Il prezzo della campagna contro Fini

23 Set 2010

Il teatro dell’assurdo che ispira le mosse della nostra politica non aveva ancora offerto uno spettacolo così surreale: il 29 settembre, la Camera vota sui famosi cinque punti programmatici del governo. Tutti i gruppi della vecchia maggioranza di centrodestra, compresi i finiani, promettono il loro “sì” all’esecutivo. Ma tra Berlusconi e Fini siamo alle coltellate.

Ne abbiamo viste tante. Ma il teatro dell’assurdo che ispira le mosse della nostra politica non aveva ancora offerto uno spettacolo così surreale. Tra qualche giorno, il 29 settembre, la Camera voterà sui famosi cinque punti programmatici del governo. Ma, mentre tutti i gruppi della vecchia maggioranza di centrodestra, compresi i finiani, promettono il loro “sì” all’esecutivo, tra Berlusconi e Fini siamo alle coltellate, a una guerra senza esclusione di colpi, in cui uno dei duellanti è destinato a soccombere. Lo scontro non è più in Parlamento, non rispetta le regole tradizionali. Le Camere sono destinate a fare da cassa di risonanza a un conflitto che si svolge in un’area più oscura e più torbida, fatta di dossier e di ricatti,  dove tornano alla ribalta gli 007, le barbe finte, vere e presunte devianze dei Servizi.

I giornali della real casa berlusconiana hanno tirato fuori dall’arsenale quella che dovrebbe essere l’arma decisiva: un documento dal quale verrebbe confermato che dietro le società offshore che hanno acquistato la casa di Montecarlo c’è Giancarlo Tulliani, il cognato di Fini. Lo stesso presidente della Camera, e i suoi uomini, hanno gridato che si tratta di un falso clamoroso, dietro il quale c’è la manina dei Servizi, e che quest’operazione di  killeraggio è riconducibile al capo del governo. A questo punto, salta tutto, crolla l’ultimo ponticello che poteva tenere ancora vicini i due schieramenti. I finiani confermano che, a fine mese, voteranno comunque ancora a favore del governo, ma precisano che il giorno dopo si aprirà tutt’altra partita. E mandano un segnale preciso, bloccando le trattative sulla questione del lodo Alfano e dello scudo giudiziario per il premier. La vicenda, però, non può chiudersi su questo regolamento dei conti. E’ vero che su Berlusconi la questione etica non ha alcun peso. Ma la faccenda, questa volta, è troppo grave per risolverla con i soliti espedienti. Se risulterà che il documento è un falso, confezionato dagli amici del presidente del Consiglio, la macchina del fango colpirà chi l’ha messa in opera. Al contrario, se le cose dovessero risultare vere, sarebbe impossibile per Fini affermare ancora di “non sapere nulla “ e i contraccolpi politici metterebbero chiaramente in discussione la sua permanenza alla presidenza della Camera.

È, dunque, una partita per la sopravvivenza politica, che si avvia all’ultimo atto. Il Cavaliere è convinto di poterla vincere, di avere le condizioni favorevoli per mettere Fini alle corde e costringerlo a dimettersi. Si sente galvanizzato dal voto che ha “salvato” Cosentino, ritiene di avere una maggioranza autosufficiente anche senza i finiani, e ha preventivato un attacco senza soste al presidente della Camera, portandogli progressivamente via una parte dei deputati che hanno aderito al suo movimento. Gli strumenti non gli mancano, e del suo potere è solito fare uso senza alcuna remora. Ma non può pensare che la distruzione politica di Fini avvenga senza effetti devastanti per il centrodestra. Prima o dopo,  il prezzo  sarà la caduta del suo governo.

Sull’altro fronte, se non corre ai ripari, Fini è destinato a scontare le ambiguità che hanno condizionato le prime mosse del suo movimento. Sono apprezzabili alcune sue motivazioni, a cominciare dalle richieste su un punto decisivo come il rispetto della legalità, ma debbono essere portate alla loro logica conseguenza che non prevede la fittizia appartenenza allo stesso schieramento, la comunanza nel voto dettata da questioni tattiche. C’è di più: se i finiani hanno deciso di partire al contrattacco, per difendere il loro leader dal massacro mediatico, e rimproverano ora al premier l’uso dei Servizi di sicurezza, per distruggere il proprio avversario, alle parole non possono non fare seguire i fatti. Mettano dunque sul tavolo gli elementi di cui dispongono e ne informino, se ci sono le condizioni, la competente Procura della Repubblica. Quello che non possono fare è tenerle in serbo come possibile deterrente. La gravità della situazione non ammette più percorsi tortuosi. Siamo arrivati alla fine di un ciclo. Sempre più stufi della cattiva politica che l’ha dominato.

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