Pgt, osservazioni e critiche

28 Ott 2010

La serie di incontri che ha messo a fuoco le criticità del piano di governo del territorio e fatto il punto zona per zona in tutta la città. Dai cavilli burocratici ai grattacieli: tutto sul progetto che ridisegna volto e skyline di Milano. Lo Speciale

La valutazione ambientale strategica (VAS) contrasta con il Codice dell’Ambiente che richiede una netta separazione tra autorità procedente e autorità competente, la prima individuata nell’autorità che elabora il piano e la seconda in un’autorità imparziale ed indipendente rispetto alla prima. La VAS è stata invece effettuata dal Settore Ambiente del Comune di Milano e quindi da un organo non in grado di offrire sufficienti garanzie di imparzialità e di indipendenza, in violazione degli scopi perseguiti dal legislatore comunitario e di quello regionale di salvaguardia e promozione dello sviluppo sostenibile (v. Tar Milano, II, 17.5.2010 n. 1526 che ha annullato per gli stessi motivi il PGT del Comune di Cermenate).

Il rapporto ambientale approvato con la deliberazione di adozione del PGT, pur riconoscendo gli effetti negativi sull’ambiente derivanti dall’obiettivo indicato nel piano di attrazione di un maggior numero di abitanti, con conseguenti inevitabili ripercussioni in termini di maggior consumo di risorse e di suolo e di aumento della mobilità urbana e del traffico in un ecosistema già fortemente compromesso, adotta un orizzonte temporale molto lungo (2030) per ipotizzare scenari irrealistici, e comunque non basati su dati certi e misurabili, di miglioramento complessivo dell’ambiente. Miglioramento che il piano individua in nuove politiche energetiche, nell’adeguamento della viabilità e nel potenziamento delle infrastrutture di trasporto pubblico (ferrovie, metropolitane), nonchè nel recupero di aree libere periferiche sottoutilizzate. Politiche che richiedono tempi lunghi di realizzazione e comportano enormi investimenti e risorse finanziarie di cui il documento di piano non garantisce la disponibilità e di cui è lecito dubitare in una fase di grave recessione economica. Peraltro alcune infrastrutture (progetto delle vie d’acqua per Expo, tunnel Gattamelata, tunnel Forlanini/Expo) sono state stralciate dal piano ed altre sono di incerta realizzazione (strada interquartiere sulla quale pende una procedura di infrazione da parte della Commissione europea per mancanza di VIA). Lo stesso criterio adottato dal piano di flessibilità degli strumenti di attuazione non consente previsioni certe sul raggiungimento dell’obiettivo ed, in particolare, di quello indicato nell’accordo firmato nel 2008 dal Comune di Milano (riduzione del 20% entro il 2020 delle emissioni inquinanti e dei consumi energetici: carta di Bruxelles). Il raggiungimento dell’obiettivo è inoltre condizionato dal necessario coordinamento del PGT con altri strumenti di programmazione sopra comunali (piano territoriale regionale, PTCP) e comunali (PGS 2006-2011, PUM, PGTU, PUP, piano del commercio e piano di zonizzazione acustica, gli ultimi due non ancora approvati) e dalla coerente attuazione degli strumenti di pianificazione di secondo livello (accordi di programma, PII in variante) già approvati. Ciò richiede un costante monitoraggio delle ricadute sul PGT degli effetti indotti da tali strumenti di cui il piano non individua né gli organismi preposti né le risorse ad essi dedicati.

Si chiede che in fase di attuazione del PGT e nei procedimenti di VAS ad essa correlata sia garantita un’adeguata informazione e partecipazione di tutti i soggetti interessati alle decisioni urbanistiche.

PARTECIPAZIONE

Non è stata data adeguata pubblicità alle attività preliminari all’adozione del PGT impedendo, sia ai singoli cittadini, sia alle associazioni rappresentative di interessi diffusi, una reale e attiva partecipazione alla formazione dello strumento, attraverso la formulazione di suggerimenti e proposte.

