Una condanna per mafia a 7 anni richiede le scuse da parte dell’opposizione,secondo Capezzone.O viene presentata come assoluzione da parte di Minzolini al Tg1?Siamo nella norma,secondo la maggioranza.Ormai è normale in Italia che un senatore condannato per mafia,in prima e seconda istanza,non si scomponga più di tanto e non si dimetta.Va ricordato che sulle trattative mafia stato stanno indagando diverse procure,con tutti gli impedimenti e gli ostacoli che questo governo mette loro davanti.Minzolini,ovvero l’informazione omertosa del Tg1,oggi non parla neppure di condanna a 7 anni,ma di assoluzione per i fatti dal 92 in poi. .Gli italiani,spero,capiranno la gravità di una condanna per mafia a 7 anni a Dell’Utri.Malgrado lo zuccherino di Minzolini per addolcire la pillola
PALERMO – Dopo sei giorni di camera di consiglio, i giudici della seconda sezione della Corte d’Appello di Palermo hanno condannato Marcello Dell’Utri a sette anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa. Ridotta, dunque, la condanna a nove anni decisa in primo grado, nel dicembre del 2004. Il pg Nino Gatto, a conclusione della sua requisitoria, aveva chiesto per Dell’Utri una condanna a undici anni di reclusione. «Sono profondamente deluso», ha ammesso dopo la lettura della sentenza. Una verdetto «pilatesco» secondo il senatore del Pdl imputato.
Io non so quanto sia normale che una sentenza penale, emessa da una Corte di giustizia, venga commentata dal pg (pubblica accusa nel processo) che per l’imputato aveva chiesto 11 anni di carcerazione: una sua doverosa incombenza in sede di pubblica accusa.
Ma dopo il diritto-dovere sostenuto in piena e legittima consapevolezza, c’è anche l’obbligo di tacere e non recriminare le ragioni dei giudici che hanno creduto di assolvere Marcello Dell’Utri per una certa imputazione, e di condannarlo a 7 anni di carcere per un’altra: naturalmente inficiando tutto il castello di accuse che il pg aveva creduto di costruire per i giudici rimasti increduli.
Non è un confronto privato, una gara a chi è più furbo fra il pg e l’imputato quello che si svolge in un’aula di giustizia, è lo Stato (cioè noi collettività) che assume il compito di perseguire il reo per garantire ai cittadini rispettosi della legge giustizia e libertà.
La Corte ascolta le motivazoni del pg, e le vaglia per decidere quindi sulla colpevolezza dell’imputato; non c’è nessuna gara a condannare o ad assolvere, c’è semplicemente l’ingrato compito di uomini magistrati di giudicare (in nome del Popolo Italiano) un altro uomo reo, forse, d’aver commesso abusi infrangendo la legge.
La sentenza vien pronunziata in Aula: dura lex sed lex. Ad insorgere, insoddisfatto della sentenza, è il pg, cioè quel magistrato che, facendo l’avvocato del “diavolo” (nel senso metaforico), ha sostenuto la piena colpevolezza dell’imputato Dell’Utri. Che si dolga l’imputato, che invano s’è proclamato estraneo all’intrico costruito dal pg, è umano, ma che lo faccia il pg per non essere riuscito nell’intento di far condannare Dell’Utri a 11 anni di carcere, mi pare assolutamente spropositato.
È normale che ciò si verifichi? Che cioè, proprio chi ha accusato il reo, si risenta della propria sconfitta? Può il magistrato della pubblica accusa, dopo la sentenza che gli dà torto, recriminare contro la sentenza? La giustizia è la sentenza dei giudici, non l’accusa che si sente menomata dalla sentenza della Corte.
Purtroppo le cose così vanno nel nostro Paese e capiterà finanche che quel pg sarà uno di quelli che s’appellerà alla Costituzione per il giudizio che gli ha fatto torto.
E Cicerone brontolerà da par suo: “O tempora, o mores!”
Celestino Ferraro
Gentile Direttore,
per qualche esponente di spicco del PDL evidentemente non è bastato lasciare l’Italia intera esterrefatta per il caso Brancher, ora si deve aggiungere anche la costernazione per l’estrema gravità delle dichiarazioni dell’On. Laboccetta sulla sentenza che ha riguardato Dell’Utri. Sono almeno due le cose sconcertanti di quest’ultima vicenda e gliele elenco in quello che a mio giudizio è l’ordine di gravità:
1) L’On. Laboccetta è un membro della commissione antimafia, che si permette di giudicare e, cosa ancor più grave, interpretare, una sentenza (peraltro, di secondo grado e quindi, in un certo senso, definitiva nel merito) di colpevolezza per mafia. E’ di tutta evidenza che queste dichiarazioni minano la credibilità dell’intera commissione, il cui compito dovrebbe essere proprio quello di salvaguardia democratica nei confronti di quella “congrega di eroi…” chiamata mafia.
