Alla fine Berlusconi ha deciso di morire democristiano. Dopo tanti proclami incendiari, le roboanti minacce leghiste, la guerra mediatica al “traditore” Fini, il presidente del Consiglio stamattina si presenta alla Camera con un bel discorso doroteo che gli consenta di tirare a campare ancora qualche mese, magari un anno o due, grazie alla benevolenza dei “traditori”.
È una scena da commedia dell’arte, come ammirare Capitan Fracassa che rinfodera la spada e tira fuori vino e tarallucci. E il popolo, la famosa gente, cui era delegato il “giudizio di Dio” sulla spaccatura nel centrodestra? Le invocazioni di elezioni subito, a ottobre, novembre, fosse pure a Natale? Niente, il popolo può attendere. In poltrona, davanti a questo spettacolo ridicolo messo in scena dal grande fustigatore dei teatrini della politica. Ma più teatrino di questo, dove s’è mai visto? Berlusconi e Fini sono nemici mortali, nel senso che ormai la sopravvivenza politica dell’uno è alternativa a quella dell’altro. È chiaro a tutti.
Eppure oggi li vedremo votare compatti i cinque punti di un governo il cui obiettivo si può riassumere in uno solo: tirare a campare. Senza le riforme che Silvio Berlusconi non ha mai fatto neppure quando disponeva di maggioranze granitiche, quindi figurarsi ora. Senza muovere un dito per contrastare la crisi economica, aprire un cantiere, riformare la burocrazia, combattere le mafie e una corruzione da 60 miliardi l’anno, rimuovere l’immondizia a Napoli o le macerie a L’Aquila. Tanto sui famosi problemi reali il premier editore ha sempre il potere di spegnere le telecamere a comando. Per accenderle tutte, da mesi, sull’infamia della casetta di Montecarlo e la tragica figura del cognato di Fini.
Nel complesso, una bella pagliacciata. Alla quale Berlusconi si piega perché evidentemente oggi gli conviene. I sondaggi sconsigliano di andare subito al voto perché il giudizio favorevole del popolo non è affatto scontato. La campagna acquisti in Parlamento, pure lauta, non deve aver raggiunto lo scopo. Del resto, è rischioso investire a lungo in certi soggetti. Si tratta di un mercato volatile, direbbero gli esperti di Borsa. Chi si vende oggi, tende a rivendersi domani a un altro, secondo l’offerta. Di questo passo un Calearo qualsiasi potrà aspirare al vice regno delle Sicilie.
Rimane sempre sullo sfondo il pericolo che l’opposizione smetta di litigare e si rimbocchi le maniche per trovare in Parlamento una maggioranza favorevole a una nuova elettorale diversa. Certo, conoscendoli, si tratta di un’ipotesi remota. Per tutte queste ragioni e chissà quali altre sparse fra Russia, Libia e le procure di mezza Italia, Berlusconi oggi smette i panni del rivoluzionario per indossare quelli grigi di un andreottiano fuori corso, cinicamente convinto che tirare a campare sia sempre meglio che tirare le cuoia. Tanto alle rivoluzioni di piazza si può sempre tornare più avanti, in un momento più propizio. Il popolo è buono, dimentica in fretta.
Commedia dell’arte
Anche in politica non si può avere “botte piena e moglie ubriaca”, Berlusconi se ne rende conto e dà un colpo al cerchio e uno alla botte, si mantine in equilibrio.
Ai monatti, che già avevano preparato il carretto per il trasporto della salma appestata, toccherà aspettare un altro turno e potrebbe anche darsi che l’assunzione sarà direttamente in cielo senza passare per il cadavere.
La commedia dell’arte si recitava a braccio, l’autore ne forniva solo il canovaccio, il più restava inziativa dell’attore stesso. Il Cavaliere sarebbe stato un ottimo Scaramouche.
Può darsi che la crisi mondiale dell’economia si plachi e le cose si aggiusteranno tranquillamente. Per l’intero mondo globalizzato. Non è l’incapacità di Berlusconi ad appesantire la situazione economica del Paese, sono i fattori contingenti che zavorrano l’economia mondiale. La Grecia è fallita, l’Irlanda e sulla strada, la Spagna domani avrà uno sciopero generale che paralizzerà quel Paese, l’Europa dell’Est le cose non è che vadano meglio. L’Italia REGGE! Bene o male, REGGE! Verranno tempi migliori, speriamo. Ma non sarà colpa di Berlusconi o Tremonti se l’economia non offrirà orizzonti di gloria.
Celestino Ferraro