Gli elettori senza potere

C’è un fantasma nella nostra scena pubblica: la legge elettorale. La sua riforma non ha mai occupato i desideri della maggioranza di governo, ora non interessa più nemmeno all’opposizione. Perché dovrebbe? È così comodo manovrare un esercito di soldatini di piombo travestiti da parlamentari.

Niente capricci, niente alzate d’ingegno: altrimenti la volta prossima te ne rimani a casa, anche se la tua pagina su Facebook conta un popolo di lettori e di elettori. E poi nell’agenda politica incalzano altre urgenze, altre questioni: la manovra finanziaria, le intercettazioni, il federalismo, l’università. Perché mai dovremmo attardarci sugli alambicchi del maggioritario o del proporzionale?

Eppure c’è un nesso tra i funerali della legalità e il battesimo della nuova classe dirigente. Basta misurare le reazioni dei politici finiti sotto torchio. Verdini: una congiura mediatica. Cosentino: un complotto giudiziario. Brancher, Dell’Utri, Caliendo: idem. E comunque l’essenziale è mantenere la fiducia del Capo, chissenefrega dei giornali. Tanto è lui, soltanto lui, che decide il tuo posto in Parlamento. L’insubordinazione, ecco il delitto più infamante.

Per i disobbedienti s’agita il randello dell’epurazione, oggi dal Pdl contro il finiano Granata, ieri dal Pd verso Riccardo Villari, dal Pdci verso Marco Rizzo, da Idv verso Nicola D’Ascanio, dalla Lega con una lista di proscrizione lunga come l’elenco del telefono. D’altronde Bossi l’ha detto chiaro e tondo, inaugurando nei giorni scorsi la sezione di Travedona Monate: «chi pianta casino è fuori dal partito». Berlusconi usa un linguaggio più tornito, ma anche per lui la «lealtà» costituisce la prima virtù dei suoi parlamentari. Insomma ai padroni del vapore sta a cuore la fedeltà, non certo l’onestà. Le nomine si fanno per appartenenza, non per competenza. Sicché gli incompetenti disonesti sono ormai il grosso della nostra classe dirigente.

Negli Stati Uniti o in Inghilterra non succederebbe. Lì, se un deputato viene sorpreso con le dita nella marmellata, la sua constituency gli sbatte la porta in faccia senza troppi complimenti, e lui poi difficilmente trova un altro collegio elettorale. Lì l’accountability, la responsabilità dell’eletto verso l’elettore, è l’olio che fa girare il motore democratico. Lì la reputazione dei politici è come la verginità: quando l’hai persa è per sempre, non c’è chirurgo plastico che tenga. Noi, in Italia, questa medicina non l’abbiamo mai bevuta. Neanche ai tempi della Dc, un partito che ha pietrificato per 45 anni ogni alternanza di governo. Sarà che abitiamo in un Paese cattolico, dove il confessionale monda ogni peccato. Sarà l’eredità delle corporazioni medievali, un mondo dove il mestiere dei padri spettava di diritto ai figli, senza concorrenza, senza ricambio d’uomini e di idee. Ma certo dal 2005, da quando abbiamo in circolo questa legge elettorale, lo spettacolo è scaduto ulteriormente. Servirebbe l’uninominale, uno contro uno. Servirebbe la possibilità di revocare gli eletti immeritevoli. Invece la politica italiana ha revocato gli elettori.

8 commenti

  • Condivido pienamente ma non comprendo come questa legge elettorale possa essere considerata costituzionale, visto che il voto ad un partito non è la stessa cosa che eleggere un proprio rappresentante ma un gruppo di rappresentanza che è scelto dal capo partito.

  • MA QUANDO MAI GLI ELETTORI HANNO CONTATO?
    Può darsi che gli elettori si siano accorti d’essere senza potere, sarebbe come se il “PRINCIPE” si rendesse conto di essere senza scettro (Gianfranco Pasquino scrisse un piccolo tomo: Restituire lo scettro al principe”).
    Sull’argomento sono stato scritti chilometri di suggerimenti, i più grandi politologi, morti e viventi, hanno elucubrato i più intricati sistemi elettorali per consentire al PRINCIPE (inconsapevole) di esercitare le sue scelte con oculata lungimiranza.
    Diciamo che siamo ancora in attesa del politologo che sappia “MACHIAVELLARE” le sue teorie per consentire al “popolo sovrano” di eleggersi quei rappresentanti capaci di esercitare il mandato nell’interesse della collettività e non pro domo sua.
    Sperare non è reato, è solo una perdita di tempo, ma di tempo l’umanità ne ha tanto che può sfidare l’eternità senza privarsi di un secondo del presente.
    Il modo migliore per tagliare la testa al toro (il modo di dire forse risale al Minotauro cretese) sarebbe ritornare a Clistene, alla bulé, ai 500 membri eletti per sorteggio e in carica un solo anno.
    Cosa osta a che la faccenda si replichi dopo 2500 anni?
    Non è democratico scegliersi dei rappresentanti con il sorteggio? E perché mai? Sarebbero conculcati tutti i giochi di potere e le “carbonerie” occulte impossibilitate a esercitare i loro nefasti giochi.

