Pd contro Pd, contro Vendola

01 Dic 2010

Dovevano essere lo strumento più democratico possibile, il termometro di un’apertura dei partiti alla volontà degli iscritti e, in alcuni casi, anche della società civile. Le primarie in tempi di amministrative si stanno purtroppo trasformando piuttosto nella schermaglia vecchio stile tra duellanti: un regolamento di conti tra nuove e vecchie classi dirigenti. Ora da Milano, dall’interno del Pd, parte l’attacco.

Dovevano essere lo strumento più democratico possibile, il termometro di un’appertura dei partiti alla volontà degli iscritti e, in alcuni casi, anche della società civile. Le primarie in tempi di amministrative si stanno purtroppo trasformando piuttosto nella schermaglia vecchio stile tra duellanti: un regolamento di conti tra nuove e vecchie classi dirigenti. Lo spettro di una crisi di governo alle porte invece di far serrare i ranghi, spariglia le fila: tutti contro tutti. L’avversario da abbattere sembra più Nichi Vendola con la tanto criticata “suggestione narrativa”, quella che sembra “favola o che cavolo”, che l’attuale compagine governativa. Il berlusconismo diffuso evidentemente non fa abbastanza paura. Legalità è ancora un termine chimera. E tutto questo proprio quando il centrosinistra sembra godere di un vantaggio elettorale quantomeno da considerare e, in casi come Torino, per esempio, anche di un forte radicamento politico, culturale e sociale.

C’è un’aria drammatica che sa di già visto, alla Barry Lyndon, quasi. Una tragedia annunciata fin dal primo fotogramma: ma questo non è il film capolavoro di Kubrick. In quella pellicola pluripremiata, la conclusione è affidata a una voce fuori-campo: “Fu durante il regno di Giorgio III che i suddetti personaggi vissero e disputarono, buoni o cattivi, belli o brutti, ricchi o poveri ora sono tutti uguali“.

Ecco il quadro sconsolante, al netto delle candidature fin qui presentate, partendo dal sud. A Napoli si dividono la contesa l’attuale classe dirigente del Pd, che ha scelto Umberto Ranieri, responsabile Pd per il Mezzogiorno, e i bassoliniani che sono addirittura due e che hanno raccolto le firme degli iscritti ma non quelle dei dirigenti.

A Bologna, il candidato del Pd Virginio Merola affronta Amelia Frascaroli sostenuta da Sel e dai prodiani . Non tutto è così semplice, anche se solo adesso si comincia a parlare di programmi.

A Torino non va meglio; un lungo traccheggio per convincere il rettore del Politecnico Francesco Profumo e poi, oplà, puntare tutto sul leader di lungo corso Piero Fassino. Ma Vendola esclude fin da subito che Sinistra Ecologia e Libertà possa appoggiare l’ex segretario Ds. Così, almeno ufficialmente, nessuno dei candidati del Pd che si erano fatti avanti per partecipare alle primarie ha fatto per ora alcun passo indietro. Sel pare gradirebbe un candidato vicino al mondo del lavoro: e come dare torto in un momento così instabile, dove chi è precario può vantare almeno un titolo. “Concorreremo con un nostro nome, che non è detto sia un tesserato di Sel – sottolinea la consigliera regionale Monica Cerutti, membro della segreteria nazionale – e vogliamo partecipare con un candidato forte che sia in grado di imporsi alle primarie sui possibili esponenti del Pd”. Sel punta a capitalizzare e, visto quel che è successo a Milano, a vincere.

Ed è proprio sulla scorta, forse, di quell’esperienza che da Milano parte ora l’attacco dall’interno del Pd ai big del partito. “Chiediamo che il partito assuma un orientamento chiaro: che tutti i candidati al Parlamento, anche coloro che sono al primo mandato, debbano essere scelti attraverso le primarie, questo garantendo, come stabilisce lo Statuto, il 50 per cento della rappresentanza femminile, e che non possano contare su alcuna deroga coloro che hanno già accumulato due mandati negli organi legislativi”. Un sasso lanciato nello stagno? La proposta parte da Milano attraverso Facebook. Il social network può sembrare un’idea bizzarra, giovanilistica persino. Invece no. Perché c’è più scambio di idee tra i post piddini lì dentro che nelle segreterie. Trenta tra amministratori e dirigenti del Pd chiedono ai vertici del partito lombardo di scegliere i candidati al parlamento con il metodo delle primarie. E di mettere fuori dalla porta chi ha almeno due mandati alle spalle.

Una strada percorribile: quanto tempo ci metteranno a sbarrarla?

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