Cinquanta applausi, quasi uno al minuto, più due standing ovation: la “maggioranza” con cui Berlusconi sta cercando di mettere una pezza al suo malconcio governo (non esitando per questo a ricorrere a reclutamenti dell’ultim’ora) è sembrata una curva nord. Eccitata dalle bugìe, gasata dalle promesse ricorrenti, a tratti persino ammirata (o stupefatta?) dalle carambole di un presidente del Consiglio che con tutta evidenza da un lato ha paura di andare alle elezioni e dall’altro lato cerca disperatamente, ora, di non rompere con Fini e il suo gruppo che la prossima settimana si trasformerà, si strutturerà in partito.
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E, all’inverso, boati e risate dai banchi dell’opposizione di fronte alle più grossolane promesse (“un elenco vergognoso di bugìe”, dirà Massimo D’Alema) dal presidente del Consiglio: la conclusione nel 2013 degli eterni lavori sulla Salerno-Reggio Calabria, la definizione entro la fine di quest’anno del progetto esecutivo del mitico ponte sullo Stretto. Risate frequenti, o interruzioni (sempre seppellite da applausi, anche a vanvera, del centrodestra) come quando Silvio Berlusconi ha fatto suo il grande merito delle forze di polizia e dalla magistratura inquirente: grazie al governo “alla mafia sono stati inferti moltissimi colpi”. “E anche ai giudici…” lo ha rimbeccato Furio Colombo.
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Se è ben noto come e quanto il Cavaliere sia un maestro nel gioco delle tre carte, nel discorso su cui ha chiesto la fiducia ha realizzato anche un piccolo, straordinario capolavoro. Berlusconi ha esordito con uno sfacciato elogio del Parlamento, lui che è andato, va e andrà avanti a colpi di decreti legge, di fiducie (anche combinando le due cose insieme per diecine di volte), di centinaia di ordinanze che scavalcano ogni controllo. Ma, oggi, lui ha scoperto che ”il Parlamento è il luogo in cui la sovranità popolare trova la sua più alta espressione e il più alto esercizio”. Basta? No: “Non c’è democrazia e buon governo – ha aggiunto con più retorici suffumigi di democrazia parlamentare – se il Parlamento non è libero e forte”. Su 77 provvedimenti legislativi (decreti compresi) approvati in questi due anni, quelli di iniziativa parlamentare sono 7. Salvo poi, nelle conclusioni, a dimenticare del tutto il Parlamento per rivendicare seccamente il rapporto diretto tra lui e “il popolo”!
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Quando Berlusconi ha concluso il suo discorso, il centrodestra si è abbandonato a frenetiche manifestazioni di gioia, di vera e propria esaltazione e autoesaltazione. I deputati finiani non hanno applaudito, parlottando invece intorno al loro capogruppo Italo Bocchino. Poi si saprà che avrebbero votato la fiducia, ma con esplicita riserva: si vedrà nel concreto quando si affronteranno i cinque punti programmatici. Sottinteso: è vero che il presidente del Consiglio non ha pronunciato le fatidiche parole “processo breve”, ma è vero anche che si è lasciato uno spiraglio parlando di “ragionevole durata del processo”. Insomma, fiducia appesa a un filo.
L’APPLAUSOMETRO DI MONTECITORIO
L’art.77, e l’art. 87 della Costituzione, stabiliscono la funzione legislativa del governo.
Il Presidente della Repubblica emana i decreti del governo aventi valore di legge. Se abuso ci fosse da parte del governo, sarebbe un abuso condiviso dal Presidente della Repubblica, e non mi pare che il Capo dello Stato si presterebbe al gioco delle tre tavolette.
Che i deputati della maggioranza abbiano applaudito le parole del premier, non mi pare una ridicola esagerazione. È prassi usuale che un discorso del leader venga applaudito dai suoi parlamentari, come è prassi costante (un po’ ridicola ed abusata) quel complimentarsi con l’oratore che ha appena terminato il suo PONDEROSO intervento: pacche sulle spalle, robuste strette di mano e il farsi vedere fra i laudatores per non apparire neglgenti all’oratore in cotanta gloriosa circostanza.
Mi pare di capire che lei irrida il presidente del Consiglio perché predica bene e razzola male, vero? Il riconoscere al Parlamento il valore intrinseco della democrazia è motivo d’irrisione? Certo, caratterialmente Berlusconi non gradirebbe freni “oziosi” al suo modo di decidere, ma questo non significa che debba negare la necessità che la democrazia goda di una dialettica parlamentare che ne esalti i valori.
Anche se un Tonino Di Pietro – parlamentare a pieno diritto di questa democrazia – si spreca ad insultare (fatto democratico?) il presidente del Consiglio che doverosamente relazione alla Camera sui fatti di questa tristissima estate 2010.
Approfitto della fortunata circostanza per ribadire che non sono al servizio del Cavaliere, esercito semplicemente il mio diritto di cittadino che della democrazia conosce i doveri.
Celestino Ferraro
Colui che si ritiene ” unto dal Signore ” e che reiteratamente sventola la sua elezione come provenienza diretta dalla volontà popolare ( ma quale ? ) ora lascivamente sottolinea la centralità del parlamento. E tutto ciò solo per evitare di essere mandato a casa. Viene da ridere.