A ciò non può supplire la fase delle osservazioni successive all’adozione del PGT, che si inseriscono in una sequela procedimentale in cui il modello pianificatorio ha già raggiunto un elevato livello di concretezza e di attualità e riveste carattere formale (dal momento dell’adozione scattano le misure di salvaguardia), e soggiacciono a rigorosi termini di decadenza per la loro presentazione.

I principi della trasparenza e della partecipazione costituiscono principi fondamentali della l.r. n. 12 del 2005 sul governo del territorio e non possono essere pretermessi, pena l’invalidità delle deliberazioni assunte.

Si chiede che le osservazioni presentate dai cittadini singoli o associati siano considerate dall’amministrazione come un necessario e fondamentale contributo per dotare la città di uno strumento urbanistico il più ampiamente condiviso e partecipato.

DOCUMENTO DI PIANO

Il documento di piano, a differenza del vigente PRG che ha durata indeterminata, ha validità quinquennale e alla sua scadenza deve essere rinnovato.

Si tratta pertanto di un atto di programmazione che ha una efficacia limitata alla durata della legislatura.

Il Documento di piano ipotizza invece scenari che prefigurano e condizionano lo sviluppo urbanistico della città almeno sino al 2030.

Ciò determina un’assoluta indeterminatezza ed incertezza delle previsioni contenute nel documento di piano ed impedisce una seria analisi circa la loro concreta fattibilità e la verifica, al termine del quinquennio, di quanto sia stato effettivamente realizzato.

Il Documento di piano, anziché un concreto atto di programmazione della gestione del territorio, si configura piuttosto come un documento a forte connotazione ideologica che esprime una visione, del tutto soggettiva, dell’idea di città che l’attuale maggioranza di governo della città preconizza per il futuro.

Si tratta di una rappresentazione immaginifica (v. i 15 progetti strategici), spesso avulsa dalla reale situazione dei luoghi, priva di respiro strategico, non sostenibile sul piano economico e che contrasta con gli obiettivi indicati nella legge: riqualificazione del territorio, minimizzazione del consumo del suolo, utilizzazione e miglioramento dei servizi pubblici e di interesse pubblico o generale, anche a livello sovra comunale. Il documento di piano non contiene politiche per le attività produttive e, quanto alla politiche per l’edilizia residenziale pubblica, affidata alla mano privata, esse sono ampiamente sottostimate rispetto al reale fabbisogno abitativo delle persone singole e dei nuclei familiari alla ricerca di un’abitazione a costi sostenibili (studenti, single, famiglie a basso reddito). Le politiche della mobilità non sono sostenute da effettive risorse economiche attivabili dalla p.a. e non sono correlate alle maggiori capacità insediative previste dal piano. Le vocazioni funzionali previste per gli ambiti di trasformazione (scali ferroviari, caserme, aree dismesse o degradate), destinati dal PGT a ricevere la massima parte della volumetria ingenerata in altri ambiti dall’indice unico di edificabilità territoriale, sono indistinte e contraddittorie (v. Porto di Mare, dove il progetto della Cittadella della Giustizia è alternativo ad altri progetti completamente diversi) e non sono chiari i criteri di negoziazione, i criteri di intervento, le modalità di tutela e riqualificazione. Non sono definiti specifici requisiti degli interventi incidenti sul carattere del paesaggio e sui modi in cui questo viene percepito, essendo il tutto rimesso alle valutazioni, ampiamente discrezionali, della Commissione Paesaggistica in sede di esame dei progetti.

Il rapporto tra documento di piano e piani attuativi, ai quali è in larga parte rimessa la concreta attuazione delle previsioni di piano, è del tutto sbilanciato a favore di questi ultimi. In mancanza nel documento di piano di chiari ed univoci criteri che indirizzino e vincolino a precisi parametri gli interventi di trasformazione e di sviluppo del territorio da realizzare attraverso i piani attuativi comunali, – quasi sempre, come l’esperienza dimostra, di iniziativa privata – gli stessi obiettivi indicati nel documento di piano rischiano di essere fortemente ridimensionati nella loro portata dalla negoziazione tra parte pubblica e privata, quest’ultima spesso dotata di una maggior forza contrattuale nei confronti della P.A.

