Il grado zero della politica

Nel quadro della grande regressione del discorso pubblico italiano Umberto Bossi interpreta un ruolo, per certi versi terminale, che scavalca la sua stessa consapevolezza spettacolare. Come dimostra anche il fatto che pochi istanti prima di dar corso alla sua rilettura dell´acronimo SPQR egli aveva premesso: «Non voglio fare polemiche».
Da qualche tempo infatti il ministro delle Riforme – eh, sì! – appare decisamente fuori controllo. Circondato da una specie di cordone sanitario, il cosiddetto «cerchio magico» di parenti e fedelissimi, Bossi si fa palpare i muscoli, ingaggia partite di braccio di ferro, tira allegri cazzottoni, biascica parolacce e pernacchie dentro i microfoni e mostra di continuo il dito medio. Quest´ultimo gesto, notava ieri Marco Belpoliti sulla Stampa in base agli studi sui primati, è da intendersi come il surrogato di un´oscena minaccia, un «celodurismo» postumo, in miniatura e indifferenziato. Ma si sa: ci vuole pazienza, sono cose che capitano, e tanto più in una realtà nella quale l´evidente assenza di freni del Senatùr viene vissuta come la prova della sua infallibile genialità politica.
Con lo stesso stato d´animo si potrebbe accogliere «la battuta» – ah, quale ricorrente povertà lessicale! – sulla versione porcellesca dell´iscrizione SPQR. Si tratta di amenità da terza o quarta elementare. Assai più elaborata e attendibile, in fondo, è quella che scioglie l´antichissima sigla in: «Sempre Preti Qui Regnano». Ma il periodo antipapalino e dei «Vescovoni» è per Bossi ormai lontano. Senza ovviamente stabilire un nesso immediato, nei primi giorni del marzo 2004 egli fu molto sgarbato con il Papa che aveva pronunciato un paio di frasi in romanesco («Damose da fa´, volemose bene»); e il giorno 11 gli prese il coccolone.
D´altra parte chi ha a cuore le cose della Città Eterna sa benissimo che al culto della romanità, da Martin Lutero in poi corrisponde un possente e imperioso circuito di odiatori detto antiroma o romanòfobico. Politici, letterati, giornalisti, uomini illustri che ce l´hanno con la capitale e da questo sentimento traggono il loro utile. Con i suoi slogan e le sue iniziative («Roma ladrona», treno speciale ribattezzato «Nerone Express», gestacci là dove l´inno di Mameli dice «ch´è schiava di Roma», propositi di privatizzazione del Colosseo, polemiche con il Pupone), di questa nutrita e astiosa cerchia la Lega costituisce l´estensione più semplificata nella post-modernità.
Senza alcuna puzza sotto al naso, anzi con mite sgomento, ciò che qui si vorrebbe mettere in evidenza non è solo la constatazione del grado zero della politica, ma un po´ le radici nell´immaginario e in qualche modo anche le spensierate complicità di cui gode Bossi. E quindi, per una di quelle circostanze che rendono felici i collezionisti di notizie irrilevanti, occorre sapere che per il Natale del 2009 il presidente e il vicepresidente dei senatori del Pdl, pur se gravati s´immagina da altre più urgenti incombenze, ritennero di far cosa simpatica e spiritosa regalando dei dvd di vecchi film ai vari ministri.
Era il classico gioco di medio impatto simbolico, scontato umorismo e sperabile ricaduta mediatica. L´elenco dei film e dei destinatari era lungo e non sempre irresistibile. Qui basterà segnalare che gli ineffabili Gasparri e Quagliariello regalarono a Bossi: «SPQR. Duemila 1/2 anni fa» (di Carlo Vanzina, 1994), proprio la pellicola che riprende, mette in bocca a Boldi e perciò solennizza l´umoristica trovata «Sono Porci Questi Romani».
Ora in un paese che vive di spettacoli far ridere sulla Lega è piuttosto facile. Altro che l´ottuso agente polentone per cui ha protestato Zaia a Distretto di polizia. L´altro giorno Beppe Grillo ha fatto una crudele e straordinaria imitazione dell´odierno Bossi. Dalle icone del pittore Regianini ai roghi neroniani di Calderoli, dall´allora sindaco di Milano Formentini che sbagliò funerale ai successi scolastici del Trota passando per la foto di Borghezio in impermeabile ed elmo cimbro dalle lunghe corna, il dominio delle rappresentazioni non risparmia nessuno.
Ma forse è proprio questa deriva trash la vera dannazione di un´Italia che si guarda allo specchio e si ritrova in un cinepanettone. Tra «Papi» e «Cesare», ballerine brasiliane, hostess islamiche, cognatini diabolici, ministri dei Caraibi e responsabili della Protezione civile che nottetempo chiedono soccorso perché non riescono più a uscire dal Centro Benessere del noto Village, la vita pubblica appare insieme triste e ridanciana, vistosa e misera anche nelle sue divisioni artificiali.
Neanche a farlo apposta, giorni fa il ministro La Russa ha confidato che De Laurentis, il produttore di «SPQR, duemila e 1/2 anni fa», gli ha chiesto con insistenza di poterlo arruolare per un cinepanettone: «Naturalmente ebbe un rifiuto». Naturalmente fino a un certo punto.
Quanto alla corsa con le bighe, di cui pure ha parlato ieri Bossi, nessun romano è in condizione di escludere che il sindaco Alemanno, assatanato di circenses, non ci abbia già pensato.

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