    Un anno, solo un anno, eppoi ripetere il sorteggio. Costi zero, senza aggravi economici.
    Tutto il resto è solo blateramento di mestieranti che potrebbero restare senza prebende qualora il principio del sorteggio trovasse la propria legittimità costituzionale.
    Celestino Ferraro

  • Sono d’accordo con tutto quanto espresso nel precedente commento dal signor Celestino Ferraro

    inoltre mi stupisco con tristezza che in questo articolo poteva essere data , tutta la visibilità che merita ( andrebbe data tutti i giorn su qualsiasi media) all’inziativa di LeG proprio in argomento…se rimane tutto lettera morta senza sinergie richieste dalla gravita del momento, che ormai è super presente eterno, non stupiamoci che poi le persone si allontanano dalla vita politica

  • E anche i cittadini senza potere!
    Eppure la Costituzione prevede uno strumento di democrazia diretta all’articolo 71, vero prof. Ainis? Ma se i partiti hanno perso da tempo il senso della loro funzione, pare drammaticamente che altrettanto abbiano fatto anche le elite culturali del paese che si limitano ad assistere alla decadenza pontificando dall’alto senza accollarsi il dovere civico di guida della Libera Cittadinanza nell “UsoEstremo dell’Art.71″ per ritirare di fatto le deleghe agli eletti che le hanno tradite e utilizzate solo pro domo sua.
    A quando la ribellione delle elite della Società Civile contro il dominio della mediocrità più offensiva?
    Quando avvertiranno come “non più sopportabile” questo rovesciamento di responsabilità, dove a guidare il paese non sono certo i più meritevoli e capaci e degni?
    Ormai avverto come cosa più grave l’Aventino distaccato delle nostre elite, che la decadenza dei partiti!
    Auguri a tutti per un paese migliore anche se è sempre più difficile trovare un appiglio a cui appendere le speranze!
    Paolo Barbieri

  • La legge elettorale è pessima e va modificata, soprattutto per quel che riguarda il premio di maggioranza.
    Ma la malattia di cui soffre l’odierna democrazia, compresa quella italiana, è da ricercare in altra direzione.
    Le democrazie moderne, come a suo tempo aveva previsto e temuto Alexis de Tocqueville, si sono sempre più trasformate in tirannie della maggioranza.
    E questo perché, scriveva Hayek (Introduzione a Legge, legislazione e libertà -1973) “si è data una interpretazione delle formule del costituzionalismo che le ha conciliate con quell’idea di democrazia secondo cui in ogni particolare materia la volontà della maggioranza non incontra limite alcuno”.
    È assolutamente sbagliata, secondo Hayek, la concezione di un “parlamento sovrano che può fare tutto ciò che i rappresentanti della maggioranza trovano utile per conservare l’appoggio della maggioranza”.
    Così come “sbagliato ed anche abominevole”, insiste von Hayek, “è teorizzare ed avallare una forma di governo in cui qualsiasi maggioranza del momento possa desiderare che qualsiasi materia le piaccia debba essere considerata alla stregua degli affari comuni soggetti al suo controllo”.
    Non vi è legge elettorale che possa risanare questo cancro della democrazia moderna, né sembrano avere alcun effetto gli anticorpi costituzionali, visto che non riescono a riconoscere la malattia. Si tenga presente, poi, che l’anticorpo classico della separazione dei poteri è sparito con l’unificazione dei poteri legislativo ed esecutivo nella maggioranza parlamentare di governo.
    Occorre assolutamente porre dei limiti al potere illimitato della maggioranza parlamentare di governo prevedendo appositi quorum, variamente graduati a seconda dell’importanza della materia, per l’emanazione delle leggi ordinarie relative a materie di maggiore interesse generale facilmente individuabili nella costituzione.
    Franco Pischedda

  • La gravissima malattia di cui soffre la democrazia italiana è rappresentata dalla pessima qualità media dei nostri parlamentari.
    Ha qualche senso opporre alla nostra maggioranza parlamentare il problema della “tirannia della maggioranza”? Oppure le tesi di Tocqueville e di Hayek?
    Sig. Pischedda, visti i tempi e le cronache, mi pare pura e colta accademia degna di momenti storici migliori.
    Paolo Barbieri.

  • Perfetto questo articolo; però che si fa per buttare al macero questa pessima legge elettorale truffa? In un Paese costituito da cittadini informati, con la schiena diritta e con ancora un poco di materia grigia nel cervello l’indignazione avrebbe già travolto da un pezzo questa classe politica corrotta ed inetta ( ed associo in questo sia chi governa che chi sta all’opposizione, con poche eccezioni).
    QUI DA NOI TEMO INVECE CHE, ORMAI, SOLO UNA VIOLENTA RIVOLTA SOCIALE CI RIPORTERA’ A VOTARE IN MANIERA VALIDA, ED A POTER NUOVAMENTE SCEGLIERE I NOSTRI RAPPRESENTANTI IN PARLAMENTO TRA LE PERSONE ONESTE ED I DELINQUENTI SERVI DI “CESARE”, OGGI PREVALENTI!

  • di ieri in parlamento , mi ha fatto piacere notare della “classe dirigente” nel corpo parole di bersani, che bisogna cambiare la legge elettorale-
    “speriamo” non abbia pronunciato quel discorso per la facciata, ma non facciamo illusioni anche perchè PRATICAMENTE, se andassimo alle elezioni, con che piffero di legge ci andremo?
    con quella “democratica” che c’hanno tolto e che è gia di per sè dimostrazione che non siamo in un “regime” democratico
    mah!

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