La riforma che fa paura a Berlusconi

01 Ott 2010

Un’alleanza tra finiani e centrosinistra per cancellare il Porcellum è lo spauracchio di Silvio Berlusconi che con l’attuale legge elettorale potrebbe scalare il Quirinale.

“I voti in Parlamento non ci servono più per governare, ma per evitare che si formi un esecutivo tecnico e che quegli altri cambino la legge elettorale“. Silvio Berlusconi si sente in trappola, preoccupato dalla tenaglia che un’eventuale allenza tra finiani e centrosinistra potrebbe creare attorno al suo collo. Lo spiega Claudio Tito in un articolo su Repubblica. Ma emerge anche dall’articolo di Francesco Grignetti che sulla Stampa prende in analisi tutti gli ostacoli del Cavaliere.

Lo spauracchio si palesa a poche ore dalla seconda manifestazione No B Day, promossa dal Popolo viola con il coordinamento di molte associazioni della società civile, anche di LeG. Paul Ginsborg, a nome dell’associazione, salirà sul palco anche per presentare la campagna No Porcellum che Libertà e Giustizia promuove con il sostegno di oltre 150 mila firme e per la quale, insieme a Valigia Blu, ha oganizzato un sit in davanti a Montecitorio durante il quale molti parlamentari del centrosinistra hanno assicurato il loro appoggio.

In particolare, Michele Ventura, vicepresidente vicario dei deputati Pd, in quella occasione ha assicurato che subito dopo le dichiarazioni di fiducia del Presidente del Consiglio avrebbe aperto un tavolo di confronto sul tema. Il primo a sollevare la questione, subito dopo la votazione al Senato, è stato Pierferdinando Casini.

Sono 30 in tutto le proposte di legge per modificare la legge elettorale nei due rami del Parlamento, ma l’esame toccherà al Senato. La commissione Affari costituzionale di Palazzo Madama infatti ha già incardinato le diverse proposte di legge seppure l’iter non sia ancora davvero entrato nel vivo. “La riforma della legge elettorale – spiega il capogruppo del Pd in commissione Affari costituzionale alla Camera Gianclaudio Bressa – è stata già incardinata al Senato e per cambiare questa decisione ci sarebbe bisogno di un atto formale, di un accordo dai capigruppo. Ma non è mai accaduto – dice Bressa – che un ramo del Parlamento rinunciasse a esaminare delle proposte che sono state incardinate”.

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