Fini, il regolamento dei conti può attendere

27 Lug 2010

Berlusconi aspetta di ottenere due risultati: l’ok alla Manovra e la legge sulle intercettazioni. Serve un’efficace opposizione parlamentare. E l’impegno comune organizzare un’adeguata opposizione sociale.

È piena emergenza per il governo. Ormai prevale la convinzione che gli eventi stiano precipitando e che anche gli ultimi margini per una qualche forma di accordo tra Berlusconi e Fini si siano consumati. Gli uomini del premier avevano chiesto la sconfessione dell’onorevole Granata per quello che ha detto su mafia e politica dopo che il governo ha negato la protezione al pentito Spatuzza. Ma il presidente della Camera non ha frenato. Anzi, ha alzato il tiro. E ha riproposto con forza la questione morale, affermando senza mezzi termini che gli indagati debbono lasciare gli incarichi di partito.

Tuttavia, bisogna ancora attendere perché si arrivi al regolamento dei conti. Berlusconi ha la necessità di portare prima a casa due risultati: l’approvazione della manovra economica e il passaggio alla Camera della legge sulle intercettazioni che, benché azzoppata, può ancora condizionare pesantemente le indagini della magistratura. In ogni caso, il Cavaliere non ha ancora le idee chiare sui tempi e i modi dell’operazione con cui dovrebbe “liberarsi” di Fini. A sua volta, il presidente della Camera non intende certo aprirgli la strada con mosse azzardate. Sa che la caduta del governo, per colpa sua, manderebbe un pessimo messaggio all’elettorato del Pdl. Non cerca scorciatoie e non ha in mente possibili ribaltoni perché la sua collocazione rimane saldamente a destra. Il suo obiettivo è più ambizioso, e non può prescindere dal ruolo istituzionale che Fini ricopre. Dalla presidenza dell’assemblea di Montecitorio, Fini può continuare, con adeguata visibilità, nella sua opera di predicazione di una destra diversa, una destra finalmente decente, non più chiusa nel bunker di un conflitto continuo con le istituzioni, emancipata dal cesarismo carismatico, attenta alla legge e ai diritti. Ha dunque bisogno di tempo. Ma non è nell’interesse di Berlusconi concederglielo. Il premier vede la sua forza messa in discussione. E’ lacerato da incertezze e impotenza. Avverte che il suo modello ideale, capace di “far sognare la gente”, si sta spegnendo. Tuttavia, il suo arsenale ha sempre una grande potenza di fuoco. Signore dell’etere, ha ancora in mano il potere mediatico e controlla il sistema clientelare.

Non è chiaro come si concluderà questa guerra nel centrodestra. Il Pdl è ridotto a un verminaio di correnti, dalle sue vicende interne traspaiono interessi oscuri, comitati d’affari  prosperano nei settori più diversi,  dalla sanità all’energia eolica. Il governo affonda nella palude. E non si capisce quanto potrà resistere. E’ comprensibile, a questo punto, l’impazienza di alcuni settori dell’opposizione. Ma non sono giustificabili mosse azzardate o ad effetto. La proposta di Di Pietro di una coalizione degli onesti è decaduta appena nata, visto che Fini rifiuta l’idea di un passaggio di campo. L’ipotesi di un governo di transizione è stata avanzata da D’Alema e, sia pure con accentuazioni diverse, è sempre sponsorizzata dall’Udc di Casini. Ma produce la sgradevole senzazione  che l’opposizione e, in primo luogo il suo maggiore partito, il Pd, dubiti della forza delle sue ragioni in una fisiologica competizione democratica e consideri possibile un ritorno al governo solo attraverso la tattica delle manovre parlamentari. In ogni caso, non si vede quale change effettiva possa avere. Francamente, è difficile pensare a un Consiglio dei ministri in cui convivano Tremonti, Bersani e Calderoli. Al massimo, si può immaginare un governo tecnico, destinato a portarci presto alle urne, capace di garantire quanto meno una riforma della legge elettorale che ripristini i collegi e restituisca ai cittadini la possibilità di scegliere i propri rappresentanti.

Non giova, a questo punto, attardarsi su variabili incerte e controverse. Serve, al contrario, l’impegno comune per fare un’efficace opposizione parlamentare e organizzare un’adeguata opposizione sociale. Insomma, bisogna rinunciare alle scorciatoie velleitare e puntare in alto, costruendo una nitida alternativa politica. Era questo l’impegno preso al congresso del Pd. Ma sono mancate finora le condizioni necessarie a tradurlo in pratica: tenacia, coerenza, lungimiranza e, soprattutto, fiducia in se stessi.

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