Come reagire se la questione morale investe anche la magistratura

Può darsi che il richiamo alla loggia massonica P2 sia approssimato per eccesso rispetto alle vicende della cupola affaristica ormai giornalisticamente definita P3. Staremo a vedere, come è giusto, dove condurrà lo sviluppo dell’inchiesta. È certo, tuttavia— almeno per quanto può desumersi dalle intercettazioni e dagli altri atti di indagine finora resi noti— che l’attività della struttura associativa promossa da Flavio Carboni e dagli altri due faccendieri finiti con lui in carcere, per ordine della magistratura romana, non può ridursi all’innocuo passatempo di «quattro pensionati sfigati». Al contrario, dagli elementi oggi disponibili sembra emergere davvero la fisionomia— accreditata dalla impostazione accusatoria— di un «gruppo di potere occulto» che, attraverso la commissione di vari reati, corruzione compresa, mirava a «condizionare il funzionamento di organi costituzionali e di rilevanza costituzionale» nonché di altri «apparati della pubblica amministrazione». Ne scaturisce un quadro di collusioni tra un certo mondo della politica ed un certo mondo del malaffare economico ed amministrativo, a dir poco sconvolgente. Non foss’altro per gli stretti legami interni di solidarietà e di connivenze illecite registrati tra i numerosi soggetti coinvolti — sempre secondo l’accusa — nonché per la capacità di alcuni di essi di intrattenere rapporti confidenziali e di esercitare disinvolte influenze (pur trattandosi di soggetti dediti a bassi traffici affaristici) nei confronti di personalità appartenenti al mondo delle pubbliche istituzioni. E, in questo quadro, uno degli aspetti più sconcertanti è costituito dalla presenza non casuale di alcuni magistrati, anche di elevato livello, e dalla posizione assunta dai medesimi sullo scenario delle pressioni e delle interferenze attuate verso altri magistrati, ovvero verso uomini politici, se non addirittura verso membri di altissimi organi posti ai vertici del nostro Stato. Al riguardo, due sono gli episodi più inquietanti emersi dalla trama delle indagini. Da un lato, i tentativi (vanamente) operati per influire sui giudici della Corte costituzionale che, all’inizio dello scorso ottobre, avrebbero dovuto pronunciarsi sulla legittimità del cosiddetto lodo Alfano, e ciò a seguito di un pranzo organizzato a casa di un noto esponente politico (quasi una replica meno nobile di una discussa cena svoltasi, poche settimane prima, nell’abitazione di un giudice costituzionale). Dall’altro, gli sforzi profusi per influire su diversi membri del Consiglio superiore della magistratura, in vista della votazione per la nomina del presidente della Corte di appello di Milano, a favore del giudice Alfonso Marra (poi effettivamente nominato). Ma, accanto a questi, non sono mancati altri episodi, nei quali risultano aver giocato un ruolo non secondario diversi magistrati, a loro volta fortemente condizionati (non si capisce perché) dai faccendieri della struttura facente capo a Flavio Carboni, ed evidentemente disposti a riceverne direttive, a rendere ed a procacciare servigi, per finalità e per interessi certamente non compatibili con il codice deontologico di un magistrato. Adesso alcuni di questi magistrati non appartengono più all’ordine giudiziario (per dimissioni o per pensionamento), mentre rispetto agli altri così coinvolti è stata aperta una indagine disciplinare da parte del procuratore generale presso la Corte di cassazione, e nei confronti del presidente della Corte d’appello milanese è stata anche avviata, presso il Csm, una procedura di trasferimento d’ufficio per incompatibilità ambientale. Ciò significa che la magistratura ha reagito, attraverso gli strumenti offerti dal sistema, per fare pulizia e chiarezza al proprio interno, di fronte ad episodi che confermano l’esistenza— sia pure entro limiti circoscritti — di una concreta «questione morale», che non deve essere sottovalutata. Perché non c’è dubbio che certi rapporti di contiguità, certi giri di «avvicinamento», certe disponibilità ad assecondare intrecci tra interessi privati e funzione giudiziaria, non possono essere tollerati. Pulizia e chiarezza che, d’ora in poi, dovranno essere a maggior ragione assicurate ad ogni livello, ed attraverso ogni mezzo (al di là di eventuali profili penalistici), con grande serenità ed equilibrio, ma anche col necessario rigore, perché gli episodi che stanno affiorando sono più di un campanello d’allarme. Un allarme comunque grave, di fronte al rischio non teorico che certi magistrati (sedotti da indebite frequentazioni politiche o, peggio ancora, da tentazioni carrieristiche) possano abdicare alla propria fondamentale funzione di garanzia e di controllo della legalità, violando con ciò il dovere di essere, essi per primi, «soggetti soltanto alla legge».