Anche i rapporti tra pianificazione comunale e sovracomunale non sono definiti con sufficiente chiarezza, ad esempio per quanto riguarda le aree che ricadono nella competenza e nelle attribuzioni della Provincia (piani di cintura urbana), né quelli intercomunali, ad esempio per quanto riguarda il sistema della mobilità e del trasporto pubblico (nessun cenno nel documento alla individuazione di aree di transito e sosta per i nomadi prevista dalla legge 12/2005, nonostante la rilevanza sociale e l’attualità del problema).

Lo sviluppo della città è considerato dal documento di piano entro i ristretti limiti del territorio comunale e non, come sarebbe stato necessario, su area più vasta (la città metropolitana che estende i suoi confini naturali ben oltre il territorio comunale). Ciò impedisce una corretta gestione del territorio, un razionale utilizzo delle risorse a disposizione mediante economie di scala, uno sviluppo coordinato e coerente delle trasformazioni in corso e da attuare.

PIANO DEI SERVIZI

Il piano dei servizi riprende e porta a compimento la politica urbanistica comunale in materia di servizi pubblici avviata con il Documento di inquadramento, che ha ufficializzato il metodo dell’urbanistica contrattata negli strumenti attuativi (PII e permessi di costruire convenzionati) per assicurare un’adeguata dotazione di standard nei nuovi interventi edilizi.

Il piano dei servizi generalizza queste prassi in nome della sussidiarietà cd. orizzontale, affidando quasi esclusivamente ai privati (e al privato sociale in particolare) la realizzazione di opere di interesse pubblico e generale.

La nozione di servizio pubblico è allargata sino a ricomprendere servizi che hanno un ritorno economico e sono gestiti secondo criteri imprenditoriali (case di cura private, centri sportivi, spazi di intrattenimento e di spettacolo ecc.).

L’espansione della nozione di servizio pubblico ad attività (anche) economiche di interesse collettivo e generale, consente al privato proprietario di aree destinate a servizi pubblici di poter gestire direttamente, senza subire l’esproprio dei propri terreni, attività considerate di servizio pubblico ma in realtà destinate a soddisfare interessi anche privati.

A ciò si aggiungono i premi volumetrici concessi al proprietario privato gestore di servizi pubblici, incomprensibili e penalizzanti per la p.a. se si considera che per giurisprudenza consolidata le aree destinate a servizi pubblici gestiti direttamente dal proprietario non danno luogo ad indennizzo in caso di reiterazione del vincolo, considerato non espropriativo ma conformativo.

Ciò comporta la rinuncia del comune ad essere protagonista delle trasformazioni urbane e dei processi di riqualificazione della città, lasciando la regia a soggetti privati mossi da interessi esclusivamente economici.

Il piano dei servizi non assicura, soprattutto nelle aree destinate a nuovi insediamenti, che ad un maggior numero di abitanti (residenti e non) corrisponda una dotazione adeguata e soddisfacente di servizi e, soprattutto, di servizi usufruibili dalla popolazione più direttamente interessata dalle trasformazioni urbanistiche ed edilizie.

La previsione quantitativa di servizi pubblici, forse appena sufficiente a popolazione residente invariata, appare sottostimata a fronte del dichiarato obiettivo di creare le condizioni per nuova residenza in città, e non tiene in minimo conto il fatto che Milano è una città considerata polo attrattore in relazione al notevole flusso di pendolari che quotidianamente utilizza la città, anche se solo per alcune ore.

L’abbandono dello zoning e di una predeterminazione della quantità e qualità delle funzioni insediabili rende impossibile stabilire a priori i servizi pubblici necessari al soddisfacimento di determinati bisogni, e tutto viene rimesso – e concordato – nella fase di attuazione degli interventi edilizi.

