Le clamorose manifestazioni degli studenti mettono in risalto le gravissime responsabilità che il governo si è assunto nei confronti della scuola italiana, e perciò nei confronti dei giovani che si interrrogano sul proprio domani.
Le responsabilità non sono di oggi. Anche il centro-sinistra, purtroppo, aveva proclamato a parole, ma non nei fatti, la priorità dell’investimento su istruzione e ricerca, e non aveva incrementato significativamente il relativo bilancio. Il governo Berlusconi non solo non ha investito (a differenza di altri Paesi, che guardano al futuro), ma ha tagliato selvaggiamente: poche settimane dopo l’entrata in carica (già prima, cioè, del manifestarsi degli effetti della crisi economica internazionale) ha steso un piano triennale con progressive riduzioni di 8 miliardi alla scuola pubblica e di oltre 1 miliardo all’università. Allora pochi capirono la gravità di una spada di Damocle appesa sul sistema formativo italiano; oggi i nodi vengono al pettine (anche nelle scuole, dove le carenze a livello di mera sussistenza rendono sempre più difficili gli sforzi di quegli insegnanti che non si rassegnano). La logica non è solo quella del risparmio: vi è una guerra ideologica a tutto ciò che è pubblico, e perciò una azione sistematica per diminuirne la qualità e sottrarre ad esso il consenso dei cittadini.
In questo quadro, la proposta Gelmini di modifiche all’assetto universitario costituisce inevitabilmente un bersaglio: di fronte al soffocamento dell’intero sistema non è neppure possibile intervenire efficacemente nel merito della stessa, distinguendo in essa le molte scelte sbagliate da alcuni elementi che in altri contesti potrebbero anche non essere negativi. Libertà e Giustizia non ritiene certo che l’attuale gestione delle università vada bene, e che non occorra una riforma degli Atenei: tra le colpe di Berlusconi/Tremonti/Gelmini vi è anche che con le loro scelte hanno allontanato le possibilità di una riforma che occorrerebbe. La legge Gelmini forse cadrà, ma l’effetto status quo non è certo positivo; soprattutto, i tagli restano.
“soprattutto i tagli restano”…!.
Rimane integro cioè,con i suoi effetti nefasti,lo strumento utilizzato per soddisfare l’obiettivo ideologico e politico della rivolta come un calzino,con l’uso più o meno sobrio di vaselina,dei fondamenti costituzionali dello Stato italiano sorto dalle ceneri del fascismo,progettato e perseguito in buona sostanza dalla politica liberista e riformistica dei vari governi che,in dispregio dei fondamenti costituzionali statuali suddetti (aggravato dal giuramento ipocrita di osservarli da essi prestato),si sono succeduti in questi vent’anni in Italia,
Apprezzo l’ intervento di Giunio Luzzatto che fa capire, tra le righe, quanto sia necessaria una Riforma dell’ Università e che il grosso rischio sia ora quello di non cambiare nulla, nemmeno ciò che è vergognosamente sbagliato.
Aggiungo che la beffa è ora- come dice anche Luzzatto- il fatto che la ” vera” riforma, quella che ha cambiato- in peggio- la fisionomia della scuola italiana è passata senza colpo ferire.
Un’Università pubblica dove si studia e si fa ricerca, dove la mobilità degli insegnanti è frutto di una selezione dei migliori e dello scambio di esperienze a livello internazionale, dove i giovani più dotati per la ricerca e l’insegnamento possono dar prova delle loro capacità ed essere incentivati a proseguire, dove la qualità si misura su standard internazionali, dove non c’è strapotere di baroni