La narrazione berlusconiana rappresentata ieri in parlamento è in linea con lo stile del personaggio che ormai conosciamo da sedici anni; roboante ma vuota, ammiccante per quel manipolo di deputati sempre pronti e disponibili ad ogni tipo di offerta, suadente nei toni oma al tempo stesso tronfia di immaginifici risultati che non trovan riscontro nella realtà effettuale.
La manipolazione dei fatti è in nuce nella rappresentazione di una realtà altra, reperibile solo nell’iperuranio mondo qual’è quello dell’informazione prona ai desiderata del capo.
A ben vedere a B. ,allo stato, interessa solo galleggiare per prendere tempo ed ottenere la ciambella che gli consenta di salvarsi dall’onda che lui ritiene anomala delle indagini giudiziarie peraltro conseguenti all’esistenza di notitiae criminis a cui il magistrato non può costuituzionalmente sottrarsi.
B. consider il parlamento un luogo inutile in cui in cui si dibattono questioni che a lui, imprenditore della comunicazione sembrano estranee, come estranee possono esserlo all’extraterrestre catapultato improvvisamente nel nostro paese.
Il parlamento diventa però interessante laddove sforni leggi a lui care, provvedimenti che gli consentono di ottenere vantaggi di natura economica (vedi il tentativo di inserire norme che gli consentano di sottrarsi all’obbligo di risarcire la cir per la vicenda del lodo mondadori) o di esser sottratto alla giurisdizione ordinaria in qualità di cittadino più uguale di altri.
Ventriloqui e gazzettieri si prestano alla bisogna, claque vocianti si illudono che applausi ammaestrati possano convincere i più che il novello messia goda ancora di prestigio e sia amato dai suoi concittadini.
Per il momento ha ottenuto la fiducia ma a quale prezzo (naturalmente nella sua logica in cui non esiste dialettica ma solo asservimento interiorizzato alle sue pseudoidee) i finiani sono stati oggettivamente riconosciuti come forza politica altra dal pdl ma necessari alla esistenza di questo governo e B assieme ai leghisti dovrà contrattare con il suo attuale acerrimo nemico ogni provvedimento che poi per B. stesso si riduce ad un unico provvedimento e cioè l’ombrello che lo ripari dalle incursioni del giudice ordinario.
La tragicomica giornata di ieri si è trasformata per B. in una simil beresina; per esistere ancora un po di tempo, egli dovrà accettare i voti dei finiani, riconoscere formalmente il nuovo partito uscito da una costola del pdl e contemporaneamente rendere l’onore al presidente della camera, cessare di portare strumentalmente avanti un’indegna campagna mediatica basata su un moralismo finto e d’accatto.
In alternativa per B. c’è il baratro e cioè le elezioni anticipate che lo vedranno certamente sconfitto se le forze di opposizioni si coalizzeranno contro di lui e contro la lega nord.
In Senato,invece,luogo anch’esso nel quale “la sovranità popolare… trova la sua più alta espressione e il più alto esercizio” grazie anche al miglior funzionamento dell’aria condizionata,contrariamente alla più eccitante Camera dei Deputati, è possibile fare un lungo pisolino,per svegliarsi quindi più rinfrancati e con i muscoli laringo faringei riposati sparare al cielo balle ancora più grosse,petardi reboanti e tric trac.
Un’atmosfera che mi ricorda nel suo insieme il Trilussa (grande poeta della media borghesia)degli anni venti,quelli della legge Acerbo,che precorre di ottantant’anni circa i tempi con il suo “… Discorso della Corona”.
E’ giunta l’ora?…
Siamo in balia dei prepotenti, dei depositari della verità assiomatica, quella fatta di insinuazioni e diffamazioni che non vanno dimostrate. Quella trionfa libera ed è sostenuta in Parlamento dall’eloquio sconnesso e scurrile della banda dei valorosi guidata dal boia Samson, professione ambita ma fuori tempo massimo in un mondo del dopo Beccaria.
Maurizio Belpietro se l’è scansata bella – sarà per un’altra volta – speriamo che il ministro Maroni riesca a fare pulizia anche di questi cialtroni assassini troppo coccolati dal culturame di sinistra.
Auguriamoci anche che Belpietro non si monti la testa paragonandosi a Montanelli.
Celestino Ferraro
Si abbia cura però di consigliare preventivamente il verde Maroni di non addentare la coscia di qualche poliziotto ligio alla legge della Repubblica unita e antifascista.
Data la situazione, io proporrei un triunvirato, come quello stipulato nel 43 a.C. tra Cesare Ottaviano, Marco Antonio ed Emilio Lepido. Una pubblica magistratura alla Cincinnato, straordinaria, investita di poteri illimitati per un lustro: Berlusconi, Bersani e Rutelli (no Casini, temo Buttiglione). Sarebbe preferibile a questo bordello (o casino) dantesco.
Celestino Ferraro
Ma possibile che un argomento così pregnante per la nostra democrazia riceva soltanto l’attenzione mia e di altri tre signori? Siamo delle perle rare o dei perditempo?