Si chiede una radicale revisione del piano dei servizi con l’assunzione da parte del comune dell’attività di programmazione dei servizi pubblici e, quando possibile, anche di realizzazione, evitando ogni confusione tra attività di interesse pubblico vero e proprio ed attività che solo indirettamente lo perseguono e che non possono essere assimilate alle prime quanto a trattamento.

PIANO DELLE REGOLE

L’abbandono del criterio della suddivisione del territorio comunale in zone omogenee e della fissazione, per ciascuna zona, delle quantità di funzioni insediabili e dei rispettivi indici, in favore di un criterio più elastico e flessibile che eviti di dover costantemente ricorrere a varianti urbanistiche per ogni trasformazione non prevista dalle norme di piano, risponde ad una giusta esigenza di semplificazione delle procedure urbanistiche.

Ad un modello caratterizzato da elementi di rigidità – che tuttavia non ha impedito negli ultimi anni grandi trasformazioni urbane – si sostituisce tuttavia un modello in cui mancano quasi completamente criteri omogenei di indirizzo e di controllo dello sviluppo edilizio, che affida alla negoziazione le concrete possibilità di utilizzo del suolo, rendendo estremamente problematico il perseguimento degli obiettivi di tutela e di riqualificazione ambientale contenuti nel documento di piano.

Diretta conseguenza di ciò sarà una maggiore difficoltà da parte degli uffici comunali, già sottodimensionati, di esercitare un efficace controllo sugli interventi edilizi, anche di quelli che possono compromettere la morfologia di quartieri caratterizzati da elementi di pregio o di valenza paesaggistica.

E’ necessaria una modifica del piano, con l’individuazione di parametri più certi, anche al fine di evitare un aumento esponenziale del contenzioso a causa di interpretazioni dubbie della normativa tecnica di piano.

COMPENSAZIONE, PEREQUAZIONE ED INCENTIVAZIONE URBANISTICA

Sono gli aspetti più controversi del PGT, quelli che, in uno con l’indifferenza funzionale, possono seriamente compromettere un ordinato sviluppo del territorio, che dovrebbe costituire la regola di ogni strumento di pianificazione.

L’attribuzione di un unico indice di edificabilità territoriale a tutte le aree, a prescindere dalla loro concreta vocazione ed utilizzazione edificatoria, il trasferimento (cd. atterraggio) della volumetria su tutte le parti del territorio comunale, comprese quelle del tessuto urbano consolidato, l’utilizzo di tale volumetria aggiuntiva a quella esistente, che viene comunque mantenuta, con il solo rispetto delle norme morfologiche, possono dare luogo ad una “densificazione” selvaggia del territorio comunale con inevitabile maggior consumo di suolo.

Se a ciò si aggiunge che, diversamente da quanto dispone la legge regionale n. 12 del 2005, anche le aree agricole (Parco Sud) esprimono indici edificatori, se pur ridotti, utilizzabili in altre parti del territorio comunale, così come le aree destinate a servizi pubblici, è facile immaginare a quale intensificazione circa l’uso del suolo si assisterà nei prossimi anni.

La mancanza di immediatezza tra attribuzione del diritto edificatorio e utilizzo dello stesso, ed anzi la creazione di un mercato regolamentato di compravendita dei diritti, condizionerà le trasformazioni edilizie non in funzione delle necessità edificatorie, ma in funzione della convenienza economica delle operazioni immobiliari.

Di tale strumento si avvarranno con maggior profitto i grandi investitori ed operatori immobiliari che potranno disporre, acquistandoli sul mercato, di diritti volumetrici da utilizzare nei modi e nei tempi opportuni.

A fronte dell’utilizzo di tali diritti, la legge regionale n. 12 del 2005 prevede misure compensative (cessione gratuita al comune di aree per opere di urbanizzazione o per servizi ed attrezzature pubbliche o di interesse pubblico) non disciplinate nel piano dei servizi e delle regole.

Premi volumetrici sono previsti anche negli interventi finalizzati al risparmio energetico, che per evitare ulteriore consumo di suolo meglio potrebbero essere incentivati con altre forme premiali.

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