Pd: quella rissa che lo uccide

17 Set 2010

Oggi Berlusconi è in guai seri, e non solo perchè si è sgretolata la sua maggioranza. La disillusione crescente del mondo industriale e finanziario, il disamore del mondo cattolico, la contrazione del suo elettorato sono tutti segnali di un profondo sommovimento in corso nella società italiana.

Il documento di Veltroni? Parliamone. Senza scandalo e senza timori. Dunque: l’analisi del baratro in cui è precipitata l’Italia è sottoscrivibile da chiunque non sia innamorato di Berlusconi. La parte propositiva, peraltro assai sommaria, è ovviamente discutibile, ma sicuramente non è sconvolgente. Il problema è un altro. Anzi, sono due.

Il primo: la lotta fratricida nel Pd è talmente avvelenata che ogni azione viene guardata attraverso la lente del sospetto. Davvero Veltroni non voleva sabotare Bersani? Allora avrebbe dovuto evitare di illustrare il suo documento con la chiosa del “papa straniero” che dovrebbe guidare il partito alla riconquista di Palazzo Chigi. Se l’ha fatto, vuol dire che il retropensiero c’è, e questo azzera tutte le asserite buone intenzioni e produce inevitabilmente le conseguenze del caso, dalla rispostaccia di Bersani al grido d’allarme di Marini.

Il secondo problema è più complesso. La strategia veltroniana potrebbe essere accolta con interesse se il contesto in cui si colloca fosse quello di una normale dialettica politica. Ma così non è. Le difficoltà in cui si dibatte la destra impongono all’opposizione la necessità di elaborare subito una risposta non strategica, ma tattica. Qualcosa che possa essere messo in pratica adesso, per gettare le basi della strategia futura. Per parlar chiaro: bisogna cogliere l’occasione di cambiare la legge elettorale. Altrimenti, con il Porcellum, c’è la certezza che Berlusconi vincerà di nuovo. Magari solo alla Camera, ma questo gli consentirebbe di restare in campo perché nulla potrebbe essere fatto senza di lui. Quello che tutte le opposizioni, Pd compreso, hanno il dovere di fare è perciò elaborare una nuova legge elettorale che raccolga il maggior consenso possibile, vararla (anche con un nuovo governo a presidenza Casini, o Pisanu, o Montezemolo, o chiunque altro vi venga in mente) e andare alle urne. A questo punto sconfiggere Berlusconi sarà possibile e si aprirà, si spera, una storia diversa.

Quel che si chiede a tutte le opposizioni, e anche a Fini, è uno sforzo di generosità reciproca: quello di costruire un quadro politico in cui si confrontino una forza di centro destra depurata dal berlusconismo, e composta magari dallo stesso Fini più Casini e Rutelli, e una forza di centro sinistra che sarà quella che il Pd riuscirà a creare. E’ a questo che deve servire una nuova legge elettorale.

Dopo si potrà discutere di che cosa deve essere un centro sinistra moderno, del ruolo che in esso deve avere il Pd, del riformismo e dei suoi contenuti. Perché se a governare dovesse essere un centro destra deberlusconizzato non ci sarebbe più l’angoscia di assistere alla svuotamento della Costituzione, di vivere in una caricatura della democrazia, di sentirsi stranieri in patria.

E’ un sogno realizzabile, a patto di non sbagliare le mosse. Ed è sicuramente sbagliato lacerarsi sul nome di un candidato premier da mandare incontro ad una sconfitta certa. E’ questo che vuole Veltroni? Immaginiamo di no. E allora qual è il suo contributo alla soluzione del problema immediato che abbiamo davanti? Non il rilancio della proposta di una legge elettorale fondata solo sui collegi uninominali, perché su questa il Pd si trova in splendido isolamento. E neppure la rivendicazione puntigliosa del mitico 34 per cento ottenuto alle ultime elezioni, visto che a quel numero magico ha corrisposto la più oceanica vittoria della destra in termini di seggi.

Oggi Berlusconi è in guai seri, e non solo perchè si è sgretolata la sua maggioranza. La disillusione crescente del mondo industriale e finanziario, il disamore del mondo cattolico, la contrazione del suo elettorato sono tutti segnali di un profondo sommovimento in corso nella società italiana. Non perdiamo l’occasione. Non la perda la destra più avvertita, né il centro più consapevole. E non la perda il Pd, ostinandosi a saldare i conti del passato. L’Italia non glielo perdonerebbe.

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