Andreotti, Ambrosoli. Che pena, che disgusto il senatore a vita e quelle parole sgorgategli dal profondo a sigillare una vita passata all’insegna del fare accordi con tutti, soprattutto i peggiori, per non aver grane: dalla politica estera a quella interna, dalla Sicilia a Villa Wanda, dal Vaticano a Palazzo Chigi.
Il 30 ottobre del 1984 in uno degli interventi più belli mai pronunciati nel Senato italiano, il repubblicano Giovanni Ferrara, sottolineò un particolare della vicenda che aveva visto schierati su due fronti opposti Andreotti filo Sindona e Giorgio Ambrosoli.
Trascrivo dal resoconto stenografico dopo la citazione del diario di Andreotti che, dice il senatore Ferrara “mostra delle lacune, come tutti i diari, come i commentari di Giulio Cesare, il diario di Talleyrand o la storia scritta da Churchill. Ad esempio, nel diario di Andreotti vi è una strana lacuna: evidentemente egli non segnava gli avvenimenti più importanti della giornata, vi era una certa casualità e questo può capitare a tutti. Il 12 luglio ad esempio è completamente dedicato, penso con una certa soddisfazione dei colleghi comunisti, almeno per questa parte, ad un lungo incontro con il presidente della Tanzania, Nyerere, per il problema della solidarietà con le popolazioni locali; poi si parla dell’Uganda di Obote, dei programmi di cooperazione tecnico-economica, ossia del grande problema del Terzo Mondo in relazione all’ Europa e all’Italia. Ma il 12 luglio 1979 è anche il giorno in cui, durante la notte, è stato assassinato l’avvocato Giorgio Ambrosoli, e nel diario non vi è una parola in proposito; chiaramente si tratta di un caso”. Del resto, che importanza poteva avere anche allora per Giulio Andreotti, l’uccisione di un servitore dello Stato (che se l’era andata a cercare)?
Alla fine del dibattito fu Franco Evangelisti ad affrontare Ferrara e a riferirgli un miscuglio di proteste e minacce. Giovanni sorrise e respinse entrambe col suo sguardo mite e fermo.
Nel 79 avevo due anni…Conoscevo bene la vicenda Ambrosoli-Sindona ma la puntata di ieri della Storia siamo noi di Minoli mi ha fatto ritornare il quel senso di disgusto e di rabbia. Un senso di nausea per un’italietta viscida e disonesta dove regna l’indifferenza verso chi “se la va a cercare”. Quell’Italia fatta di traffichini, di piccoli evasori, di abusivi della “stanza in piu’”, di gente “per bene”, di clienti politici…quell’italia con la i minuscola che e’ la base e il piedistallo per i killer che uccidono i servitori dello stato.
Belzebù era da anni al corrente dei falsi sui quali aveva fondato il suo potere finanziario quell’imbroglione di Sindona. Lo teneva bene informato l’allora Capo della Polizia Vicari che da quasi compaesano del Sindona conosceva le origini di quest’ultimo e seguiva passo passo le sue avventure.
D’altronde bastava osservarlo come si dava da fare presso la Borsa di Milano mentre rimestava da esperto “accatta e vinni” fingendo di chiamare a voce alta gli operatori al suo servizio presso le borse di mezzo mondo,così gettando fumo negli occhi degli investitori.
Non occorre impolverarsi tra atti e scartoffie varie presso vecchi archivi o biblioteche per rintracciare le origini e le ragioni del basso livello sociale,morale e culturale in cui è precipitato oggi il nostro Paese.
Per chi non memoria o per chi pur avendola, non ha nè il tempo nè la forza di descrivere le nefaste imprese del politico andreotti, sarebbe sufficiente la sola frase sprezzante dedicata alla persona di ambrosoli, l’eroe borghese, per consegnare ai posteri la figura di questo eminente statista condannato per associazione mafiosa, ma prescritto.
Come diceva levi, le parole sono pietre, e l’andreotti plurinovantenne non ha esitato un istante a scagliarle contro una persona che dovrebbe essere ricordata nei libri scolastici accanto a tutti quelli che, seguendo semplicemente il dettato della propria coscienza e non anteponendo mai altro valore che quello del dovere e del rispetto delle regole, sono stati proprio per questo e con l’acquiscenza delle forze politiche più retrive, colpiti dalle forze oscure del male.
Nessuna scusa dell’andreotti plurinovantenne potrà mai riscattarlo dall’indegnità morale di cui si è macchiato profferendo miseramente e senza alcuna pietà cristiana indegne parole che saranno suonate nei confronti dei familiari dell’eroe borghese come la conferma della sua responsabilità politica nell’omicidio del liquidatore della banca privata.
ho sempre considerato andreotti una penirenza inflitta dall’onnipotente a questo disgraziato paese,veder il suo commento su
sull’avvocato Ambrosoli,che ho sempre sentito il dovere di indicare ad esempio a mio figlio ed
ai miei parenti più giovani,non fa che aumentare il mio orrore per un ipocrita che si definisce credente.Dobbiamo ancora fare i conti con la nostra cronaca recentenon parliamo poi della storia.Il mio saluto affettuoso e riconoscente alla famiglia Ambrosoli
…spesso sento parlare di Italietta.
Ogni qual volta, e ce ne sono tante, si affronta un argomento scabroso e avvilente come è quello relativo alle vicende che videro protagonista suo malgrado Giorgio Ambrosoli.
L’Italia in verità è un grande Paese (ahimè) prorpio per questo tali vicende (e l’elenco sarebbe davvero troppo lungo) assumono un’importanza ancora maggiore….!
Purtroppo Mr. Kissinger suoleva dire che nell’ammistrazione dello Stato non trova spazio la morale…..il sen. a vita Giulio Andreotti ha rappresentato lo Stato Italiano sin dalla sua nascita nella forma Repubblicana abbracciando 50 anni di storia e storie: scandaliziamoci se vogliamo……ma tant’è…..!
In politica, nel lavoro così come nella vita, ognuno fa il fa il suo gioco….a volte si vince a volte si perde: Giorgio Ambrosoli ha vinto, anzi ha stravinto…..attenzione: lui….non già la Repubblica Italiana!