L’Antistato che ci governa

Una nuova P2? Solo ricordando cosa accadde nel 1981 e paragonandolo agli avvenimenti di questi giorni, è possibile tracciare un quadro che spieghi la storia di questi ultimi anni. Allora, quando furono scoperti gli elenchi della P2, la classe politica ebbe l’energia e la volontà di indagare su se stessa: un’indagine difficile, molto scomoda. Non c’erano allora le intercettazioni che oggi ci raccontano anche i più segreti sospiri. Fu un breve ma intenso momento di dignità del Parlamento e della classe dirigente italiana. Tina Anselmi, Giovanni Spadolini, Sandro Pertini e molti altri furono alla testa di quella riscossa in nome della trasparenza contro il grande centro occulto che stava avvelenando il Paese. La magistratura per prima fece pulizia al proprio interno, ma gli altri seguirono e al Quirinale nessuno il cui nome fosse comparso negli elenchi mise più piede.

Ma la P2, come la mafia, attese altri tempi, si inabissò. E quando Bettino Craxi, appena eletto presidente del Consiglio, disse che la P2 era una storia finita, dette simbolicamente il via a questa operazione.
Dieci anni dopo, la P2 conquistò il governo con un programma molto simile a quello tracciato nel piano di Rinascita. Uno stato parallelo aveva nel frattempo mietuto vittime illustri: Giovanni Falcone e Paolo Borsellino sono stati uccisi proprio da quell’Antistato che Norberto Bobbio aveva più volte denunciato.
Oggi l’Antistato è al potere, governa, comanda. Al suo servizio non una sola loggia, ma tanti molti centri occulti, forse nemmeno coordinati fra di loro, ma legati da una stessa filosofia e da identici obiettivi: influenzare e indirizzare il corretto assetto istituzionale, sgretolare ogni divisione dei poteri previsti dalla Costituzione, affidare il comando a un uomo solo. Affari e potere. La piramide della P2 è diventata la Piovra che soffoca la nostra democrazia. E c’è un’altra diversità che rende la situazione di oggi estremamente pericolosa: non esiste un’opposizione guidata da uomini comunque temprati a sostenere la fatica della democrazia. Quelli dell’81 sapevano cosa significava resistere.
Oggi chi resiste non si trova tra i partiti, ma fuori, soprattutto nella società civile, tra gli imprenditori che rifiutano di pagare il pizzo, tra i magistrati che affrontano le inchieste più scomode, tra i giornalisti che pubblicano, tra i preti coraggio, tra i ragazzi del Sud che si offrono al mirino. Ecco perché Libertà e Giustizia pone al primo punto il problema di non andare mai più al voto con questa legge elettorale che consente alla nuova P2 di scegliere i candidati da mandare in Parlamento, ricollocando gli esclusi tra le fila dei potenti, e massacrando chi non fa parte dei centri occulti.

Berlusconi ha paura e si capisce solo adesso, alla luce di queste nuove inchieste la frenesia di bloccare le indagini e tappare la voce dei giornalisti.

8 commenti

  • chissà , forse è proprio il caso di rileggersi dalla storia mai finita di gadda e pasolini memoria, mai ultima quella rappresentazione d una soceità trasversalmente marcia ,soprattutto in chi doveva arrivare all’alba del duemiladieci dopocristo per accorgersi che razza di nazione senza coscienza anticipata di tutti gli ordini e le società degli intrallazzoni che l’hanno fatta avvitare e spegnere su se stessa decennio su decennio, ventennio su ventennio.sparare sull’attuale punta dell’iceberg , non ci farà sradicare il male ben piu profondo
    ——————
    Il popolo delle scimmie
    di Antonio Gramsci
    “L’Ordine Nuovo”, 2 gennaio 1921

    Il fascismo è stata l’ultima “rappresentazione” offerta dalla piccola borghesia urbana nel teatro della vita politica nazionale. La miserevole fine dell’avventura fiumana è l’ultima scena della rappresentazione. Essa può assumersi come l’episodio più importante del processo di intima dissoluzione di questa classe della popolazione italiana.

