Trucchi e compravendite

15 Nov 2010

“Venuto meno rapporto fiduciario. Nuovo esecutivo con Udc, Api e Mpa”. Domani sul Colle i presidenti dei due rami del Parlamento.

L’opportunità di evitare un pericoloso conflitto istituzionale tra Camera e Senato ha suggerito al capo dello Stato di convocare per domani pomeriggio al Quirinale i presidenti dei due rami del Parlamento. Di conseguenza sono state annullate le conferenze dei capigruppo di Camera e Senato che avrebbero dovuto svolgersi proprio domani mattina prima a Montecitorio e poi a Palazzo Madama. Alla Camera una maggioranza numerica ha presentato (le opposizioni) o si apprestano a presentare (il composito schieramento centrista) mozioni di sfiducia al governo. Mentre al Senato quella che lì è ancora una maggioranza, benché risicata, ha presentato una risoluzione che vorrebbe confermare la fiducia al ministero Berlusconi dal quale si sono formalmente dimessi oggi la delegazione di Futuro e Libertà ed il sottosegretario del Mpa.

Il presidente del Consiglio pretenderebbe che il documento a lui favorevole fosse votato prima della mozione di sfiducia che pure (a differenza del documento presentato in Senato) afferma un diritto costituzionalmente garantito, ha un valore cogente riconosciuto dalla Carta al secondo comma dell’art. 94 (“Ciascuna Camera accorda o revoca la fiducia mediante mozione motivata…”) e al quinto comma: “La mozione di sfiducia deve essere firmata da almeno un decimo dei componenti…”. A questa pretesa Berlusconi ne somma un’altra (se la Camera mi sfiduciasse, si va dritti alle elezioni o è la guerra civile) che ignora del tutto le prerogative del presidente della Repubblica.

Si era dunque già aperto, sotto traccia, un evidente conflitto: se cioè, una volta approvata la legge di stabilità, secondo la priorità indicata dal capo dello Stato, (l’aula della Camera ne comincia l’esame domani, e poi il dibattito sulla ex Finanziaria si trasferisce al Senato), fosse prima la Camera a votare la sfiducia, o se dovesse essere prima il Senato a rinnovare la fiducia. L’intervento di Giorgio Napolitano mira a risolvere il conflitto prima che esploda, fermo restando – se il primo voto fosse in Senato – che comunque quel che varrà al fini della vita del governo o della sua morte, in effetti già segnata, è il voto di sfiducia sollecitato alla Camera.

È chiaro comunque che quel Berlusconi che aveva sempre sostenuto di avere in odio “la politica politicante”, “il teatrino della politica”, “i traffici sottobanco”, i “giochini”, è oramai vittime della più severa pena del contrappasso. È lui ed i suoi uomini che stanno trafficando in tutti i modi per evitare la sanzione di una sconfitta irrimediabile. Non bastasse il mercato che Berlusconi si appresta a realizzare utilizzando non solo i cinque posti nel governo lasciati liberi dai dimissionari, ma anche i quattro vacanti per precedenti dimissioni, ecco ora una ulteriore, minuscola ma significativa testimonianza dei trucchi che sono allo studio per impedire la sfiducia alla Camera. Lo rivela sfacciatamente il segretario dell’Alleanza di centro, Francesco Pionati: “Meglio tenersi stretti Berlusconi con qualche artificio da furbetti del parlamentino, tipo un’assenza tattica” per fare abbassare il numero dei voto in favore della sfiducia. E chi dovrebbe assentarsi? “Neanche la metà dei parlamentari dell’opposizione avrebbe la garanzia della rielezione”. Il tentativo, insomma, di una vergognosa compravendita.

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