Fiducia sì, fiducia no

10 Dic 2010

In queste ore si gioca una partita per la sopravvivenza. Comunque vada martedì, questo governo è al capolinea. I frutti avvelenati del berlusconismo minacciano una conclusione tragica per il Paese. E l’opposizione ha già fatto molti errori.

Fiducia sì, fiducia no?  Solo il fatale martedì 14 potrà sciogliere il giallo. Oggi, nessuno può essere certo di come si risolverà un voto sul filo del rasoio. Ma Berlusconi ostenta una dose sconfinata di ottimismo. Un po’ è propaganda, un po’ il gusto dell’azzardo. Tutto fa brodo nel calderone del premier. Si sfrutta anche il puntello vaticano, per mettere un bastone nelle ruote del tandem Fini-Casini, dopo che il segretario di stato, il cardinale Tarcisio Bertone, ha portato al premier i segni della benevolenza papale. Ma conta, soprattutto, per il Cavaliere, la campagna acquisti in corso a Montecitorio. Dal pallottoliere gli arriverebbero numeri rassicuranti. La compravendita funziona, ci sono offerte promozionali per tutti i gusti. La scena politica ha già conosciuto pagine poco commendevoli. Mai, però, era stato così. Discredito si aggiunge a discredito, si affonda nella melma dei tradimenti e dei ricatti. E il tassametro della fiducia è destinato a salire. Le proposte si fanno sempre più allettanti, per soddisfare ambizioni personali, ma anche difficoltà economiche. Non c’è alcun  pudore, nessun senso del decoro. Creso Berlusconi  ha tutti mezzi per elargire favori, promettere prebende, piegare ogni regola al soddisfacimento dei propri interessi. Non sappiamo, a questo punto, quale sia il copione: se si tratti di una tragedia o di una semplice farsa. Certo, le berlusconate sono farsa. Ma i frutti avvelenati del berlusconismo minacciano una conclusione tragica per il Paese.

Come che vada martedì, questo governo è al capolinea. La caccia all’ultimo voto è il simbolo di un declino ormai inarrestabile. Ma c’è modo e modo per interrompere la corsa. Se il premier sarà sfiduciato, le dimissioni apriranno una fase nuova e imprevedibile, la cui gestione graverà sulle spalle del capo dello Stato. Se, invece, otterrà la fiducia, sia pure per pochissimi voti , sarà ancora lui a distribuire le carte. Avrà una sorte breve, accerterà l’impossibilità di vivacchiare. Però, il braccio di ferro, sia pure momentaneamente, lo avrebbe vinto il Cavaliere. Il grande sconfitto sarebbe Fini, ancor più di Casini. Il presidente del Consiglio farebbe le sue vendette. E potrebbe, quando più gli conviene, decidere di chiudere definitivamente la partita, ricorrendo alle elezioni anticipate.

È, dunque, una partita per la sopravvivenza quella che si gioca in queste ore. Ma sul fronte dell’opposizione a Berlusconi, bisogna riconoscerlo, ci sono stati non pochi errori. Nella mozione di sfiducia, presentata da Futuro e Libertà e dall’Udc, si era vista l’ossatura di un governo di transizione. Ma poi il disegno si è appannato. Il tandem è apparso in sofferenza, viste le esigenze non sempre convergenti del presidente della Camera e del leader centrista. Nuvole di sospetto offuscano il loro rapporto, una volta appreso che uno degli uomini di Fini era andato a parlamentare in segreto con Berlusconi. Comunque, al di là degli errori dei singoli, si rischia per l’assenza di una visione generale. La resistenza al Cavaliere appare come provocata soprattutto dagli eventi: il risultato di una involuzione politica che ha reso il berlusconismo insopportabile anche per settori che lo avevano prima sostenuto. Ci vorrebbe invece di più per fermare la deriva. Ci vorrebbero forti segnali di coraggio e di lungimiranza, la capacità di contrapporre un’alternativa credibile, di determinare un’effettiva discontinuità. E’ un discorso che riguarda soprattutto il Pd, il principale partito d’opposizione, impegnato nella grande manifestazione a Roma di “protesta” e di “proposta”. Aspettiamo di conoscere questa “proposta”, che cosa dirà di “diverso”, se ci sarà un colpo d’ala capace di ridare motivazioni, speranze, fiducia. Non è chiedere troppo.

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