    Il processo di sfacelo della piccola borghesia si inizia nell’ultimo decennio del secolo scorso. La piccola borghesia perde ogni importanza e scade da ogni funzione vitale nel campo della produzione, con lo sviluppo della grande industria e del capitale finanziario: essa diventa pura classe politica e si specializza nel “cretinismo parlamentare”.

    Questo fenomeno che occupa una gran parte della storia contemporanea italiana, prende diversi nomi nelle sue varie fasi: si chiama originalmente “avvento della sinistra al potere”, diventa giolittismo, è lotta contro i tentativi kaiseristici di Umberto I, dilaga nel riformismo socialista. La piccola borghesia si incrosta nell’istituto parlamentare: da organismo di controllo della borghesia capitalistica sulla Corona e sull’Amministrazione pubblica, il Parlamento diviene una bottega di chiacchiere e di scandali, diviene un mezzo al parassitismo.

    Corrotto fino alle midolla, asservito completamente al potere governativo, il Parlamento perde ogni prestigio presso le masse popolari. Le masse popolari si persuadono che l’unico strumento di controllo e di opposizione agli arbitri del potere amministrativo è l’azione diretta, è la pressione dall’esterno. La settimana rossa del giugno 1914 contro gli eccidi, è il primo grandioso intervento delle masse popolari nella scena politica, per opporsi direttamente agli arbitrii del potere, per esercitare realmente la sovranità popolare, che non trova più una qualsiasi espressione nella Camera rappresentativa: si può dire che nel giugno 1914 il parlamentarismo è, in Italia, entrato nella via della sua organica dissoluzione e col parlamentarismo la funzione politica della piccola borghesia.

    La piccola borghesia, che ha definitivamente perduto ogni speranza di riacquistare una funzione produttiva (solo oggi una speranza di questo genere si riaffaccia, coi tentativi del Partito popolare per ridare importanza alla piccola proprietà agricola e coi tentativi dei funzionari della Confederazione generale del Lavoro per galvanizzare il morticino-controllo sindacale) cerca in ogni modo di conservare una posizione di iniziativa storica: essa scimmieggia la classe operaia, scende in piazza.

    Questa nuova tattica si attua nei modi e nelle forme consentiti ad una classe di chiacchieroni, di scettici, di corrotti: lo svolgimento dei fatti che ha preso il nome di “radiose giornate di maggio”, con tutti i loro riflessi giornalistici, oratori, teatrali, piazzaioli durante la guerra, è come la proiezione nella realtà di una novella della jungla del Kipling: la novella del Bandar-Log, del popolo delle scimmie, il quale crede di essere superiore a tutti gli altri popoli della jungla, di possedere tutta l’intelligenza, tutta l’intuizione storica, tutto lo spirito rivoluzionario, tutta la sapienza di governo, ecc., ecc.

    Era avvenuto questo: la piccola borghesia, che si era asservita al potere governativo attraverso la corruzione parlamentare, muta la forma della sua prestazione d’opera, diventa antiparlamentare e cerca di corrompere la piazza. Nel periodo della guerra il Parlamento decade completamente: la piccola borghesia cerca di consolidare la sua nuova posizione e si illude di aver realmente ucciso la lotta di classe, di aver preso la direzione della classe operaia e contadina, di aver sostituito l’idea socialista, immanente nelle masse, con uno strano e bislacco miscuglio ideologico di imperialismo nazionalista, di “vero rivoluzionarismo”, di “sindacalismo nazionale”. L’azione diretta delle masse nei giorni 2-3- dicembre, dopo le violenze verificatesi a Roma da parte degli ufficiali contro i deputati socialisti, pone un freno all’attività politica della piccola borghesia, che da quel momento cerca di organizzarsi e di sistemarsi intorno a padroni più ricchi e più sicuri che non sia il potere di Stato ufficiale, indebolito e esaurito dalla guerra.