2) Questo signore percepisce una (lauta) retribuzione per legiferare e non per giudicare. Evidentemente non è all’altezza di ricoprire il ruolo di deputato se non capisce l’ABC del nostro sistema democratico, basato sulla separazione dei poteri. Magari qualche lezioncina di educazione civica come si impartivano a scuola ai miei tempi non sarebbe una cattiva idea.
Tutto questo a me sembra peraltro di gran lunga più grave dei commenti del PG alla sentenza opportunamente segnalati nel commento del Sig. Celestino Ferraro.
Comunque, mi dispiace per l’On. Laboccetta: personalmente mi reputo un “italiano onesto” ma al momento non me la sento proprio di “essere con Dell’Utri” … almeno fino ad assoluzione definitiva (che auspico), che soltanto la Cassazione, e non lui, può emettere.
Cordialmente.
però non mi sento di dare del tutto torto ai vari capezzone minzolini e compagnia salmodiante.
ma non vorrei essere frainteso.
il fatto è che esiste un signore la cui collusione con la mafia è stata dimostrata, fatta salva la prescrizione del reato, dato il ritardo nelle indagini e nella sentenza.
e questo signore è un senatore a vita: perché dunque prendersela tanto con dell’utri?
I DIARI DI DELL’UTRI
(Mangano e l’infinito silenzio)
Sempre caro mi fu quest’uomo vero
ed il suo volto, che di tanta parte
del suo passato il ricordo esclude.
Ma insistendo e mirando, interminati
eventi di là da quello, e sovrumani
silenzi, e profondissima fede
io nel pensier mi fingo, ove per poco
il cor non si spaura.. E quando il vento
odo stormir delle calunnie, io quello
infinito silenzio ad un afflato eroico
vo comparando: e mi sovvien la strage
e i morti a legioni, e i presenti
orfani, ei loro pianti. Così tra questa
infinità s’annega il pensier mio
e’l naufragar m’è dolce in quest’orrore.
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Una condanna per mafia a 7 anni richiede le scuse da parte dell’opposizione,secondo Capezzone.O viene presentata come assoluzione da parte di Minzolini al Tg1?Siamo nella norma,secondo la maggioranza.Ormai è normale in Italia che un senatore condannato per mafia,in prima e seconda istanza,non si scomponga più di tanto e non si dimetta.Va ricordato che sulle trattative mafia stato stanno indagando diverse procure,con tutti gli impedimenti e gli ostacoli che questo governo mette loro davanti.Minzolini,ovvero l’informazione omertosa del Tg1,oggi non parla neppure di condanna a 7 anni,ma di assoluzione per i fatti dal 92 in poi. .Gli italiani,spero,capiranno la gravità di una condanna per mafia a 7 anni a Dell’Utri.Malgrado lo zuccherino di Minzolini per addolcire la pillola
PALERMO – Dopo sei giorni di camera di consiglio, i giudici della seconda sezione della Corte d’Appello di Palermo hanno condannato Marcello Dell’Utri a sette anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa. Ridotta, dunque, la condanna a nove anni decisa in primo grado, nel dicembre del 2004. Il pg Nino Gatto, a conclusione della sua requisitoria, aveva chiesto per Dell’Utri una condanna a undici anni di reclusione. «Sono profondamente deluso», ha ammesso dopo la lettura della sentenza. Una verdetto «pilatesco» secondo il senatore del Pdl imputato.
Io non so quanto sia normale che una sentenza penale, emessa da una Corte di giustizia, venga commentata dal pg (pubblica accusa nel processo) che per l’imputato aveva chiesto 11 anni di carcerazione: una sua doverosa incombenza in sede di pubblica accusa.
Ma dopo il diritto-dovere sostenuto in piena e legittima consapevolezza, c’è anche l’obbligo di tacere e non recriminare le ragioni dei giudici che hanno creduto di assolvere Marcello Dell’Utri per una certa imputazione, e di condannarlo a 7 anni di carcere per un’altra: naturalmente inficiando tutto il castello di accuse che il pg aveva creduto di costruire per i giudici rimasti increduli.
Non è un confronto privato, una gara a chi è più furbo fra il pg e l’imputato quello che si svolge in un’aula di giustizia, è lo Stato (cioè noi collettività) che assume il compito di perseguire il reo per garantire ai cittadini rispettosi della legge giustizia e libertà.
