Il governo che perde i pezzi

15 Lug 2010

Il caso Cosentino, dopo quelli di Brancher e Scajola, è forse il più torbido. La maggioranza sanguina, anche se Berlusconi ostenta sicurezza. Il problema però è un altro: il sistema di potere messo allo scoperto dalle inchieste

Sembra di vivere i momenti della “fine di un regno”. Le inchieste dilagano, scoperchiando un perverso sistema di rapporti tra politica e malaffare, e ogni giorno il governo perde pezzi. La sequenza è impressionante. Prima, il ministro Scajola, costretto a dimettersi tra l’ilarità generale perché non sapeva spiegare chi, a sua insaputa, gli avesse pagato l’appartamento. Poi, il ministro Brancher, al quale era stato assegnato un “dicastero del nulla”, solo per evitargli le insidie di un processo grazie al legittimo impedimento. E, ora, il sottosegretario Cosentino , travolto dall’affare della nuova P2 (o della P3), dopo che era riuscito fin qui a schivare le accuse di camorra e la conseguente richiesta d’arresto avanzata dagli inquirenti. Sono tutti uomini vicini al premier, strategici per la sua azione. Che il Cavaliere è stato costretto a sacrificare. E il caso Cosentino, dopo i casi Scajola e Brancher, è probabilmente il più torbido. Costringendo alle dimissioni il sottosegretario all’Economia, Berlusconi ha evitato che la compagine governativa si infrangesse sugli scogli di una mozione di sfiducia. Ma le ferite si sono fatte più sanguinose per la maggioranza, avendo avuto un ruolo decisivo, in questa vicenda, il presidente della Camera Fini e i deputati che gli sono rimasti fedeli. Cresce, dunque, la voglia di rivalsa. Si agitano progetti di vendetta. Ma dilaga anche la paura per il verminaio che si va progressivamente scoperchiando e travolge uomini finora considerati “intoccabili”. La domanda circola minacciosa nei corridoi di Momtecitorio: “Chi sarà il prossimo?”.

Berlusconi ostenta sicurezza. Alza la voce contro l’opposizione “comunista” e i giudici. Ma è costretto a stare sulla difensiva. E, quando è necessario, cede. Cede sugli uomini da sacrificare, pur di non cedere sulla difesa dei suoi interessi. Ci sono le solite anime candide che gli riconoscono d’aver fatto la scelta giusta, inducendo il sottosegretario Cosentino alle dimissioni, come se non fosse stato lui a sceglierlo e a proteggerlo. Ci sono i soliti mediatori che confidano di poter trovare ancora una via d’uscita, individuandola in un compromesso tra il Cavaliere e Fini, in un armistizio da siglare prima che la guerra travolga i due cofondatori del Pdl. Sull’altro fronte della maggioranza, si può sentire la voce dei pasdaran. Quelli che offrono l’immagine di un Cavaliere ancora saldo in sella. Convinto, a questo punto, di dover usare l’arma del voto. Anticipandolo alla primavera prossima, quando i suoi avversari non si sono ancora organizzati e c’è dunque la possibilità di bissare il successo di due anni fa.

E’ possibile che Berlusconi, messo alle strette, punti le sue carte sul tavolo dell’azzardo e dell’avventura. Farà bene, quindi, l’opposizione di centrosinistra a mantenere i nervi saldi. Ma si guardi, soprattutto, dall’entrare nei giochi e giochetti da sottoscala della politica. Si guardi dal raccogliere l’appello alla cautela, e alla politica del “passo per passo”, formulato in nome dell’emergenza. Non bastano le dimissioni di questo o quel ministro. Non bastano le trattative per cambiare qualche norma della legge anti-intercettazioni o le aperture del governo verso il Quirinale. La situazione del Paese supera gli schemi della normalità politica. Il problema è un altro. Riguarda il vero e proprio sistema di potere messo allo scoperto dalle inchieste. Un metodo di governo che mescola politica e affari generando corruzione, che viola sistematicamente le regole attraverso lo scambio dei favori e la distribuzione delle tangenti. E’ questa la visione agghiacciante che ci offre la gestione berlusconiana del potere. Una condizione di permanente illegalità, che mina le fondamenta della nostra vita democratica. E alla quale bisogna opporsi con intransigenza. Sapendo che ci sono battaglie da condurre sino in fondo, al di là dei numeri.

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