    L’avventura fiumana è il motivo sentimentale e il meccanismo pratico di questa organizzazione sistematica, ma appare subito evidente che la base solida dell’organizzazione è la diretta difesa della proprietà industriale e agricola dagli assalti della classe rivoluzionaria degli operai e dei contadini poveri. Questa attività della piccola borghesia, divenuta ufficialmente “il fascismo”, non è senza conseguenza per la compagine dello Stato. Dopo aver corrotto e rovinato l’istituto parlamentare, la piccola borghesia corrompe e rovina gli altri istituti, i fondamentali sostegni dello Stato: l’esercito, la polizia, la magistratura.

    Corruzione e rovina condotte in pura perdita, senza alcun fine preciso (l’unico fine preciso avrebbe dovuto essere la creazione di un nuovo Stato: ma il “popolo delle scimmie” è caratterizzato appunto dall’incapacità organica a darsi una legge, a fondare uno Stato): il proprietario, per difendersi, finanzia e sorregge una organizzazione privata, la quale per mascherare la sua reale natura, deve assumere atteggiamenti politici “rivoluzionari” e disgregare la più potente difesa della proprietà, lo Stato. La classe proprietaria ripete, nei riguardi del potere esecutivo, lo stesso errore che aveva commesso nei riguardi del Parlamento: crede di potersi meglio difendere dagli assalti della classe rivoluzionaria, abbandonando gli istituti del suo Stato ai capricci isterici del “popolo delle scimmie”, della piccola borghesia.

    La piccola borghesia, anche in questa ultima incarnazione politica del “fascismo”, si è definitivamente mostrata nella sua vera natura di serva del capitalismo e della proprietà terriera, di agente della controrivoluzione. Ma ha anche dimostrato di essere fondamentalmente incapace a svolgere un qualsiasi compito storico: il popolo delle scimmie riempie la cronaca, non crea storia, lascia traccia nel giornale, non offre materiali per scrivere libri. La piccola borghesia, dopo aver rovinato il Parlamento, sta rovinando lo Stato borghese: essa sostituisce, in sempre più larga scala, la violenza privata all’ “autorità” della legge, esercita (e non può fare altrimenti) questa violenza caoticamente, brutalmente, e fa sollevare contro lo Stato, contro il capitalismo, sempre più larghi strati della popolazione.

  • 13 luglio 2010
    Firenze. «Visto che il leader politico, oggi anche nell’antimafia, Walter Veltroni, non vuole fare ‘nessuna forzatura propagandistica…

    …abbia la compiacenza, alle feste dell’Unità, di non evocare, azzardando ipotesi, stragi che troppo da vicino ci riguardano». Così, in una nota, Giovanna Maggiani Chelli dell’Associazione tra i familiari delle vittime della strage di via dei Georgofili, commentando quanto detto ieri da Veltroni alla festa dell’Unità a Roma. «Nominando le stragi del 1993, collocando le forze politiche che rappresenta fra i progressisti per i quali la mafia avrebbe messo le bombe per fermarne l’avanzata – afferma l’Associazione -, ci pare strumentalizzi il nostro dolore e la nostra rabbia per una parte ben precisa della politica di questo sciagurato Paese. Dove sono stati tutti questi anni questi progressisti, mentre con la bava alla bocca cercavamo verità e giustizia che non abbiamo mai avuto proprio per gli omertosi silenzi, quando non erano addirittura un vero e proprio remare contro per soffocare le nostre grida? Noi ricordiamo che nell’anno 1993 tutti trafficavano in questo Paese e già da parecchio tempo, ed erano veramente tutti affaccendati a coprire forse qualcosa di molto grosso e mai emerso, per il quale fu necessario il tritolo, tritolo del quale ne comprarono in molti ‘un ettò e lo consegnarono nelle mani della mafia che per tutta risposta uccise i nostri figli».

