà, dove già si manifestano perplessità e divisioni. È questo il dato sul quale molti commentatori richiamano l’attenzione. Ma è solo la pennellata più appariscente di un disegno ben più complicato, in cui prevalgono le mezze tinte. Vincere una battaglia, non vuol dire vincere la guerra. E, a vanificare la vittoria berlusconiana, potrebbe ora esserci una devastante guerriglia parlamentare. Dove può andare un governo che si regge solo su tre voti, ostaggio di umori e interessi mutevoli? Da domani, Berlusconi è a rischio. Quale dei provvedimenti che gli premono può avere vita sicura a Montecitorio?

Il premier si preoccuperà di passare Natale. Poi, dovrà fare i conti con un futuro carico di insidie. Che non è certo diventato più confortante per il voto di fiducia. È probabile che Berlusconi pensi a un periodo di rodaggio. Nel quale cercherà di strappare qualche deputato a Fini, di lavorarsi le cosiddette colombe. Tre defezione, tra i finiani si sono già avute, testimoniata dal voto di fiducia; altri disimpegni potrebbero seguire. Ma sarebbe, ancora, un gruzzolo di voti troppo esiguo per navigare in mare aperto. Il vero obiettivo è l’ingresso, nella traballante maggioranza, dell’Udc di Pier Ferdinando Casini, la soluzione prediletta dalle gerarchie cattoliche, con in testa il segretario di stato, cardinale Tarcisio Bertone. Ma è una strada impervia, se fanno fede le dichiarazioni pronunciate dal leader centrista nell’aula di Montecitorio. Destinata  a trasformarsi in un viottolo sempre più stretto, valutando il “no” che viene da Bossi. Il “senatur” ha detto chiaro e tondo che, con un governo appeso a pochi voti di scarto, la scelta migliore è il ricorso alle elezioni anticipate. Dopo l’odierna fiducia, è lui, ancor più di Berlusconi, ad avere il pallino in mano. La Lega risulta sempre più determinante. Ed è il solo partito che non teme le elezioni anticipate perché ne trarrebbe sicuri vantaggi. Non è difficile prevedere, quindi, che sarà Bossi, quando lo riterrà più conveniente, a staccare la spina.

È l’ultimo paradosso di una politica impazzita. Molti peones, preoccupati di conservare comunque il loro seggio, questo particolare lo hanno trascurato: la fiducia non garantisce la vita del governo, ma, al contrario, avvicina le elezioni anticipate.

6 commenti

  • … Avvicina senz’altro le elezioni anticipate,se Bossi lo vorrà.
    Il risvolto grave di tali elezioni è che si effettueranno con la vigente porcata elettorale e con i mezzi d’assalto dell’informazione e della formazione dell’opinione pubblica in gran parte in mano al furbo mercante di Arcore,il quale continua a dire che il popolo con il suo voto è sovrano, inculcando negli elettori la falsa convinzione che la strabiliante maggioranza parlamentare di cui dispone è formata da deputati e senatori eletti dal popolo e non invece scelti e “nominati” da lui ma ignorati dal popolo (povera Costituzione insultata e derisa !).
    Perciò impazza alla bisogna la compravendita delle vacche e il ricatto per chi non soggiace al richiamo del capo mandriano.

  • CORAGGIO! CORAGGIO! CORAGGIO! Oggi chiunque abbia a cuore la nostra democrazia ha un peso sullo stomaco e un magone. Ma dobbiamo andare avanti. Più determinati di prima. Abbiamo già affrontato tanti momenti difficili. Chi avrebbe mai potuto pensare, non dico all’indomani delle elezioni del 2008, ma solo qualche mese fa, dopo le regionali, di arrivare in breve tempo a un passo dal cacciare Berlusconi. Speriamo che nessuno nell’opposizione si defili. E che il centrosinistra finalmente sciolga i suoi nodi e si dia un leader, un programma, una struttura credibili per elezioni tutt’altro che improbabili. E anche Fini, se crede nella sostanza politica del suo progetto, non potrà certo fermarsi per qualche voltagabbana dell’ultimo minuto. Può contare sull’entusiasmo sincero e sull’insofferenza verso Berlusconi che tanti suoi militanti hanno dimostrato a Bastia Umbra.
    Dobbiamo continuare ad avere il coraggio della denuncia, non smarrire il nostro sdegno morale: prima delle elezioni regionali si sono chiusi i talk-show sgraditi a Berlusconi, adesso addirittura le Camere. Senza contare il rinvio della seduta della Consulta sul legittimo impedimento. Oltre ai pavidi e agli interessati voltagabbana, Berlusconi trova sempre soccorso, nei momenti cruciali, in qualche valutazione, diciamo così, molto discutibile sul superiore interesse del Paese, come quella che ha portato a rinviare fino a oggi il voto sulla sfiducia. Mentre il vero interesse del Paese sarebbe uscire da questo incubo chiamato berlusconismo. Lui ha i soldi, le televisioni, il potere. Noi solo la forza dei nostri ideali. Il suo obiettivo è prendere per sfinimento chi gli si oppone, per avere campo libero. La sua forza economica gli dà la possibilità di condizionare a oltranza il regolare svolgimento della nostra vita politica. Dimostriamo che altrettanto inesauribili e incrollabili sono il nostro amore per la democrazia, la nostra passione civile, il rispetto delle istituzioni, la speranza in un futuro migliore, la capacità di sognare un’Italia diversa. Le deputate alla vigilia del parto che entrano in Parlamento in condizioni difficili per dire no a Berlusconi sono il miglior antidoto al rivoltante spettacolo delle squallide scomparse pronte a vendere il loro voto. Esiste un’altra Italia, non importa che sia di destra, di sinistra, o di centro. Un’Italia democratica, onesta, pulita. Proviamo a riunirla.

