La “guerra civile”

14 Nov 2010

Ci aspettano giorni molto difficili: lo abbiamo sempre saputo che Berlusconi si sarebbe opposto a cedere il passo, che non avrebbe accettato le regole scritte nella Costituzione e nemmeno quelle dettate dalla prassi della storia. Il capo del governo non ammette di dover cedere la poltrona.

Ci aspettano giorni molto difficili: lo abbiamo sempre saputo che Berlusconi si sarebbe opposto a cedere il passo, che non avrebbe accettato le regole scritte nella Costituzione e nemmeno quelle dettate dalla prassi della storia. Il capo del governo non ammette di dover cedere la poltrona. Si tratta semplicemente di una questione di potere: il potere lo ha fatto crescere e ora il potere continua a salvarlo. Dunque B: non può vederlo scivolar via. Lo considererebbe uno scippo, non un normale avvicendamento in uno stato democratico.

Per Berlusconi il potere acquisito una volta lo è per sempre. Altrimenti, che potere è?

All’origine si trattò del potere che gli derivava dalla abilità di venditore immobiliare e dalla scelta di accrescerlo con gli investimenti provenienti dalla Sicilia. Quasi subito però la strategia previde di espandere il potere attraverso i mezzi di comunicazione e su di essa si giocò il felice incontro con Licio Gelli, la benevolenza di Bettino Craxi e di una parte della Democrazia cristiana. Varie volte fu salvato dal tracollo. Ma deve aver deciso una volta per sempre, nel 1993, che se ce l’avesse fatta non avrebbe mollato più.

Così, l’estate scorsa, dopo le crepe derivate dalla cacciata di Fini, Berlusconi ha dichiarato più volte che non farà la fine di Craxi, riferendosi non alla fine del secondo  governo il 14 aprile del 1987, ma alla fuga ad Hamammet.

Lui, il potere non lo molla senza scatenare “la guerra civile”.

Si leggono in questi giorni scritti sconsolati di chi in lui ha creduto fino all’altro ieri e improvvisamente lo descrive citando Ungaretti (Giuliano Ferrara “si sta come d’autunno sugli alberi le foglie”) o descrivendo la solitudine del capo, come Galli della Loggia. In realtà ciò che più colpisce in queste ore sono le minacciose dichiarazioni che Berlusconi emette in vista delle prossime scadenze istituzionali. Ciò che più colpisce è la dichiarata volontà di non cedere la poltrona. Di non mollare il potere.

Ecco perché non si può sapere oggi quale sarà lo sbocco di questa crisi politica, che piomba addosso agli italiani in mezzo alla crisi economica e a quella istituzionale creata dai continui attacchi alla Costituzione e alle regole della democrazia. Due, tre emergenze tutte insieme.

Siamo nelle mani del Presidente della Repubblica: un uomo che ha dalla sua la forza della storia e che non si farà certo intimidire dalla decisione di non mollare il potere o dalla patetica esibizione della forza. Né piangerà sulla solitudine del boss.

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