La Corte ascolta le motivazoni del pg, e le vaglia per decidere quindi sulla colpevolezza dell’imputato; non c’è nessuna gara a condannare o ad assolvere, c’è semplicemente l’ingrato compito di uomini magistrati di giudicare (in nome del Popolo Italiano) un altro uomo reo, forse, d’aver commesso abusi infrangendo la legge.
La sentenza vien pronunziata in Aula: dura lex sed lex. Ad insorgere, insoddisfatto della sentenza, è il pg, cioè quel magistrato che, facendo l’avvocato del “diavolo” (nel senso metaforico), ha sostenuto la piena colpevolezza dell’imputato Dell’Utri. Che si dolga l’imputato, che invano s’è proclamato estraneo all’intrico costruito dal pg, è umano, ma che lo faccia il pg per non essere riuscito nell’intento di far condannare Dell’Utri a 11 anni di carcere, mi pare assolutamente spropositato.
È normale che ciò si verifichi? Che cioè, proprio chi ha accusato il reo, si risenta della propria sconfitta? Può il magistrato della pubblica accusa, dopo la sentenza che gli dà torto, recriminare contro la sentenza? La giustizia è la sentenza dei giudici, non l’accusa che si sente menomata dalla sentenza della Corte.
Purtroppo le cose così vanno nel nostro Paese e capiterà finanche che quel pg sarà uno di quelli che s’appellerà alla Costituzione per il giudizio che gli ha fatto torto.
E Cicerone brontolerà da par suo: “O tempora, o mores!”
Celestino Ferraro
Gentile Direttore,
per qualche esponente di spicco del PDL evidentemente non è bastato lasciare l’Italia intera esterrefatta per il caso Brancher, ora si deve aggiungere anche la costernazione per l’estrema gravità delle dichiarazioni dell’On. Laboccetta sulla sentenza che ha riguardato Dell’Utri. Sono almeno due le cose sconcertanti di quest’ultima vicenda e gliele elenco in quello che a mio giudizio è l’ordine di gravità:
1) L’On. Laboccetta è un membro della commissione antimafia, che si permette di giudicare e, cosa ancor più grave, interpretare, una sentenza (peraltro, di secondo grado e quindi, in un certo senso, definitiva nel merito) di colpevolezza per mafia. E’ di tutta evidenza che queste dichiarazioni minano la credibilità dell’intera commissione, il cui compito dovrebbe essere proprio quello di salvaguardia democratica nei confronti di quella “congrega di eroi…” chiamata mafia.
2) Questo signore percepisce una (lauta) retribuzione per legiferare e non per giudicare. Evidentemente non è all’altezza di ricoprire il ruolo di deputato se non capisce l’ABC del nostro sistema democratico, basato sulla separazione dei poteri. Magari qualche lezioncina di educazione civica come si impartivano a scuola ai miei tempi non sarebbe una cattiva idea.
Tutto questo a me sembra peraltro di gran lunga più grave dei commenti del PG alla sentenza opportunamente segnalati nel commento del Sig. Celestino Ferraro.
Comunque, mi dispiace per l’On. Laboccetta: personalmente mi reputo un “italiano onesto” ma al momento non me la sento proprio di “essere con Dell’Utri” … almeno fino ad assoluzione definitiva (che auspico), che soltanto la Cassazione, e non lui, può emettere.
Cordialmente.
però non mi sento di dare del tutto torto ai vari capezzone minzolini e compagnia salmodiante.
ma non vorrei essere frainteso.
il fatto è che esiste un signore la cui collusione con la mafia è stata dimostrata, fatta salva la prescrizione del reato, dato il ritardo nelle indagini e nella sentenza.
e questo signore è un senatore a vita: perché dunque prendersela tanto con dell’utri?
I DIARI DI DELL’UTRI
(Mangano e l’infinito silenzio)
Sempre caro mi fu quest’uomo vero
ed il suo volto, che di tanta parte
del suo passato il ricordo esclude.
Ma insistendo e mirando, interminati
eventi di là da quello, e sovrumani
silenzi, e profondissima fede
io nel pensier mi fingo, ove per poco
il cor non si spaura.. E quando il vento
odo stormir delle calunnie, io quello
infinito silenzio ad un afflato eroico
vo comparando: e mi sovvien la strage
e i morti a legioni, e i presenti
orfani, ei loro pianti. Così tra questa
infinità s’annega il pensier mio
e’l naufragar m’è dolce in quest’orrore.
Maurizio Villamarena