Un Paese immerso nella palude

14 Lug 2010

Michele Ainis

L’Italia che s’accinge a celebrare un secolo e mezzo di storia nazionale è diventata una palude, uno stagno d’acque limacciose nel quale siamo immersi fino al collo. Scorri le cronache che incalzano giorno dopo giorno, e t’accorgi che nessun ceto sociale, nessuna categoria professionale è fuori dalla melma. Ci trovi dentro il poliziotto e il giudice, l’imprenditore e il generale, il direttore della Asl così come il prefetto, il banchiere, il professore. E ovviamente il politico di turno, con le sue mani rapaci. Tutti affaccendati in faccende deplorevoli ma ben retribuite, e infatti il faccendiere ormai incarna il mestiere con la maggiore schiera di seguaci.

Tu vedi che l’Italia è questa, ma sai pure che non è soltanto questa. All’università imperversano piccoli baroni (fateci caso: in genere sono anche bassi di statura), ma i più insegnano, studiano, scrivono, non passano tutto il proprio tempo a imbastire trame e organigrammi.

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