Avrà anche avuto la fiducia della Camera, ma è più debole di prima. Per Silvio Berlusconi questo passaggio parlamentare si è rivelato assai scivoloso. La campagna acquisti, ignorata nel discorso di apertura del dibattito e smentita rabbiosamente nella replica, non ha avuto l’esito sperato: i tre liberaldemocratici si sono tirati indietro, i siciliani di Lombardo hanno detto un sì condizionato. E la fotografia finale della maggioranza appare insidiosamente affollata di protagonisti tra loro contraddittori.
Un dato spicca tra tutti: non è stata sottoposta al voto una sola risoluzione firmata dai capigruppo di tutte le forze che sostengono al governo, come usualmente si fa, ma ben quattro documenti, identici ma che sanciscono la volontà dei presentatori di evitare un’eccessiva vicinanza tra le loro firme. C’è la risoluzione di Cicchitto, a nome del Pdl, quella di Reguzzoni, per la Lega, quella di Bocchino, per Fli e perfino quella di Sardelli in rappresentanza dell’Mpa del governatore siciliano Lombardo. Le famose “gambe”, dunque, sono addirittura quattro. E non promettono nulla di buono per il Cavaliere.
I finiani trattano il premier con garbo, ma senza sconti. Immaginiamo i brividi della parte destra dell’emiciclo quando Benedetto Della Vedova, finiano di estrazione radicale, ha incoraggiato Berlusconi a procedere nell’annunciata intenzione di sostenere economicamente le famiglie italiane senza dimenticare “le famiglie di fatto”, o quando lo ha invitato ad affrontare seriamente i problemi della giustizia rinunciando a provvedimenti “episodici” come la separazione del Csm o la responsabilità civile dei magistrati. O quando Italo Bocchino ha chiesto di sbloccare il provvedimento anticorruzione espellendo dalla politica “a vita” chi sia stato condannato per reati contro la pubblica amministrazione.
Fini e i suoi non arretrano di un passo, nonostante i toni concilianti usati dal Cavaliere. E, per di più, i siciliani di Lombardo annunciano una specie di asse con Fli per decidere i comportamenti futuri. La Lega osserva affilando le armi, perché va da sé che se verrà concesso qualcosa a Fini, Bossi strillerà come un’aquila, e viceversa.. D’ora in poi, Berlusconi sembra avviato a barcamenarsi tra spinte centrifughe di ogni tipo, un destino che ricorda quello di Prodi e dell’Unione di centro sinistra.
L’operazione melassa tentata da Berlusconi col suo discorso introduttivo non è dunque riuscita. Il dibattito è stato completamente privo di timori reverenziali. Di Pietro ha sicuramente vinto l’oscar della veemenza, ma discorsi durissimi si sono ascoltati anche da parte di Casini e Tabacci. Per non dire di Bersani, che ha seppellito con ironia sferzante le mirabolanti, e vecchissime, promesse del Cavaliere, “l’impresario del teatrino della politica”.
Il risultato è che il governo va avanti, ma non si sa come né fino a quando. Il grande incantatore non incanta più e adesso comincia una fase di incertezza che spetterà ad altri protagonisti, da Fini al Pd, indirizzare verso un esito diverso. Bersani l’ha detto: una nuova legge elettorale e poi elezioni. Vedremo se ci sarà qualcuno in grado di centrare questo obiettivo.
La situazione al momento è fluida, B, otterrà la fiducia anche al senato e forse qui i finiani saranno meno determinati; è un fatto però che paradossalmente ciò costituirà un unicum, una fiducia che si trasforma o che assume le sembianze di una quasi sfiducia, semprecchè B. non modifichi la sua natura di tiranno per diventare una persona conciliante, disponibile ad ascoltare coloro che dissentono dalla sua linea; ciò mi pare al momento irrealistico, poichè l’atteggiamento dispostico di B. nei confronti dei suoi alleati ne costituisce la cifra politica, il marchio distintivo del suo essere, la modalità quasi aziendale di trattare i suoi alleati.
Per l’oppoosizione non resta che aspettare le prossime mosse di B. e della lega; ma non basta restare in stand by, è necessario muoversi ed agire, bene ha fatto quindi il pd a presentare una mozione di sfiducia individuale nei confronti di bossi, ha battuto finalmente un colpo ed è di questo che il popolo della sinistra ha bisogno, assumere iniziative politiche non estemporanee o simboliche possono rafforzare un sentimento che non sia solo sdegno o mera disapprovazione verbale ma che diventi ragione e convinzione di una vera opposizione che sia in grado poi di sostiuirsi all’attuale governo del non fare che sta portando il paese alla dissoluzione.
Se non si porta a casa una nuova legge elettorale, sarà giocoforza doverosa un’allenza di tutte le opposizioni per sconfiggere definitivamente il tiranno mediatico per poi con questa inedita alleanza fare una legge elettorale che non mira a favoriore qualcuno a dispettoi di altri e che consenta comunque la governabilità tout court ed eventualmente regolare tutti i conflitti di interesse ed una volta terminato questo immane compito riprendere nuovamente il cammino democratico senza le insidie seminate dal padrone delle ferriere.
Certo, occorre fare una nuova legge elettorale, perchè gli eletti siano persone scelte liberamente dagli elettori e non più proprietà personale del premier a lui vincolate, terribile fattore di corrruzione. Non se ne può più di questo disastro: ma com’è successo che in passato non abbiamo saputo difenderci? Ora l’opposizione sia concorde nel perseguire questo obiettivo e si sbrighi.