    ANSA

  • Ora la p2,diventata P3 impera.Sotto il comando del n1816,alias Silvio Berlusconi,quello che in 7 anni di governo parla solo di dare addosso a giudici e magistrati , che ha in pugno la Rai e che pervicacemente,furiosamente vuole mettere il bavaglio a giudici e giornalisti.E che fa leggi soltanto con questo obiettivo.Se almeno la Rai fosse libera,senza minzolin e Masi ,almeno la gente saprebbe e reagirebbe.Invece siamo solo in pochi informati a essere pervasi dal disgusto per la criminalità che governa

  • Non ne ho trovato traccia, per ora, nei giornali italiani on-line che leggo regolarmente. Amnesty International Nederland pubblica ogni mese una rivista (“Wordt vervolgd”) che viene inviata gratuitamente nelle case dei sostenitori. Il numero di iscritti ad Amnesty International in Olanda é uno fra i piú alti in Europa, quindi si puó senz’altro definire una rivista ad alta diffusione. La copertina é normalmente dedicata ai casi di repressione piú eclatanti nel mondo. Quasi sempre si tratta di paesi extraeuropei e dei loro regimi dittatoriali. Nell’odierno numero di Luglio campeggia sulla copertina una foto di Berlusconi con il titolo: “De totalitaire agenda di Silvio Berlusconi”. “Agenda” indica nella lingua olandese non tanto (o non solo) il quaderno in cui si segnano gli impegni, ma “i punti del programma di lavoro”. Quindi la traduzione é “Il programma totalitario di Silvio Berlusconi”. Che un’organizzazione generalmente cosí attenta a non esprimere posizioni politiche troppo di parte come Amnesty International non abbia esitato a mettere in prima pagina, e per la prima volta, un premier di un governo europeo, credo sia una notizia da conoscere. Anche per gli italiani in Italia.

  • Spero che anche chi ha votato per questi farabutti, si renda conto che la legge tutela i deboli se chi la fa non ha interessi personali.
    Altrimenti saremo sudditi e non Cittadini.

    Proporzionale puro per il parlamento e maggioritario per il governo. Chi governa deve chiedere la fiducia a tutti e non ai propri galoppini

  • Pingback: Di Pietro: “Col Pd e la società civile per cambiare la legge elettorale” | Libertà e Giustizia

  • Nella rassegna stampa di ieri pubblicate gli articoli di Mauro (Repubblica) e Franco (Corriere). Come dovremmo leggerli? Complementari o contrapposti? Accosterei ai due quello di Michele Brambilla sulla Stampa del 13-7, http://www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplRubriche/editoriali/gEditoriali.asp?ID_blog=25&ID_articolo=7585&ID_sezione=&sezione= , lineare ed evidentemente molto vero. Ezio Mauro è esemplare, come sempre; e s’indigna. Massimo Franco è scandaloso, come spesso. E chi lo legge ne trarrà un’indignazione pari a un flacone di cloroformio. Ne trarrà soprattutto un senso di preoccupazione per gli indugi e le difficoltà in cui si muove quella persona altrimenti specchiata che è il presidente del Consiglio: “scelta giusta”, “decisione saggia”, “vicende estranee alla sua volontà”, “diversità virtuosa dal passato”, “macchiano il profilo della maggioranza”, “un supplemento di serietà e di chiarezza”. Insomma il “grande albero berlusconiano”, di per sé degno di ammirazione, è a rischio e colui che l’ha fatto germogliare e svilupparsi maestoso deve darsi una mossa di coraggio. Articoli come questo deformano la realtà come un editoriale di Minzolini. L’albero berlusconiano è una pianta velenosa che cresce sul succhiamento e morte di ogni pianta sana nel suo territorio di radicamento e la cupola delle sue fronde, fino al suo vertice, protegge solo se stessa e il proprio potere criminoso. Di solito non pubblicate articoli da leggere come esempi di mala informazione, se non per stralci e con commento critico. A mio parere qui avete preso un grosso abbaglio.

  • Il momento più bello ed esaltante della democrazia e della legalità! Fin quando avremo di che parlare sulla bontà degli schieramenti politici il nostro Paese farà altro che perdere la corsa al giusto rinnovamento che tutti noi attendiamo! In verità nulla si perde, si rimanda semplicemente a ciò che è giusto che accada!
    …E in questo caso non ci sono emendamenti che tengono, già!!!

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