Lodo Alfano, tra prudenza e minacce

26 Ott 2010

Scenario in continuo movimento; Berlusconi a giorni alterni è prudente o attacca. E in un’intervista per l’ultimo libro di Bruno Vespa rilancia la commissione d’inchiesta per i magistrati. Gianfranco Fini, occupa la scena mediatica. Ma sino a quanto si potrà continuare così?

Lo scenario varia in continuazione, e l’incidente può manifestarsi a ogni passo. Un giorno Silvio Berlusconi sembra voler praticare la prudenza, quello dopo parte lancia in resta. Ultima sortita, un’intervista concessa per l’annuale libro di Bruno Vespa. E qui il Cavaliere torna ad attaccare i giudici, minacciando di nuovo la commissione parlamentare d’inchiesta sulla magistratura. Altra amenità: aveva assicurato di non avere mai chiesto il lodo Alfano, ma nell’intervista lo considera necessario, visto quello che fanno “certi magistrati”. Le bugie hanno le gambe corte. E comunque non aiutano il Cavaliere a uscire da una situazione di crescente difficoltà. Al contrario, il suo antagonista, Gianfranco Fini, occupa la scena mediatica. Prima, il presidente della Camera porta il suo affondo sul lodo Alfano, dichiarando che non è ”reiterabile”. Subito dopo, prende di petto la riforma della giustizia, sostenendo che i punti di dissenso sono tutt’altro che secondari e che, quindi, su questo tema si rischia la crisi. Il Pdl preferisce minimizzare, Per il Guardasigilli, la “reiterabilità”, fino a qualche giorno fa “trincea invalicabile”, oggi è una questione, tutto sommato, “non vitale”. In effetti, più si va avanti, più i margini si assottigliano. Il premier vuole allontanare da sé il sospetto di puntare alla crisi e lasciare il cerino acceso nelle mani di Fini. Ma sino a quanto si potrà continuare così? A fasi alterne, il Cavaliere è tentato dalla voglia di rovesciare il tavolo.

Tuttavia, sembrano prevalere, in questa fase, le ragioni della prudenza. Il Cavaliere non vuole andare alle elezioni in tempi brevi perché teme di non vincere al Senato. I sondaggi di cui dispone sono tutt’altro che tranquillizzanti. Sarebbe più conveniente guadagnare tempo, sino a quando potrà tirare fuori dal cilindro qualche annuncio mirabolante, in grado di restituirgli almeno una parte dell’appeal perduto. I problemi giudiziari, però, continuano a assillarlo: quanto prima potrebbe essere costretto a presentarsi dinanzi ai giudici milanesi per processi ad alto rischio. Bisogna dunque costruire in tutta fretta qualche pilastro difensivo. Potrebbe bastare un primo voto, da parte del Senato, sul lodo Alfano, se necessario anche rivisitato e corretto. Assieme ai suoi consiglieri, Berlusconi ritiene, infatti, che, in questo caso, la Corte costituzionale non boccerebbe la legge-ponte, vale a dire il legittimo impedimento. Andando così le cose, il Cavaliere avrebbe ancora un anno di respiro: fino al settembre del 2011, termine di scadenza del legittimo impedimento.

La partita continua, insomma, sull’orlo della rottura. Ma si allarga il vuoto di potere. Il percorso della maggioranza di governo è sempre più accidentato. Frana il terreno che ne aveva costituito la base di partenza. Declina la credibilità del leader. Crescono insicurezza e delusione. La “narrazione” del Cavaliere non è più rassicurante. Appare come una favola evanescente, sovrastata da una realtà sempre più dura, senza alcun raccordo con i veri problemi del Paese. Si è incrinata l’egemonia berlusconiana. Sembra impossibile che possa riemergere. Ma finchè non si manifesta una chiara alternativa politica, i frutti avvelenati del berlusconismo sono destinati a durare. Permane la prevalenza delle ragioni private. L’incompatibilità con le regole. Il tentativo disperato di stravolgere gli equilibri e gli assetti istituzionali.

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