Le Camere modello escort

14 Set 2010

Desta sospetto questo ripetuto, incalzante e ormai continuo chiacchiericcio sulla prostituzione. Chi, come, quando, se sia lecito andare a letto col capo per fare carriera nelle assemblee, come ieri s´è affrettato a confessare l´onorevole Stracquadanio, che pure ci ha preso molto gusto a finire sui giornali e anche questo articolo, purtroppo, lo conferma. La coda di paglia del Palazzo si ripresenta ogni volta più lunga e robusta. Al netto dei pettegolezzi, che in gran numero vorticano nelle redazioni dei giornali e nei corridoi di Montecitorio, per non dire alla Rai, converrà prima di tutto ricordare che il tema anche generico del rapporto fra il potere e la prostituzione è piuttosto serio e non solo perché riguarda la selezione della classe dirigente nel tempo del dominio dei corpi e degli spettacoli, nonché dei «papponi» (come accusò Di Pietro) e della «mignottocrazia» (copyright Guzzanti).
È che sulla prostituzione, quella vera, quella di strada, il potere, questo potere messosi bene in evidenza col caso D´Addario, l´affare Marrazzo e i massaggi del Salaria Sport Center, si è permesso di presentare una normativa che è un capolavoro d´ipocrisia anche violenta, di cui peraltro, e comprensibilmente, si sono perse le tracce nei cassetti di qualche commissione parlamentare.
Dopo l´approvazione da parte del Consiglio dei ministri, il disegno di legge governativo fu presentato nella sala stampa di Palazzo Chigi nell´autunno del 2008. Alle spalle del presidente Berlusconi e del ministro Carfagna, che in quell´occasione ritenne anche di esprimere il suo «orrore» per chi vendeva il proprio corpo, una pudica mano aveva appena apposto una specie di reggipetto alla signora nuda dipinta dal Tiepolo che gli scenografi del Cavaliere avevano piazzato come tele-sfondo degli annunci del governo. Per dire quanto ingannevole è a volte la confezione degli eventi vale la pena di segnalare che il Cavaliere, il futuro «utilizzatore finale» secondo l´indimenticabile designazione dell´avvocato Ghedini, avrebbe voluto addirittura un decreto legge e definì «molto giuste» le pene previste nel testo per il cliente.
Erano esattamente i giorni dei massivi trasbordi di ragazze retribuite e/o rimborsate da Gianpi Tarantini per allietare le feste di Palazzo Grazioli. Di lì a un anno gli italiani avrebbero visto su quotidiani e rotocalchi il poster elettorale di Patrizia D´Addario, candidata alle elezioni in una lista del centrodestra insieme a un´altra ragazza-immagine, pure ospite a villa La Certosa, dove addetta allo smistamento era una futura europarlamentare.
C´era già stato il caso dell´onorevole Cosimo Mele, che di prostitute per la sua notte brava ne aveva arruolate due (ma Pocahontas s´era sentita male); così come ancora prima le cronache avevano dato conto della storia di una maitresse, specialista in pierre e in stretti rapporti con almeno tre clan (di destra di sinistra e di centro), arrivata a produrre un video sulle bellezze artistiche del palazzo di Montecitorio.
Quindi arrivò la vicenda Marrazzo, anche tragica, che la prostituzione proiettava a livello trans e globale. Non è forse inutile rammentare che in tale frangente nel Palazzo si sviluppò la caccia a un non meglio identificato potente che le malelingue indicarono come «Chiappe d´oro». Infine, non senza una rapida passata dalle parti di Bari, dove il meretricio impetuosamente si sposava con la mestizia di Sanitopoli, partì il ciclo sessuale della cricca: massaggi brasiliani, escort come compenso per le grandi opere e perfino un Gentiluomo di Sua Santità interessato a «una situazione cubana», che non era roba da rivoluzione castrista, ma un giro di carne maschile in vendita tanto al chilo.
In tale grazioso contesto il Palazzo cominciò a interrogarsi con maggiore ritegno. Agli inizi di agosto tale senatore Musso, Pdl, affermò, alla lettera: «Serve un partito serio, senza scandali e senza zoccole». Un mese dopo l´onorevole Napoli, eretica finiana, si chiese se per caso fra le sue colleghe ce n´era qualcuna che magari. Apriti cielo, la più farisaica doppiezza propagò il suo sdegno bipartisan. Il rilancio di Stracquadanio, già ghost-writer emerso dal buio per rivestirsi della luce dell´estremismo vendicatore berlusconista, completa un quadretto di rara modestia morale.
Fu lui che nei giorni degli scandali berlusconiani scrisse una lettera in cui con il dovuto cipiglio negava che il Cavaliere si fosse un giorno proclamato, lui stesso, «presidente puttaniere»; e su tale base si faceva anche garante, povero Stracquadanio, del suo leader che aveva «dedicato la vita al lavoro, alla famiglia e alla Nazione». Là dove la retorica non solo sfidava il buonsenso, ma senza volerlo la portava a illuminare il centro della pornopolitica all´italiana.

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