Tempeste imperfette

C’è quella scritta da Shakespeare ma c’è anche quella in un bicchier d’acqua, poi ci sono quelle vere, che causano danni, morti e feriti, altrimenti dette cicloni, uragani, tornado.

Infine esiste quella mediatica, usata e abusata dai nostri politici. In particolare, va detto, da quelli del centrodestra, forse perché hanno la fantasia più fervida o forse perché si trovano più spesso degli altri a fronteggiare guai giudiziari.

La tempesta mediatica è così diventata un’espressione di moda. Se un politico, un manager, un amministratore pubblico legge sui giornali che è stato indagato, se si ritrova le sue telefonate (politicamente imbarazzanti per non dire di peggio) nero su bianco, ecco che la sua prima reazione è buttare la palla in corner, la colpa è dei giornali. L’ha fatto Scajola pochi secondi prima di dimettersi da ministro, l’ha fatto Cosentino, prima e dopo aver lasciato l’incarico di sottosegretario, lo ha fatto ieri Verdini contestualmente alle sue dimissioni dalla sua banca e subito prima di presentarsi dai magistrati, l’aveva fatto il governatore Marrazzo: «E’ una bufala». Ma tanti altri, in questi anni di seconda repubblica, hanno dato l’esempio, a destra e a sinistra. A destra il campione delle tempeste, che spesso diventano complotti e che non sono solo mediatiche ma anche giudiziarie e quasi sempre comuniste, è ovviamente Berlusconi. Gli altri l’hanno seguito, imitato, a volte scimmiottato. A sinistra un’accusa così esplicita non si è mai sentita ma non sono mancate le polemiche contro i giornali, le querele, le telefonate furiose dei vari D’Alema (il quale ha ripetutamente ostentato il suo disprezzo per l’informazione scritta), Fassino, Prodi, Di Pietro, Veltroni, nel caso qualcosa sul loro conto (o conti) fosse stato pubblicato.

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