I servizi segreti e l’invasione di campo della politica

06 Ott 2010

Non accadeva da tempo che i servizi segreti fossero coinvolti nelle dispute della politica. E invece nelle ultime settimane il ruolo degli 007 italiani è stato da più parti evocato, spesso per accusarli di aver deviato dai propri compiti istituzionali partecipando alla creazione di dossier o addirittura spiando e pedinando parlamentari. Sospetti gravi che hanno costretto il direttore del Dis Gianni De Gennaro e poi la presidenza del Consiglio a smentire formalmente qualsiasi tipo di attività svolta fuori dalle regole. Di tutto questo avrebbe dovuto occuparsi già da ieri il Copasir, il comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica. E invece la seduta è saltata per la scelta dei componenti del Pdl Fabrizio Cicchitto, Gaetano Quagliariello e Giuseppe Esposito — condivisa dalla parlamentare della Lega Nord Maria Piera Pastore — di disertare la riunione.

Con una lettera inviata ai presidenti di Camera e Senato, i capigruppo della maggioranza, Maurizio Gasparri e lo stesso Cicchitto, hanno comunicato che non parteciperanno più ai lavori per una «prudenza istituzionale». E, nella sostanza, l’hanno così motivata: poiché Carmelo Briguglio ha aderito a Futuro e Libertà e Francesco Rutelli ha lasciato il Partito democratico e ha fondato l’Api «bisogna riequilibrare la composizione». In realtà la questione appare poco fondata, visto che Briguglio continua a far parte del centrodestra e Rutelli del centrosinistra.

Proprio Briguglio, insieme con gli altri esponenti del Fli, ha votato la fiducia al governo e fino a prova contraria non risulta che abbia deciso di schierarsi contro la maggioranza. Da parte sua Rutelli è rimasto all’opposizione. È vero che al momento di fondare il nuovo partito si è dimesso dalla presidenza del Copasir, ma all’epoca ha spiegato di averlo fatto soltanto perché quel posto spettava a un esponente del Pd e in ogni caso la sua permanenza come semplice componente finora non era stata mai messa in discussione. Anzi, al momento della sua rinuncia furono proprio i tre parlamentari del Pdl a lodare «il suo gesto di sensibilità» specificando che «non era affatto dovuto». E in un comunicato ufficiale aggiunsero: «Se si considerasse la scelta di Rutelli una decisione obbligata, si arriverebbe a fissare la subordinazione di istituzioni fondamentali dello Stato alle logiche interne dei partiti e in tal modo ci si avvierebbe inevitabilmente verso una nuova partitocrazia».

Non è dunque tecnico il problema che pongono adesso i parlamentari del Pdl, ma politico. La loro decisione sembra essere una vera e propria presa di distanza da chi ha deciso di seguire Gianfranco Fini, per costringerlo ad abbandonare il Comitato. Un modo per marcare le differenze e rendere ingovernabile anche un organismo delicato e strategico come è appunto il Copasir. Un atteggiamento che appare poco responsabile, soprattutto tenendo conto del momento storico che stiamo vivendo e delle vicende che si era deciso di affrontare nelle prossime settimane.

L’eventuale coinvolgimento di agenti segreti nelle attività di dossieraggio è soltanto uno degli argomenti calendarizzati. In agenda c’è la durata del segreto di Stato così come viene affrontata nelle conclusioni della «Commissione Granata» che sono state consegnate due mesi fa e prevedono la possibilità di un allungamento anche oltre i trent’anni. E poi bisogna analizzare i rischi per l’Italia di fronte alla nuova minaccia terroristica segnalata dagli organismi di intelligence statunitensi, valutarne la portata e gli eventuali effetti anche sullo schieramento del nostro contingente militare in Afghanistan.

Dirimere il caso toccherà allo stesso Fini e al presidente di Palazzo Madama Renato Schifani. C’è da augurarsi che venga archiviato rapidamente mettendo da parte rancori personali e dispute di partito, seguendo esclusivamente le regole istituzionali. Quelle stesse norme che il centrodestra ha chiesto a Fini di rispettare nella sua gestione dell’Aula di Montecitorio, arrivando a mettere in dubbio la sua imparzialità durante le sedute alla Camera.

Il Paese vive un momento di confusione, di crisi economica e sociale, di campagna elettorale permanente. Ed è proprio in questi frangenti che il controllo degli apparati di sicurezza non deve essere in alcun modo indebolito, anche per garantire agli stessi agenti segreti quelle tutele indispensabili a svolgere la propria attività.

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