Il ddl anti libertà che lega le mani ai giudici e imbavaglia il web

26 Lug 2010

Redazione

Il provvedimento anti intercettazioni continua a non convincere. Per avere un po’ di privacy, la giustizia sarà meno efficiente, la stampa sotto silenziatore e il web con il bavaglio.

Comunque fàcciano, ne manca un pezzo”, recita un vecchio adagio. Il ddl anti-intercettazioni, pure nella sua rivisitazione approntata dalla Commissione Giustizia alla Camera, non convince. Resta il nodo dei giudici, che ormai è chiaro sono l’obiettivo principale di questo provvedimento liberticida. Ma non è nemmeno risolto quello della libertà di informazione, nonostante i pur apprezzabili aggiustamenti.

Con il comma 29 il problema si sposta sul web: blog e siti, messi in un unico calderone, sono sottoposti alla legge sulla stampa del 1948 e costretti a rettificafre entro 48 ore, altrimenti rischiamo una sanzione fino a 12 mila e 500 euro. Così saremo l’unico Paese al mondo in cui un blogger rischia più di un giornalista, ma ha meno libertà, come si legge nella lettera-appello al Presidente Fini e all’onorevole Bongiorno firmata, tra gli altri da Guido Scorza, Guido Scorza, Presidente Istituto per le politiche dell’innovazione, Vittorio Zambardino, Scene Digitali, Alessandro Gilioli, Piovono Rane, Arianna Ciccone, Valigia Blu e Filippo Rossi Direttore, Ffwebmagazine e Caffeina magazine. Nel resto del pianeta le cose si muovono diversamente, come nel caso dell’Islanda, per esempio.

Che i magistrati siano il bersaglio, lo si capisce dal fatto che per proteggere la privacy si mettono i bastoni fra le ruote delle procure: lo strumento di contrasto alle intercettazioni privilegiato dal disegno di legge è infatti quello di sottrarre al Gip del tribunale locale il potere di autorizzarle, per trasferirlo a un collegio di tre giudici del tribunale del capoluogo distrettuale. Secondo la maggior parte dei magistrati, compreso il Procuratore nazionale antimafia Piero Grasso, questa norma comporterà “enormi difficoltà organizzative”, con un’ulteriore caduta di efficienza della macchina della giustizia.

Il prezzo che pagheremo per avere un po’ più di privacy, sarà una giustizia meno efficiente e meno efficace, in poche parole un ridimensionamento del potere delle procure, la stampa dovrà accettare alcune restrizioni, perché all’udienza filtro non parteciperanno i giornalisti e non è detto che i documenti scartati, benché penalmente irrilevanti non siano però notizie. Quando Gianpiero Fiorani, il banchiere della Popolare di Lodi che tentò la scalata all’Antonveneta disse all’allora governatore della Banca d’Italia Antonio Fazio: “Ti bacerei in fronte”, non c’era reato. Quel bacio, però, rivelò il sistema dei furbetti. Inoltre, d’ora in poi,  il web dovrà mettersi il bavaglio per notizie e opinioni riportate in Rete.

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