Il tifo da stadio e le bugie

29 Set 2010

Cinquanta applausi e due standing ovation accompagnano il discorso di Silvio Berlusconi. Risate dai banchi dell’opposizione. Berlusconi “scopre” il ruolo centrale del Parlamento. Eppure su 77 provvedimenti legislativi approvati da questo suo governo solo 7 sono di iniziativa parlamentare.

Cinquanta applausi, quasi uno al minuto, più due standing ovation: la “maggioranza” con cui Berlusconi sta cercando di mettere una pezza al suo malconcio governo (non esitando per questo a ricorrere a reclutamenti dell’ultim’ora) è sembrata una curva nord. Eccitata dalle bugìe, gasata dalle promesse ricorrenti, a tratti persino ammirata (o stupefatta?) dalle carambole di un presidente del Consiglio che con tutta evidenza da un lato ha paura di andare alle elezioni e dall’altro lato cerca disperatamente, ora, di non rompere con Fini e il suo gruppo che la prossima settimana si trasformerà, si strutturerà in partito.

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E, all’inverso, boati e risate dai banchi dell’opposizione di fronte alle più grossolane promesse (“un elenco vergognoso di bugìe”, dirà Massimo D’Alema) dal presidente del Consiglio: la conclusione nel 2013 degli eterni lavori sulla Salerno-Reggio Calabria, la definizione entro la fine di quest’anno del progetto esecutivo del mitico ponte sullo Stretto. Risate frequenti, o interruzioni (sempre seppellite da applausi, anche a vanvera, del centrodestra) come quando Silvio Berlusconi ha fatto suo il grande merito delle forze di polizia e dalla magistratura inquirente: grazie al governo “alla mafia sono stati inferti moltissimi colpi”. “E anche ai giudici…” lo ha rimbeccato Furio Colombo.

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Se è ben noto come e quanto il Cavaliere sia un maestro nel gioco delle tre carte, nel discorso su cui ha chiesto la fiducia ha realizzato anche un piccolo, straordinario capolavoro. Berlusconi ha esordito con uno sfacciato elogio del Parlamento, lui che è andato, va e andrà avanti a colpi di decreti legge, di fiducie (anche combinando le due cose insieme per diecine di volte), di centinaia di ordinanze che scavalcano ogni controllo. Ma, oggi, lui ha scoperto che ”il Parlamento è il luogo in cui la sovranità popolare trova la sua più alta espressione e il più alto esercizio”. Basta? No: “Non c’è democrazia e buon governo – ha aggiunto con più retorici suffumigi di democrazia parlamentare – se il Parlamento non è libero e forte”. Su 77 provvedimenti legislativi (decreti compresi) approvati in questi due anni, quelli di iniziativa parlamentare sono 7. Salvo poi, nelle conclusioni, a dimenticare del tutto il Parlamento per rivendicare seccamente il rapporto diretto tra lui e “il popolo”!

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Quando Berlusconi ha concluso il suo discorso, il centrodestra si è abbandonato a frenetiche manifestazioni di gioia, di vera e propria esaltazione e autoesaltazione. I deputati finiani non hanno applaudito, parlottando invece intorno al loro capogruppo Italo Bocchino. Poi si saprà che avrebbero votato la fiducia, ma con esplicita riserva: si vedrà nel concreto quando si affronteranno i cinque punti programmatici. Sottinteso: è vero che il presidente del Consiglio non ha pronunciato le fatidiche parole “processo breve”, ma è vero anche che si è lasciato uno spiraglio parlando di “ragionevole durata del processo”. Insomma, fiducia appesa a un filo.

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