1 commento

  • “Magistratura a rischio infezione”…
    ha scritto Antonio Di Pietro sul suo Blog.
    NO!Dissento:la Magistratura, scome Lei giustamente ne spiega intrighi e legami, è già INFETTA da tempo !Anzi è in grave stato di METASTASI.
    Se un Magistrato fa qualcosa nei tempi e nei modi previsti dal codice nel rispetto della Costituzione,subito l’altro lo ferma, lo “spoglia” dell’inchiesta che poi rimane negli scaffali a stagnare in odor di PRESCRIZIONE, quella sconosciuta e condannata dalla Corte Europea e che viene risarcita,ma sono pochi quelli che lo sanno, con la Legge Pinto-misero risarcimento neppure delle spese sostenute,come risarcimento per il processo lungo ed irragionevole- ma che ha dato ai REI la possibilità di”farla franca”.
    E molti magistrati lo sanno; pochi, però, se lo ricordano e condannano i metodi e le perversioni per arrivare alla Prescrizione, definendola un’”amnistia perenne”,continua,a disposizione dei reati degli Amministratori pubblici,dei politici corrotti in odor di mazzette,che poi nessuno reclama per non essere tacciati da corruttori.
    Diciamo la Verità: è da tempo che le leggi vengono applicate in maniera distorta,tanto il povero cittadino si fida degli avvocati,è ignaro che la Legge si possa INTERPRETARE,ovvero, applicare in maniera distorta,e deve tacere, accontentandosi di pagare le laute parcelle e, magari di essere modestamente risarcito del danno(quando avviene,e non sempre!).
    Peggio ancora se poi si trova un Pm che nasconde gli atti d’Ufficio prodotti dagli Ufficiali giudiziari e dai C.C. e giustifica il ritardo dell’azione penale affermando: -Che male c’è!Anche i processi di Berlusconi finiscono in Prescrizione!
    E tutti appecoronati,Avvocatura e Magistratura, quando gli indagati sono i amministratori a vario titolo che, nel pieno DISPREZZO degli Abusi, delle Omissioni,delle Illegalità,delle Appropriazioni indebite di suolo pubblico,si legittimano durante le Sagre,le Feste paesane e le “MANGIATE””(come quelle citate dalla Boccassini-tutte documentate con FOTO Ufficiali pubblicate dalla stampa locale)con la presenza di politici in voga che dopo aver dissertato sulla”sicurezza”,tagliano nastri tricolori con al petto quello verde, inaugurano OPERE NON sempre PULITE,e”legalizzano l’illegalità!”, venendo poi ricambiati con il voto di scambio. Questo è il SISTEMA perverso a cui è giunta la politica locale.E il cittadino che si fa”paladino della Legalità”viene irretito,minacciato e scoraggiato nei modi e nelle forme più IGNOBILI e più VILI,isolandolo e considerandolo un “criminale”-Saviano ne è l’esempio,ma non è il solo:quanti Saviani-e ci sono in Italia?
    Queste relazioni, questi rapporti, li conoscono bene tutti. La Casta dei politici sa ottenere i risultati dell’IMPUNITA’ con la Prescrizione sempre e comunque!Trovano sempre il canale giusto.
    Processi a confronto:
    - 1) 3.000 cause inevase nell’armadio del pm Bufera sul PM: “Troppo arretrato”. E parte una segnalazione al Csm. Processi riguardanti numerosi politici per Corruzioni amministrative a partire da 10 anni fa. Un processo è arrivato dopo 12 anni di attesa.( 28 aprile 2010)

    http://torino.repubblica.it/cronaca/2010/04/28/news/il_pm_aveva_tremila_cause_inevase-3671417/

    -2)Truccavano ticket merendine per i premi. Alba,39 consumatori di prodotti Ferrero accusati di truffa 19 aprile,(ANSA)-CUNEO- Truccavano i tagliandi delle merendine Ferrero per vincere i premi: si e’ aperto oggi ad Alba il processo per 39 consumatori. Secondo le indagini, gli imputati avrebbero alterato il tagliando riportato sull’involucro di confezioni ‘Kinder’. Utilizzando un solvente avrebbero cancellato dalla dicitura ‘Non hai vinto’, riportata sulle merendine, il ‘non’. Quindi avrebbero richiesto il premio. Ora sono accusati di tentata truffa e falso.

    Nel 1° caso trattasi di ladri esperti e furbi con “amici” e “fratelli”in Lobby compiacenti che otterranno come premio sicuro la prescrizione e l’impunità.

    Nel 2° caso trattasi di poveracci che per aver tentato di “fare i furbi” non solo sono stati scoperti ed esclusi dalla partecipazione al premio, ma avranno sicuramente una condanna esemplare!

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