Nuove idee a destra ma la sinistra è ferma

06 Set 2010

Ricordate la destra di una volta? Quella che da sinistra si chiamava spicciativamente “fascista”, e che impastava passione e rozzezza, tensione ideale e venerazione per i cimeli del Ventennio? Bene, Gianfranco Fini è riuscito a dividerla in due: con Berlusconi restano i cultori del passato, con lui vanno quelli che vogliono costruire una destra che in Italia non c’è mai stata, moderna ed europea.

Ricordate la destra di una volta? Quella che da sinistra si chiamava spicciativamente “fascista”, e che impastava passione e rozzezza, tensione ideale e venerazione per i cimeli del Ventennio? Bene, Gianfranco Fini è riuscito a dividerla in due: con Berlusconi restano i cultori del passato, con lui vanno quelli che vogliono costruire una destra che in Italia non c’è mai stata, moderna ed europea. Ciò che impressiona nella platea di Montebello sono le ovazioni tributate a parole d’ordine fin qui estranee a quella cultura: la democrazia, la Costituzione, la separazione dei poteri, il rispetto per le opinioni degli altri, la ricerca della mediazione. Significa che la passione politica della destra non è stata soffocata dal berlusconismo che voleva ridurla a pura adorazione del Capo, ma che è possibile risvegliarla attorno a ideali moderni, da riempire con programmi ancora tutti da inventare.
Fini ha sorpreso gli osservatori: ci si aspettava da lui un discorso duro nella sostanza, ma allusivo nelle accuse, così da poter giocare sull’equivoco e continuare la guerra di trincea. Invece ha messo le carte in tavola con brutale franchezza, e gli applausi ricevuti dimostrano che questo la sua gente gli chiedeva.
Adesso bisogna vedere che cosa accadrà, e qui il quadro diventa complicato. Berlusconi potrebbe essere tentato di autoaffondarsi subito, per avere le elezioni a novembre e strangolare sul nascere il neonato movimento finiano. Ma sarebbe una mossa rischiosa, sia perché queste cose elettoralmente si pagano care, sia perchè quell’accenno di Fini ad una nuova legge elettorale che permetta ai cittadini di scegliere gli eletti è chiaramente una porta aperta per un governo di tutti quelli che vogliono archiviare l’odiato Porcellum. Per il Cavaliere sarebbe un’ipotesi disastrosa. Ma l’unica alternativa possibile gli è altrettanto indigesta: andare avanti trattando punto per punto tutti i provvedimenti che il governo metterà in campo d’ora in avanti. E’ vero che così potrebbe puntare alle elezioni in primavera mantenendo intatta la potenza di fuoco che gli consentirebbe di fiaccare l’avversario. Ma è altrettanto vero che Fini avrebbe più di un’occasione per mettere in campo idee nuove e popolari: c’è una Finanziaria da fare, e pure se Tremonti sostiene che sarà leggerissima, visto che la manovra vera è già stata fatta, i finiani possono sostenere tutte quelle proposte sul lavoro, la disoccupazione e il precariato, che metterebbero in seria difficoltà il Cavaliere.
Vista da sinistra, questa fase è entusiasmante, ma anche complicata. Le cose dette da Fini a Montebello sono ampiamente condivisibili, e perciò pongono all’opposizione un serio problema di identità. La verità è che anche questo è uno dei frutti avvelenati dell’era berlusconiana: la sinistra ha misurato se stessa solo in rapporto a Berlsconi e ha smesso da tempo di produrre idee e programmi alternativi. Adesso che un pezzo di destra sostiene idee di buon senso il vuoto progettuale dell’opposizione emerge con impressionante chiarezza.
Intendiamoci: quel che Fini dice sulla democrazia, il senso civico, il servizio allo Stato, deve essere apertamente condiviso. E’ questo il “tessuto comune” che deve unire tutte le forze politiche democratiche di un paese. Questo tessuto comune è essenziale per le riforme istituzionali e anche per quella della legge elettorale. Ma il progetto per il paese, il disegno sociale, economico, del sistema produttivo, deve essere diverso. Altrimenti la democrazia si ammala. Fini per ora ha indicato dei titoli di cui non conosciamo ancora i contenuti. Ma non conosciamo neppure che cosa la sinistra proponga per quegli stessi titoli. O forse conosciamo troppe ricette, spesso contraddittorie tra loro. Sarebbe bene perciò che l’opposizione si attrezzasse per tempo.
E non basta rimproverare a Fini di essere corresponsabile delle scelte del Cavaliere. Poteva dirlo prima, è l’accusa ricorrente a sinistra, e ci saremmo risparmiati tanti guasti. E’ vero, forse Fini ha peccato di pavidità. O forse ha semplicemente scelto il tempo giusto, quello in cui la sua gente era matura per seguirlo. Ma, in ogni caso, è andata così. E comunque è meglio tardi che mai. Adesso bisogna affrontarlo, questo tempo. Per liberarsi di Berlusconi e preparare un futuro degno di questo nome.

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