  • PARALIPOMENI ALLA FIDUCIA (se fosse stato sfiduciato per tre voti?)

    Parafrasando l’illustre poeta, tento d’ironizzare sulle pretese dello speaker di Montecitorio che vuole dimissionario il presidente del Consiglio Berlusconi per essere restato (dopo la diserzione dello stesso Fini dal PdL che pure aveva cofondato) privo di maggioranza.
    A conti fatti s’è dimostrato il contrario. I Casini, i Rutelli, i Tabacci, gli Adornato, i La Malfa, i Bocchino, i Della Vedova, i Bersani & C. ecc., assediati da una folla di petenti, hanno blaterato invano, e Berlusconi ha retto alla spallata più deciso che mai a farsi valere.

    Le dimissioni da presidente del Consiglio sarebbero state doverose, e obbligatorie, qualora la maggioranza parlamentare avesse votato la sfiducia. Si dà il caso, invece, che questa sfiducia non c’è stata e le parole di autocommiserazione per il “dopo Pirro” (battaglia di Ascoli Satriano vinta con gravissime perdite da Pirro – 279 a.C.), non inducono Berlusconi a gettare la spugna: questione di carattere.

    Però – c’è sempre un però quando si discute per partito preso – se Berlusconi non si dimette, perché la vittoria gli ha soltanto sorriso, che dire delle non dimissioni confermate dal Fini cui la sconfitta non ha scalfito la cattedratica presunzione?
    La maggioranza berlusconiana s’è assottigliata con la diserzione dell’ambizioso Fini, ma la maggioranza che votò Fini a presidente della Camera, è mercuriale, cioè imprendibile. Ciò nonpertanto, il Fini, resta impassibile e irremovibile sul seggiolone di Montecitorio e, la sicumera spocchiosa, lo lascia in balia dell’opportunismo: va bene così?
    Lui, Fini, non si dimette (se si sciolgono le Camere, si troverà con i glutei a bagnomaria), ma Berlusconi è un tracotante perché la maggioranza che lo sostiene è solo numerica e non politica. Un nuovo modo di ragionare per paradossi.
    Diciamoci la verità, senza infingimenti: siamo caduti male con questo Gianfranco prigioniero dei suoi faraboloni. Un antiberlusconismo gratuito, quasi un “Heautontimorumenos” che intende mondarsi delle chiacchiere sbandierate a destra e a manca.
    Celestino Ferraro

  • Anche berlusconi, come molti italiani, non riuscirà ad “arrivare alla fine del mese” ? Al di là della facile battuta, devo dire che la cosa più insopportabile di questo 14 dicembre è che rilancia il discorso “attorno a B.”, ridandogli il ruolo di primo interprete. Non se ne può più di questa rappresentazione, in senso tetrale. A quando l’elaborazione da parte della sinistra di un’altra rappresentazione, in senso estetico? Dobbiamo vedere B. come un’”opportunità”, proprio nel suo essere un macigno, per elaborare seriamente e finalmente un’altra visione; per far questo dobbiamo guardare radicalmente in un’altra direzione e lì tenere fisso lo sguardo e l’azione. Quanto di freudiano c’è in tutta questa nostra drammatica storia! Il sogno di un’Italia senza berlusconi non ce lo regala nessuno, men che meno lui, o Fini! La rabbia dei ragazzi oggi nelle strade di Roma ci dice che non ci sono più molti margini.

  • Dipende anche dalla capacità della segreteria dello stato d’Oltretevere di imporre la propria politica e gli interessi dello stato da essa tutelato ai politici cattolici che dovrebbero invece rappresentare e tutelare gli interessi dello stato al di quà del Tevere.
    Ma quì entra in gioco il quoziente di moralità pubblica di cui è dotata la classe dirigente che opera nel parlamento nazionale e di rispetto del giuramento che essa ha prestato di osservanza della legge fondamentale dello stato laico repubblicano e dei suoi cittadini,senza riserve.

    E torna sempre alla nostra mente l’attesa di un riscontro alla domanda: a cosa è dovuto il posto di “prestigio” occupato in materia di corruzione,nel contesto dei paesi civili del pianeta terra,dal paese di più lunga tradizione e più diffusa fede religiosa cattolica,sede del papa successore di Pietro ?.

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